Stefano Borgonovo e lo strano legame tra calcio e Sla

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La morte del claciatore ha riportato agli altari della cronaca i dubbi, le paure, i timori ed legati alla malattia costata la vita a 51 calciatori negli ultimi 30 anni. Sei di questi giocavano a Como e per questo aumentano i misteri celati sotto il manto dello stadio Sinigaglia

Con la scomparsa di Stefano Borgonovo, ex attaccante di Como, Milan, Fiorentina ed Udinese, si tornerà necessariamente a parlare dell’impatto della malattia che lo ha colpito, la Sla, e della percentuale elevata di calciatori che hanno subito in passato la sua stessa sorte.



LA MALATTIA – Si tratta di un viaggio oscuro, pieno di detti e non detti, che ha portato gli addetti ai lavori a porsi domande, anche quelle all’apparenza più assurde, per capire perché alcuni giocatori vengono condannati ad un destino orribile, quello di un corpo che non reagisce più ad alcuno stimolo mentre la mente è vigile, viva, presente. Prima di analizzare le paure del mondo del calcio, composto prima ancora che da sportivi da uomini, spieghiamo per sommi capi cosa s’intende per Sla, ovvero Sclerosi Laterale Amiotrofica, meglio definita come malattia dei motoneuroni. Si tratta di un disturbo dalle cause ancora sconosciute che porta ad una progressiva degenerazione dei neuroni di moto a livello della corteccia cerebrale, del tronco encefalico e del midollo spinale.



PARALISI RESPIRATORIA – Gli studiosi ritengono che le cause siano legate a fattori ambientali ma al momento non si sa perché ci si ammala. L’incidenza di questo disturbo, assolutamente sporadica, va da due a tre casi ogni 100.000 persone. Ne sono colpiti maggiormente gli uomini e solo il 5 per cento di questi ha carattere ereditario. Il paziente perde il controllo dei motoneuroni superiori ed inferiori con un decorso imprevedibile. All’inizio si perde la capacità di deglutire. Successivamente si ha difficoltà a parlare e si inizia a perdere il controllo dei muscoli scheletrici. La morte sopraggiunge con la compromissione dei muscoli respiratori. L’unico modo per salvare la vita del paziente è produrre una tracheotomia accompagnata dalla respirazione artificiale.



LA SCOPERTA DEL GENE – Negli ultimi anni sta prendendo forma una spiegazione che coinvolge la genetica. Come spiega l’Associazione Italiana Sla, nel 2011 venne identificato un gene responsabile della Sla familiare e sporadica. Questo, custodito all’interno del cromosoma 9, si chiama “c9orf72”. Lo studio ha analizzato 268 casi familiari di Sla americani, tedeschi ed italiani e 402 casi familiari e sporadici di Sla finlandesi, scoprendo che il 38 per cento dei casi familiari ed il 20 dei casi sporadici erano portatori di un’alterazione di questo gene, causata da un’espansione “esanucleotidica”, quindi un’alterazione, a livello del primo introne del gene. La frequenza della malattia scatenata da questa mutazione è doppia rispetto a quella del gene Sod1. Secondo lo studio la malattia potrebbe essere scatenata da un’alterata localizzazione della proteina determinando una seconda alterazione della trascrizione del Dna.

IL RUOLO DEL GLUTAMMATO – Da sottolineare poi che i motoneuroni vengono uccisi da un quantitativo anomalo di glutammato monosodico. La sostanza agevola la comunicazione tra terminazioni nervose. Questa viene poi dissolta da una proteina definita “trasportatrice”. S’ipotizza che i malati non riescano a smaltire il glutammato e che questo si accumuli “avvelenando” i neuroni. L’evoluzione della scienza medica nella ricerca contro la Sla sicuramente permette di guardare al futuro con ottimismo, anche se al momento esiste un solo farmaco autorizzato nella cura della malattia, ovvero il Riluzolo, il cui compito è quello di smaltire il glutammato.

LA PATOLOGIA OCCUPAZIONALE – Eppure esiste una categoria di persone più a rischio di altre, e qui torniamo a parlare di Stefano Borgonovo e dei suoi colleghi. Raffaele Guariniello, procuratore torinese, in un’indagine condotta tra il 2004 ed il 2008 ha certificato che su 30 mila calciatori italiani sono stati rilevati 51 casi di Sla. Per questo motivo venne ipotizzato il fatto che si trattasse di una malattia “occupazionale”. Come spiegò nel 2008 il Corriere della Sera aveva proposto tre cause per spiegare i perché di una tale incidenza nei calciatori. Si è parlato dei danni patito agli arti ed alla testa, con i calciatori che sviluppano al forma bulbare di Sla, caratterizzata dalla paralisi rapidamente progressiva dei muscoli della mandibola, del faringe e della lingua, come aggiunto da Sla Italia.

IL COINVOLGIMENTO DELLA FORMALDEIDE – Ciò significa che i colpi ricevuti in campo potrebbero facilitare l’insurgenza della malattia. E questo spiega perché tra gli affetti della “stronza”, come la chiamava Stefano Borgonovo, non ci sono portieri. Un’altra causa potrebbe essere legata all’uso dei pesticidi e dei diserbanti per la protezione dei campi. A seguito dell’indagine di Guariniello si è scoperto che tra i prodotti più usati c’era la Formaldeide, un potente battericida. Infoamica ci propone una ricerca del 2008 che dimostra come questa sostanza abbia favorito la Sla in alcuni atleti. Secondo Marc Weisskopf, ricercatore alla Scuola di Salute Pubblica di Harvard e curatore della ricerca, “le persone esposte a formaldeide avevano il 34% di possibilità in più di ammalarsi di Sla”.

COINVOLTO ANCHE IL DOPING? – Ricordiamo che nel 1987 la formaldeide venne classificata come “probabile cancerogena” per l’uomo, in caso di elevata esposizione. Un’altra causa potrebbe essere quella del doping, non esclusa dal professor Angelo Poletti dell’Università di Milano, secondo cui “la morte del neurone motorio potrebbe essere provocata da eccessivi livelli di androgeni nel sangue, come quelli ottenuti assumendo ormoni o anabolizzanti”. E qui entrano in gioco i farmaci non vietati. Secondo Stefano Belli  e Nicola Vanacore, dell’Istituto superiore di Sanità, ipotizzano il ruolo degli aminoacidi ramificati e della creatina come motore della Sla. Ed infine ci sono i fattori ambientali, ovvero delle specifiche condizioni nei quali si puo’ favorire l’insuegenza della tremenda malattia.

IL CASO DEL SINIGAGLIA – E questo ci porta a Como, più precisamente sui campi dello stadio “Sinigaglia” e nell’impianto di allenamento di Orsenigo. Il caso venne portato alla luce dal Corriere della Sera e portò ad un’interrogazione al Senato, presentata il 25 marzo 2009 dal Senatore Donatella Poretti. In sostanza venne segnalato che dei casi di Sla registrati, sei riguardano ex giocatori del Como, ovvero, oltre a Borgonovo, Adriano Lombardi, Maurizio Gabbana, Celestino Meroni, Albano Canazza e Piergiorgio Corno. Globalproject aggiunge che negli ultimi 30 anni sono morti altri giocatori del Como a causa di gravi malattie. E’ il caso di Andrea Fortunato, impiegato tra l’89 ed il ’91 e morto di leucemia nel 1995, o di Giuseppe Longoni, biancoazzurro nel ’62-’63 e morto di vascolopatia cardiaca e Guido Quadri in forza al Como nel ’44-’45 e morto di tumore.

LA TESTIMONIANZA – Unirsi Contro la Sla riporta parte di un articolo del Corriere della Sera dove si parla della bonifica della zona paludosa alla foce del torrente Cosia, quando dalle fonderie di Dongo provenivano barconi carichi di rifiuti tossici che venivano sistemati nel sottosuolo di quello che sarebbe diventato lo Stadio di Como. A quanto pare lì sono stati interrati cadmio, cromo, piombo, manganese e nichel. La Provincia di Como, su questo tema, ha raccolto la testimonianza di un novantenne che, nel dicembre 2008, confermò la storia delle scorie radioattive. L’anziano, Angelo Veronelli, classe 1915, ha spiegato che le scorie della fonderia sono sia sotto il Sinigaglia sia sotto il campo Meroni di Albate.

“QUI CI SONO SCORIE” – “Mio padre -questa la sua testimonianza- faceva il badilante ed a quel tempo era stato assunto per fare il campo di calcio. Io ero un ragazzino e stavo con lui. Arrivavano i barconi da Dongo con le scorie della fonderia. I comballi erano più in basso della riva dove bisognava scaricare, così gli uomini per non fare fatica avevano creato un piano intermedio, un tavolato dove appoggiavano il materiale che veniva poi sollevato al livello del terreno. Allora non si buttava niente e le scorie andavano benissimo, perché il terreno era acquitrinoso e bisognava creare uno strato di materiale che assorbisse l’acqua prima di buttarci sopra la terra”. La stessa cosa venne fatta ad Albate: “Scorie di fonderia vennero prese dalla fabbrica della Omita che a quei tempi non faceva solo telai ma anche materiale bellico”.

C’E’ CHI DICE NO – L’ex sindaco di Como Stefano Bruni, così come l’ex Assessore Massimo Caradonna, hanno sempre respinto quest’ipotesi definendo improbabile, se non “impossibile”, la presenza di scorie sotto il terreno di gioco. Perplessità poi da un’ex portiere del Como ed oggi politico locale, Enrico Braglia, ripreso da Sky: “Si da’ la colpa ai fertilizzanti dei campi di calcio, però il fatto che il portiere, che è il ruolo che è più a contatto con l’erba, non abbia ancora contratto la SLA, mi lascia alquanto perplesso”. Eppure il 30 dicembre 2008 Guariniello, in un’intervista ripresa dalla Provincia di Como, parlò di “reperti radioattivi” nel sottosuolo del Sinigaglia, anche se di fatto il pm se la prese con i fertilizzanti: “La malattia è molto diffusa tra le persone che lavoravano nell’agricoltura”.

SCARTI INDUSTRIALI – Il Mattino aggiunge che i materiali nel sottosuolo del Sinigaglia potrebbero essere: “residui della combustione di carbone, sabbia, argilla ma anche materiale di scarto proveniente dalle fonderie di Dongo, ricco di metalli e e minerali tossici”. Inoltre il campo non è mai stato modificato da allora ed è comunque uno dei migliori d’Italia per quanto riguarda la capacità drenante del terreno. Per quanto ad una lettura poco attenta si pensi di aver trovato la “pistola fumante”, sappiate che non è affatto così. Abbiamo raccontato quella che sembra la realtà. Ma ripetiamo, sembra, anche perché al momento non esistono prove certe di un coinvolgimento di sostanze tossiche nello sviluppo della Sla, ma solo supposizione.

DOMANDE SENZA RISPOSTA – Mario Melazzini, già assessore alla Sanità di Regione Lombardia, presidente dell’Associazione italiana sclerosi laterale amiotrofica e malato a sua volta ha confermato che “Per ammalarsi di Sla ci vuole una predisposizione genetica”. Eppure sono tante le domande a cui bisogna rispondere. Perché è accaduto solo a giocatori di movimento? Perché il primo caso registrato è di un allenatore, Armando Segato, tecnico della Reggina nel 1968-69, come ricordato da Tuttoreggina.com, perché tra le vittime c’è anche un arbitro di serie minori come Giovanni Nuvoli, morto nel 2007 perché scelse di non nutrirsi più dopo che gli venne vietato di far staccare la spina del respiratore che lo teneva in vita, ed il numero massimo d’incidenza si è avuto a Como, seguita da Fiorentina, Torino, Genoa, Sampdoria e Pisa?? Domande al momento senza risposta ma che hanno allarmato e non poco i calciatori.

LE PAURE DEI CALCIATORI – Neapolisroma ha raccolto le voci registrate nel corso degli ultimi anni di alcuni calciatori a dir poco preoccupati come ad esempio Riccardo Montolivo: “Tra noi c’è malessere: non possiamo più far finta di niente”, Andrea Pirlo: “Tassiamo i nostri stipendi per la ricerca”, Sebastian Giovinco: “Coinvolgiamo anche la Liga spagnola e la Premer League inglese”, Massimo Orlando, già compagno di squadra di Borgonovo: “Io in carriera ho avuto tanti infortuni e ho preso tante medicine. Molti miei colleghi hanno paura e non parlano. Io sì: vorrei chiedere a chi ci ha curati se ci ha veramente dato qualcosa di strano…”. Per questo motivo la Federazione Italiana Giuoco Calcio già da anni finanzia studio e ricerca contro la Sla con uno stanziamento nel 2012 di 450 mila euro. “Un po’ pochi”, questa l’ammissione del professor Paolo Zeppilli, presidente della commissione scientifica della Figc sulla Sla.

UNA RISPOSTA A CINQUEMILA MALATI – Stefano Borgonovo attraverso la sua Fondazione è riuscito a sensibilizzare il grande pubblico sulla malattia più di quanto non fece il Capitano del Genoa, Gianluca Signorini, deceduto nel 2002. Dopo di lui resterà la fondazione Borgonovo, gestita dalla moglie Chantal, che continuerà ad impegnarsi per trovare una cura per questa malattia che in Italia affligge circa 5000 persone. Le cause come abbiamo visto possono essere troppe o nessuna. Non si sa ancora nulla. Si puo’ indagare per capire se qualcosa favorisce o meno l’insurgenza della malattia per proteggere non solo i calciatori ma tutti coloro che sono confinati in un letto con la coscienza di non essere in grado di gestire il proprio domani. (Photocredit Rai.it / Lapresse / Stadiumattendaces.com)