Ieri le principali testate del paese hanno annunciato l’arresto di un terrorista che ha partecipato all’attacco al museo del Bardo di Tunisi, il Presidente del Consiglio e il Ministro della Difesa si sono congratulati e le opposizioni hanno chiesto le dimissioni del Ministro dell’Interno, reo di aver sostenuto che i terroristi non arrivano con i barconi e di aver poi lasciato questo «terrorista» andare e venire per fare i suoi comodi in Tunisia, dopo che era arrivato nel nostro paese in barcone.
Poi i dubbi, che potevano venire anche prima, bastava scorrere le cronache francofone per scoprire che l’unica autorità tunisina che ha parlato sul caso è stato un portavoce del Ministero dell’Interno tunisino, Mohamed Ali Aroui, che ha spiegato che la Tunisia ha emesso due mandati di cattura internazionali contro due marocchini e un algerino con legami diretti con l’attentato, ma che «Queste persone non hanno partecipato all’operazione terroristica, ma hanno aiutato i suoi autori». Per l’attacco portato da due persone al museo del Bardo, la Tunisia ha spiccato una cinquantina di mandati d’arresto, tra i quali quello che ha portato al fermo del giovane marocchino in Italia. È noto che i due autori materiali dell’attacco siano stati uccisi dalle forze di sicurezza tunisine, ma nemmeno questo ha impedito a molte testate, e figurarsi ai politici, d’inventarsi che il nostro potesse essere uno degli autori materiale di quell’attacco. Il dubbio che qualcosa non andasse nella versione immediatamente sposata dalle principali testate doveva invece venire a chiunque abbia riferito la notizia, perché l’idea che il giovane sia arrivato a febbraio con un barcone preso in Libia e poi andato e tornato dalla Tunisia a marzo per compiere l’attentato, passando del tutto inosservato, pur privo di documenti, è del tutto inverosimile. Poi si è scoperto che la figura del giovane non è molto sovrapponibile a quella del terrorista e che, soprattutto, non pare proprio che si sia mosso dall’Italia una volta arrivato. Il giovane è stato fermato da un vigile urbano mentre stava andando a mangiare alla Caritas, che ha seguito docile una volta scoperto senza documenti. A mettere gli inquirenti sulle sue tracce è stata la madre, che ha denunciato il deterioramento del suo passaporto, bagnato durante la traversata. Il giovane abitava con lei e fratelli e sorelle, ha frequentato la scuola per imparare l’italiano e, sorpresa, è andato a scuola anche nei giorni dell’attentato. Numerose testimonianze lo confermano e il dubbio nemmeno tanto velato che s’avanza è che qualcuno in Tunisia abbia fatto confusione con le identità e finito per tirare in mezzo un ragazzo del tutto estraneo a vicende del genere, tanto che in questo caso il presunto jihadista non mostra alcuna inclinazione per la religione e ancora meno per la guerra santa.