Tutti i bimbi schiavi del mondo

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Si è conclusa la giornata internazionale contro la schiavitù infantile, nata per ricordare il 12enne sindacalista pakistano Iqbah Masih ucciso per aver svelato al mondo questa terribile realtà

Forse non tutti sanno che il 16 aprile è il giorno internazionale contro la schiavitù infantile.



QUALE INDIGNAZIONE? – Spesso siamo commossi dalle altrui disgrazie. Le notizie di bambini scomparsi o di piccoli che necessitano di un trapianto o di una cura medica particolare per sopravvivere hanno sempre colpito la società nel profondo, con movimenti, moti di opinione, campagne con protagonsti personaggi più o meno famosi. Ma visto che siamo così bravi ad indignarci per la violenza nei confronti dei bambini, perché non riusciamo ad avere la stessa empatia nei confronti di tutti quei piccoli che vivono come schiavi? Perché non ci interessa nulla se le nostre scarpe sono fatte in Bangladesh magari da minori che dovrebbero essere ovunque anziché in fabbrica? E non stiamo parlando di un qualcosa di “esotico”. I bambini rappresentano il 10 per cento della forza lavoro mondiale.

Schiavi bambini: guarda le immagini:



PERCHE’ NON FATE NULLA? – Questo significa che sono più di 400 i piccoli forzati al lavoro e sacrificati all’economia di mercato, che punta sulla produzione, la compravendita, lo scambio, senza alcun rispetto pe gli ingranaggi che la compongono, i quali sono sempre più spesso dei bambini. Il mondo sta progredendo a grandi falcate, ma nel “sottobosco” si torna indietro nel tempo. Al lavoro come unica occupazione di vita, allo sfruttamento fino allo sfinimento dei bambini. Perché non si combatte questa piaga che uccide milioni di bambini? Dove sono i sindacati? Perché la politica è sorda? E le associazioni femministe, la società, le organizzazioni internazionali? Evidentemente non esiste una volontà politica nel combattere questi problemi. Va bene così, ma faremo di tutto per combatterla. Il nostro ruolo è quello di incoraggiare i poveri e lo faremo.



LA STORIA DI IQBAL MASIH – Putroppo queste parole, questi pensieri, questi giudizi, non sono miei. Come ci ricorda El Pais sono stati enunciati da un bambino di 12 anni, Iqbal Masih, pakistano, sindacalista, operaio in una fabbrica di tappeti dopo esser stato venduto dal padre per 12 dollari, necessari a pagare le spese di matrimonio di una sorella, il quale venne ucciso il 16 aprile 1995, giorno di Pasqua, mentre andava in bicicletta dalla nonna. Secondo dei testimoni una macchina coi finestrini oscurati si affiancò al ragazzino facendo fuoco. Grazie a lui vennero salvati 3000 bimbi pakistani dopo che il Governo diede ordine di chiudere la fabbrica di tappeti nelle quali erano impiegati.

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TORTURATI CON FERRI ROVENTI – Anti Slavery Society ci racconta della situazione in India. Ci parla di bambini rapiti e poi rivenduti. Di piccoli quasi incatenati al loro posto di lavoro, senza prospettive né pagamento. Molti di loro vengono picchiati con ferri roventi, subiscono bruciature di sigarette, vengono frustati, abusati nelle parti intime e non viene permesso loro di vedere i genitori. Questa è anche la storia di Shankar, che aggiunge un particolare abbastanza grave: se uno dei bambini avesse chiamato la mamma in un momento di sofferenza, questi sarebbe stato chiuso in una stanza buia e priva di aria. Shankar tentò il suicidio nel Gange pur di sfuggire a quella vita. Nageshwar, 14 anni, venne picchiato dai suoi datori di lavoro con dei ferri caldi solo per essersi grattato la schiena, mentre Ashok, 8 anni, impegnato per 21 ore al giorno a partire dalle 3 del mattino in una fabbrica di tappeti non ha visto i genitori per sette anni. Ogni volta che chiedeva il permesso per vedere mamma e papà veniva picchiato.

GLI SCHIAVI DEL CACAO – La CNN ha trasmesso lo scorso 20 gennaio un documentario girato in una piantagione di cacao nell’Africa Occidentale, e più precisamente in Costa d’Avorio, con bambini obbligati a passare tutto il giorno in mezzo alle piante di cacao. Di questi molti sono schiavi ai quali è precluso qualsiasi divertimento. David McKenzie, autore del documentario, ha impresso sulla pellicola immagini scioccanti di piccoli che neanche sanno cosa voglia dire la parola “cioccolato”. Ragazzi costretti a lavorare tutto il giorno con un prodotto naturale che non possono assaggiare. Un futuro, il loro, fatto di pochi soldi e ancora meno promesse.

ANZICHE’ LA SCUOLA, I CAMPI DI COTONE – Antislavery si è occupata della schiavitù infantile nei campi di cotone dell’Uzbekistan. In questo caso è il Governo a chiudere le scuole per tre mesi costringendo centinaia di bambini, a partire dall’età di nove anni, a raccogliere il cotone. I bambini non hanno scelta. Hanno delle quote giornaliere da rispettare e se non dovessero riuscirci verrebbero o picchiati o vedrebbero i propri voti abbassarsi. Questi periodi dedicati al raccolto possono avere conseguenze molto gravi nella salute dei piccoli, costretti a fatica e malnutrizione. L’Uzbekistan è il terzo paese esportatore di cotone al mondo, e nonostante la ferma condanna dell’Unione Europea, maggior mercato del cotone uzbeko, ogni anno per tre mesi i bambini vengono costretti a questa “vacanza”anche grazie alle agevolazioni economiche garantite dall’Europa nelle importazioni.

BUGIE PER LAVORARE MEGLIO – L’Indipendent, infine, si occupa di un’azienda europea conosciuta in tutto il mondo, Adidas, la quale ha sempre dichiarato di rispettare le tariffe degli operai e di occuparsi della sicurezza dei luoghi di lavoro. Eppure gli operai di una fabbrica indonesiana non sono stati dello stesso avviso: “Non possiamo rivelare che facciamo straordinario e siamo costretti a dire che ci pagano il minimo sindacale. Inoltre le visite degli ispettori sono sempre annunciate in anticipo, così noi puliamo e sistemiamo”. Ratna aggiunge: “I capi fanno nascondere qualcuno di noi nei bagni così che la fabbrica possa apparire ordinata e in perfetta efficenza”. Gli operai hanno anche ammesso che Adidas nonostante tutto si è attivata per evitare che lavorassero troppo. “Una volta eravamo impegnati dalla mattina all’alba fino alle 23. Le cose sono cambiate dopo un diretto interessamento della sede centrale in Europa”.

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