Una Turchia nuova per Erdogan. Con i curdi (insieme a sinistre e Verdi) per la prima volta in Parlamento
13/06/2015 di Mazzetta
Le elezioni hanno imposto uno stop alle aspirazioni di Recep Tayyip Erdoğan, da molti turchi considerate pericolose megalomanie, ma pongono anche la Turchia di fronte a uno scenario improvvisamente incerto dopo 13 anni di dominio dell’AKP, il partito moderato d’ispirazione islamica al potere dal 2002 . Anni che non hanno fatto male al paese, almeno facendo il paragone con il passato, segnato da governi corrotti e da frequenti interferenze golpiste dei militari, ma che non sono bastati a garantire all’AKP il via libera per una trasformazione radicale della repubblica turca.
UN PASSO FALSO PER ERDOGAN E L’AKP –
I sondaggi attribuivano alla vigilia un consenso tra il 40-44% all’AKP, in calo netto rispetto al 49,9% delle politiche del 2011, molto lontano dalla soglia necessaria per raggiungere i 311 seggi che avrebbero consegnato al partito la maggioranza dei due terzi, necessaria a riscrivere la costituzione in solitudine. Il partito repubblicano del popolo (Chp) invece era dato tra il 23 e il 30%, il partito di azione nazionalista (Mhp, destra nazionalista) tra il 14-18% e l’HDP tra il 9 e l’11%. L’84% degli aventi diritto di voto ha risposto alla chiamata alle urne e la chiamata di Erdogan perché i turchi gli consegnassero maggior potere si è trasformata in una disfatta, anche se il premier Davotoglu si è presentato in televisione dicento che l’AKP ha vinto perché è ancora il primo partito con il 40,87%, seguito a grande distanza dal Partito Repubblicano del Popolo (CHP) che si è fermato al 24,96%. Al terzo posto si sono piazzati quelli del Movimento Nazionalista (MHP), mentre il quarto posto è stato conquistato con un grande risultato dall’HDP, partito che riunisce una piattaforma di realtà di sinistra e raccoglie il voto curdo, con il 13,12%. Per il gioco dei collegi l’HDP e riuscito però a prendere gli stessi seggi del MHP (80) grazie alla minore dispersione dei suoi elettori, concentrati nell’Est e nelle aree metropolitane occidentali, almeno stando ai risultati provvisori comunicati dalla commissione elettorale. Il superamento della soglia di sbarramento del 10% ha determinato così l’entrata in parlamento dell’HDP e la riduzione dei seggi a disposizione per gli altri partiti, con l’AKP che è precipitato dai 276 seggi che aveva a 258, perdendo così la maggioranza dei 550 deputati, altro che due terzi. Il risultato ha inoltre fatto giustizia delle numerose accuse relative a brogli, i casi denunciati realmente e all’esame delle commissioni elettorali sono pochi e lo stesso i voti coinvolti, peraltro il sistema elettorale turco offre discrete garanzie di regolarità. La forte risposta degli elettori contribuisce a dimostrare che gli stessi turchi vi ripongono fiducia e che nei momenti importanti, com’era questo nel quale di chiedeva in pratica un referendum su Erdoğan e sui suoi progetti di revisione costituzionale, accorrono numerosi alle urne.
UN GOVERNO DA INVENTARE –
Il premier Ahmet Davutoğlu si è dimesso come è consuetudine avendo perso la maggioranza e dovrebbe ricevere l’incarico dal presidente Erdoğan per la formazione di un nuovo governo, necessariamente di coalizione. Non dovesse riuscire, il testimone passerebbe a Kılıçdaroğlu, leader dei repubblicani. Se entro 45 giorni dal voto il governo non vedrà la luce si tornerà alle urne. Il risultato elettorale ha fatto scendere dell’8% la borsa turca e precipitare gli altri indicatori economici, insieme alla lira, ponendo particolare pressione sulla politica, chiamata a dare ai mercati un segnale che dimostri che i progressi dell’era Erdoğan non saranno gettati al vento.