La triste infanzia dei fratelli Kouachi

18/01/2015 di Mazzetta

Said e Chérif Kouachi hanno indubbiamente avuto un’infanzia difficile, un’infanzia seguita dai servizi sociali francesi senza grande successo: non hanno mai conosciuto il padre e sono rimasti presto orfani anche della madre.

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Lapresse-REUTERS/Paris Prefecture de Police

UN’INFANZIA PIÙ CHE DIFFICILE –  I fratelli Kouachi non hanno mai conosciuto il padre, che non è detto fosse lo stesso per entrambi. Hanno conosciuto una madre distrutta da 5 gravidanze, con due figli già in affidamento, che si è tolta la vita quando avevano 8 e 10 anni con un’overdose di medicinali. La trovarono proprio loro ritornando da scuola. Era incinta di un sesto figlio.

I SERVIZI SOCIALI DISTRATTI – Erano già allora minori in stato di abbandono, la madre faceva diversi lavori, li curava come poteva e quando non arriva a mettere insieme il pranzo con la cena si prostituiva. Poco incline a cercare l’aiuto dei servizi sociali, la donna ha lasciato così 5 figli alle cure dei servizi sociali, figli che volontarie e operatrici di progetti sociali ricordano con piacere misto a tristezza, chiedendosi oggi se una maggiore attenzione allora avrebbe potuto salvarli dal terribile destino.

LA FAMIGLIA TROVATA IN CARCERE – Erano bambini come tutti gli altri, come molti abbandonati a loro stessi da famiglie distrutte, che gli assistenti sociali accompagnavano in esplorazione al di fuori del ghetto, del quartiere-dormitorio di case popolari creato dal nulla, del reticolo di strade familiari sulle quali consumavano i giorni e spesso anche le notti. I due crescono insieme e una volta usciti dalla tutela statale entrano presto in carcere, dove incontrano Coulibaly e altri soggetti simili, che danno loro quello che non hanno mai avuto, cioè una sorta di nucleo familiare, una storia nella quale riconoscersi, una finestra per vendicarsi del mondo che non aveva voluto e saputo accoglierli.

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SI DOVEVA FAR MEGLIO – I due giovani e sensibili fratellini orfani di un tempo, finiscono la loro storia lasciandosi alle spalle una scia di sangue, un destino che secondo Evelyne, una delle volontarie sentite da reporterre.net, avrebbe potuto essere evitato se solo i servizi sociali non fossero stati organizzati per «parcheggiare» i poveri, assistiti da un frullare di assistenti sociali senza memoria, perché cambiavano ogni mese, lasciando questi giovani privi di un qualsiasi riferimento adulto e di adulti di riferimento. Si chiede Evelyne di Chérif: «Non voglio che pensiate che lo difendo. Ma voglio dire, se avesse avuto un’infanzia felice, sarebbe diventato un terrorista?». Lo dice poco dopo aver ricordato quanto amasse andare al cinema, quel ragazzo, che le era sembrato sensibile e intelligente.


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