Steve Jobs e le sue mail che inguaiano Apple e il suo mito

02/12/2014 di Redazione

Lo conosciamo come un genio dei nostri tempi, un uomo che ha rivoluzionato il mondo della tecnologia e la vita della gente comune. Ma potrebbe essere ricordato anche come un manager dall’ego smisurato che in eredità alla sua azienda ha lasciato anche alcuni guai giudiziari. Parliamo di Steve Jobs, fondatore di Apple e padre di quegli iPhone, iPod e iPad diventati anch’essi icona di un’era. Il revisionismo nei suoi confronti continua a svelare nuovi particolari sporcando l’idea del prodigioso e dell’infallibile. Ne parla oggi Federico Rampini su La Repubblica, raccontanto come Jobs sia stato tradito dalle sue mail, dalle quali emerge ora la prova di una guerra agli avversari condotta senza esclusione di colpi.

Steve Jobs

 

STEVE JOBS, ACCORDO CON I CONCORRENTI A DANNO DEI DIPENDENTI – Un primo caso riguarda la causa, persa da Apple, per un’intesa oligopolistica raggiunta dalla casa di Cupertino per danneggiare i dipendenti. Fu proprio Jobs a coinvolgere altri manager di primo piano del mondo della Rete, a cominciare da Eric Schmidt di Google, affinché venisse stabilito un patto di non aggressione. Apple non avrebbe rubato ingegneri alle altre aziende, gli altri non li avrebbero rubati da Cupertino: una soluzione utile per evitare una caccia ai talenti migliori e l’aumento degli stipendi. Parla chiaro in questo caso una mail del 2006 in cui Jobs scriveva a Schmidt: «Mi dicono che la tua divisione di software per smartphone sta reclutando fra i miei che lavorano nella sezione iPod. Se è vero, ti chiedo di smetterla». Poco dopo quel messaggio nacque un patto di non concorrenza che fu esteso ad altri giganti dell’economia digitale.

STEVE JOBS, NEGOZIO UNICO E VIOLAZIONE DELLE NORME ANTITRUST – Ora, continua Rampini su Repubblica, un nuovo processo ha inizio ad Oakland, in California, con al centro l’iPod nelle prime versioni. Una delle innovazioni decisive per il successo del prodotto fu l’abbinamento dell’iPod con iTunes, il grande negozio digitale per comprare musica, poi anche audiolibri, film e libri. Secondo l’accusa in quell’abbinamento si celava un sopruso, il fatto che s’impediva l’accesso ad altri negozi digitali. In sostanza Apple impediva di fare la spesa altrove. Ma quella dei «sistemi chiusi» è una strategia penalmente perseguibile, secondo la legge antitrust. Sempre nelle mail Jobs intimava ai suoi collaboratori di «garantire che, quando Music Match (concorrente di iTunes) lancia il suo negozio online, non sia accessibile dall’iPod».

STEVE JOBS, INTESA CON GLI EDITORI PER ALZARE I PREZZI – Infine, c’è il caso dell’intesa oligopolistica tra Apple e i maggiori editori, condannati per aver strumentalmente fatto innalzare i prezzi ai danni dei consumatori. Anche in questo caso la prova del reato è una frase di Jobs. «Sì, il cliente pagherà di più, ma è proprio quello che vogliamo», avrebbe scritto in un messaggio. Una frase che poi pronunciò anche nelle interviste rilasciate al suo biografo Walter Isaacson.

(Foto da archivio LaPresse. Credit: AP Photo / Paul Sakuma)

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