Volevo fare la maestra. Storia di una suora.

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La semplice storia di una semplice suora vera: Suor Rosa Anna, dell’Ordine delle Luigine di Parma.



I miei tentativi di approccio con le suore di clausura della mia città non hanno portato a nulla, forse anche perché nessuna aveva questo sorriso. Lo si intendeva dal tono con cui mi rispondevano dal citofono, oppure, semplicemente, avevo già trovato la mia suora vera da raccontarvi. Forte, buona, piena di mondo e di esperienza di vita, come ogni grande donna della sua età. Solo che lei porta il velo e ama più di un uomo.



SUORA PER SCELTA – Sono di strada verso casa e faccio un ultimo tentativo. “Vorrei solo parlare con qualcuna di voi“, dico al citofono. È tardo pomeriggio. Ho visto l’edificio per caso. Mi fermo ma sono stanca di essere respinta. Qui mi aprono la porta subito però. Mi fanno entrare. Attendo pochi minuti. Un grande salotto fresco, pareti spesse. La penombra a stento svela un mobilio antico. Poi scende lei. Ci sediamo davanti alla finestra con le grate, su di un divano, vicine vicine. È un’anziana signora dai capelli raccolti e una comoda veste. Ha un velo blu di cotone ad incorniciarle il viso ovale. Lineamenti sottili e occhi grandi. Da giovane sarà stata una bella donna, penso. Prendiamo subito a chiacchierare. Non riesco a fingere. “Non ho nessuna vocazione. Volevo raccontarle questa balla per sapere qualcosa di “quelle come lei…“. Ecco, ora sa chi ha davanti. “Non si può fingere una vocazione, stia tranquilla. Me ne sarei accorta“. Mentre il suo sorriso si allarga mi rassicura: può chiedermi tutto quello che vuole. Sorride ancora. Sorride tutto il tempo. È passato più di un mese da quando l’ho incontrata. Si chiama Rosa Anna e fa la suora. La sua non è una qualità congenita né tantomeno una dote soprannaturale calata dal cielo. La sua è una scelta, una missione. Così mi dice guardandomi sempre dritta negli occhi.


VOLEVO FARE LA MAESTRA
– “E così ho realizzato il mio sogno insegnando per anni in quest’ordine di cui ora sono diventata Madre Superiore, quelle che un tempo ‘andavano per la maggiore’, qui a Parma“, aggiunge, con quel filo leggero leggero di orgoglio di chi avrebbe un infinità di cose di sé da raccontarti senza che tu possa comprenderne minimamente l’importanza. Il suo ordine, quello delle Luigine, è stato fondato nel 1779 da Padre Eugenio Porta, domenicano e professore universitario che aiutò una domestica, una donna buona, mi racconta Rosa Anna, a fondare la prima scuola, il primo “Conservatorio”, per aiutare le bambine e le ragazze poco abbienti ad affrancarsi dalla povertà e ad istruirsi. È storia che quella donna da poco, come mi dice Suor Rosa, vide delle bambine malvestite ed abbandonate sul sagrato di una chiesa. Ebbe compassione di loro, e non sapendo come aiutarle, si rivolse a padre Eugenio.



MI RACCONTA LA SUA STORIA? – “Ho deciso di prendere i voti quando avevo diciassette anni, proprio dopo aver studiato qui. Mi piaceva l’idea di potermi dare agli altri. Fare la maestra era il mio sogno, sin da quando ero bambina“. “Quindi non si è fatta suora per vocazione?” “Certo ma la vocazione è anche una chiamata, una tensione verso gli altri, un desiderio di darsi in modo esclusivo. Per me è stato questo“. “Quindi niente di soprannaturale?” “No, forse, chi può dirlo“. “Ma potrebbe studiare e darsi agli altri anche da laica non crede?” “Ai miei tempi era un poco diverso… Si studiava dalle suore“. “Qualche tentennamento nel corso degli anni?” “Devo dire di no“. “Si è mai innamorata?” “Sì, di un bel bambino con gli occhi azzurri, quando avevo cinque anni!” Mi risponde senza alcun imbarazzo muovendosi ridendo un poco. “E poi? Non si è presa una cotta da adolescente? Non ha mai pensato ad avere un marito, dei figli?” “La mia famiglia è il mondo. Un giardinaio, un uomo semplice, una volta mi disse: per fare il frate dovrei abbandonare la mia famiglia. Come potrei fare a donarmi a tutti gli altri sapendo di avere problemi in casa, con la moglie, con i figli?” “E dei religiosi che si sposano… cosa pensa?” “Io credo a quello che ha detto quell’uomo semplice. Ma ognuno ha la sua testa, il suo cuore, la sua vocazione“. “E delle famiglie diverse cosa mi dice? Degli omosessuali?” “Sono creature del Signore come noi ma la questione è complicata…“. Mentre discutiamo di queste faccende senza peraltro giungere ad una conclusione, a un punto di vista certo e condivisibile sempre e comunque, mi viene un poco voglia di fingere per davvero, quasi rapita dal suo modo di essere pacato e aperto.

SE VOLESSI FARMI SUORA? – “Cosa dovrei fare?“, le chiedo. “Dovresti venire da me, come ora. Io ti consiglierei un padre spirituale che cercherebbe di capire se ne sei davvero convinta, poi andresti a studiare a Roma per poter fare la maestra. Poi prenderesti i voti. Anzi, abbiamo bisogno… (perché no?)” “E se nel corso del tempo poi cambiassi idea?” “Capita“. “Quindi povrei anche insegnare. Qual è stata la sua esperienza?” “Per anni sono stata maestra nelle scuole del mio ordine. Sono scuole parificate. Ne avevamo a Parma ma anche a Bologna. Prima era gratis, poi abbiamo dovuto iniziare a far pagare, ma i ricchi lo facevano per i più poveri. Ora tutto è diverso. Non ci sono più maestre. Abbiamo dovuto ricorrere a collaboratori esterni perché ci vogliono l’insegnate di canto, quello di disegno… Mancano le suore però“. Mi ricorda quasi rassegnata, ma sempre con quel meraviglioso sorriso. C’è una crisi delle vocazioni. “Perché?” “È cambiato il mondo, si sono persi i valori… ed è anche possibile darsi al mondo come laici. Mi vengono in mente i focolaretti, ad esempio, li conosce?


TV E INTERNET
– “No…ma, ascolti, diceva che il mondo è cambiato… perché?” “Non lo so. Vedo la tv ad esempio e leggo i giornali. Solo cattive notizie. Sembra che si sia perso il gusto del buono. Le cattive notizie fanno audience e l’uomo si abitua a pensar male“. “Quindi guardate la televisione qui in convento?” “Certo, la sera. Ne discutiamo tutte insieme. Un tempo, quando facevamo scuola, guardavamo i cartoni animati insieme ai bambini per capire che tipo di messaggi venissero loro trasmessi… anche quelli, i cartoni animati, non sono più quelli di una volta. Si sono persi i sani principi anche lì“. “Che intende?” “Ora c’è violenza dappertutto“. “E internet? Conosce?” “Eh, io no, ma abbiamo la più giovane, che fa la maestra, che ci cura di cose. È molto in gamba lei. Un giorno ha bussato alla nostra porta e ci ha portato il sole della sua vocazione“.

MA È VERO CHE ALCUNE RAGAZZE STRANIERE VENGONO QUI PER DIVENTARE SUORE?” – “Sì, capita“. “È vero anche che molte non hanno una vera vocazione ma vengono qui in Italia perché non hanno un lavoro e pensano di impiegarsi nelle sacre vesti?” “Capita ma, spesso poi non resistono, e vanno via. O prima ancora se ne accorge la madre superiore”. “Come è capitato qui a Parma… ricorda l’allontanamento di padre Carini dalla città?” “Si disse perché aveva preso le difese di due suore indiane accogliendole nella sua abbazia poiché fuggite o allontanate dal proprio convento dalla madre superiore, non si sa bene perché. Ricorda tutta la polemica?” “Sì, forse appunto le due suore non avevano una vera vocazione e la madre superiore se ne sarà accorta. Padre Carini avrà invece creduto alle due ragazze… Chissà, forse è stata una montatura dei giornali anche quella, forse no“. Lasciando sorvolare questo discorso mi tolgo qualche curiosità tipicamente femminile.

MA L’ABITO? – “Siete obbligate a vestirvi così?“, le chiedo. “Eh… io e le mie sorelle oramai siamo anziane ma ci sono molte suore in borghese in giro“. Sorride. “Ci siamo adeguate ai tempi. Un tempo peraltro erano più pesanti e difficili da portare. Un giorno, tanti anni fa, abbiamo fatto una riunione ed abbiamo deciso di cambiarli“. “E la dieta? Seguite una dieta particolare?” “Cerchiamo di mangiar bene, eh, non ci facciamo mancar nulla, né tortelli né prosciutto. Dobbiamo essere in forza per vivere“. Suor Anna continua a sorridere, sempre… “E in clausura?” “Non so, provi a chiedere“. “Non sono riuscita a parlare ancora con nessuno lì“. “Provi ancora, vada in via…” “Stamattina invece in centro mi dicevano che erano partite“. “Forse sono in vacanza o in pellegrinaggio. Ne abbiamo bisogno anche noi. Noi partiamo lunedì“. Qualche chiacchiera ancora e poi, portandomi addosso quel sorriso, son andata via.

Grazie Suor Rosa Anna.