Tutti pazzi per gli integratori alimentari vegetali

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L'Italia è il primo paese d'Europa per quanto riguarda la vendita e consumo d'integratori vegetali tuttavia sono molti a non conoscere i rischi legati all'abuso di prodotti ritenuti sani in quanto contenenti erbe ma che invece potrebbero risultare addirittura cancerogeni, se non consumati in maniera corretta

Gli italiani sono i primi consumatori in Europa d’integratori alimentari vegetali. Nello specifico, vanno per la maggiore gli integratori vegetali ritenuti strumenti ideali per mantenere il corpo in salute, anche se spesso non si conoscono gli effetti delle bevande ingerite con la promessa, o la speranza, di poter migliorare la propria salute, ignorando i rischi.



LA RICERCA – Il Fatto Alimentare ci propone i risultati del progetto Plant Libra, diffuso da Plos One, è emerso che al primo posto nel consumo nazionale ci sono i prodotti a base di aloe vera. A seguire tocca a quelli contenenti finocchio, valeriana, ginseng e mirtillo. L’indagine è da considerarsi importante, anche se ha coinvolto 378 persone provenienti da sei Paesi, Italia, Germania, Finlandia, Romania, Spagna e Regno Unito, in quanto dimostra come nei differenti stati dell’Unione vi sia una diversa percezione dei benefici dati dagli integratori, a causa anche delle diverse legislazioni che portano i paesi a scegliere autonomamente, senza il cappello dell’Unione Europea, quali prodotti sono classificabili come medicinali e quali no.



L’ASSUNZIONE – I partecipanti all’indagine hanno dichiarato di aver assunto almeno una volta, nei 12 mesi precedenti, un preparato realizzato con sostanze vegetali. Nello specifico, l’assunzione riguardava una dose quotidiana per almeno due settimane consecutive o una dose settimanale per tre settimane consecutive o quattro settimane non consecutive. Inoltre il campione ha riguardato persone adulte o anziane, con un buon livello socio-economico, con un grado d’istruzione medio-alto, attive fisicamente e con uno stato di salute buono. E nel confronto tra i consumatori dei sei paesi presi in esame è emerso che la patria degli integratori vegetali è l’Italia.



MEGLIO LE PILLOLE – Gli italiani consumano 289 prodotti contenenti 222 specie botaniche. Gli utilizzatori sono per lo più abituali, visto che il 41,3 per cento di loro ha dichiarato di assumere periodicamente integratori vegetali mentre il 30,7 per cento lo fa solo in caso di eventuale peggioramento della salute. Nel 90 per cento dei casi gli italiani usano un solo prodotto che contiene sia una sostanza vegetale, nel 46,6 per cento dei casi, sia un mix d’ingredienti, per il 43,7 per cento. Relativamente alla forma, gli italiani preferiscono capsule e pillole rispetto ai liquidi (64,7 per cento contro 26,4). Tuttavia è opportuno ricordare, come fatto in precedenza, che il primato italiano va preso con le pinze.

IL PROBLEMA NORMATIVO – In Europa non esiste una regola propria per la commercializzazione, anche se si considera un principio di mutuo riconoscimento secondo cui i prodotti messi sul mercato negli stati membri possono essere venduti in tutti gli altri. Il risultato quindi è viziato dal fatto che seguendo ogni Paese le proprie regole, è possibile riscontrare differenze significative nei livelli massimi di assunzione. Inoltre queste sostanze possono essere presenti anche in prodotti che richiedono una ricetta medica per essere somministrati o che necessitano di particolari avvertenze per i consumatori, con la conseguenza di trovarsi spesso di fronte a percorsi regolatori diversi.

IL CONSUMATORE TIPO – Ed è per questo che la statistica prodotta da Flos One e Plant Libra appare significativa, seppur sia limitata nei numeri. Perché i dati sui consumi europei d’integratori alimentari a base vegetale sono scarsi e viziati da dati contrastanti. Comunque secondo quello che si può evincere dai numeri, l’Italia è al primo posto tra i paesi analizzati nel consumo d’integratori alimentari a base vegetale con una media del 22,7 per cento di affezionati. In coda invece c’è la Finlandia, con il 9,6 per cento di consumatori. Il cliente medio italiano di tali prodotti ha circa 40 anni, ha un buon livello d’istruzione e non ha mai fumato. Il 75,5 per cento degli intervistati dice di avere una salute molto buona mentre il 65,1 per cento si limita agli integratori a base di erbe.

LA POLITICA EUROPEA – Il preferito è l’Aloe Vera perché, come ricorda Greenme, aiuta a regolare le funzioni del sistema immunitario, favorisce la digestione e contribuisce alla depurazione dell’organismo, agendo soprattutto sul fegato. Ed i prodotti in vendita sono privi di aloina, una sostanza che a lungo andare potrebbe essere tossica. E qui entra in gioco un altro fattore spesso sottaciuto ma che potrebbe determinare in futuro l’insuccesso degli integratori alimentari vegetali. E torniamo al quadro normativo di riferimento che, come spiega l’autorità europea per la sicurezza alimentare, l’Efsa, è abbastanza limitata e si occupa essenzialmente di determinare le quantità dei minerali e delle vitamine presenti nei prodotti, ai sensi della direttiva 2002/46/CE

UNA NORMA IN EVOLUZIONE – Nello specifico, vengono definiti i requisiti di etichettatura con l’istituzione di livelli massimi e minimi in tutta l’Unione per ogni vitamina ed ogni minerale aggiunto perché un apporto eccessivo di sostanze può causare effetti indesiderati. Ma la determinazione dei limiti massimi, affidata alla Commissione, è ancora in svolgimento. Ed al momento quindi non esistono dati certi. L’Efsa può prendere in considerazione la somministrazione di sostanze vitaminiche e minerali solo dopo la valutazione di un adeguato fascicolo scientifico contenente informazioni sulla sicurezza e sulla bio-disponibilità della singola sostanza. Ma come abbiamo detto in precedenza, l’Europa non è ancora preparata alla definizione di norme e regole che determinino i livelli consentiti per gli integratori alimentari.

LA LISTA BELFRIT – In questo senso l’Italia appare più avanti rispetto a Bruxelles nella definizione dei prodotti e dei livelli di somministrazione nei confronti degli appassionati di tali prodotti. Il ministero della Salute lo scorso 27 marzo ha aggiornato il decreto ministeriale del 9 luglio 2012 sull’impiego negli integratori di sostanze e preparati vegetali per includervi anche la lista Belfrit, messa a punto dalle autorità sanitarie di Belgio, Francia ed Italia e che rappresenta il primo tentativo di pervenire ad una disciplina comune sull’impiego di vegetali nel settore alimentare, nel tentativo di armonizzare le norme a livello europeo. In attesa di una decisione di Bruxelles, quindi, si muovono gli stati membri.

IL PROBLEMA DELLA LEGGE ITALIANA – La lista appare chiara in quanto definisce con chiarezza le proprietà di ogni singolo prodotto, così che un consumatore consapevole possa studiare nel dettaglio quelli che sono i pregi ed  i difetti di ogni sostanza. Tuttavia bisogna ancora rispondere a diverse domande. Ecoseven ha analizzato il testo del Decreto Legislativo 169/2004 che recepisce la direttiva 2002/46/CE che definisce gli integratori alimentari come

prodotti destinati ad integrare la comune dieta e che costituiscono una fonte concentrata di sostanze nutritive, quali le vitamine e i minerali, o di altre sostanze aventi un effetto nutritivo o fisiologico, in particolare, ma non in via esclusiva, aminoacidi, acidi grassi essenziali, fibre ed estratti di origine vegetale, sia monocomposti che pluricomposti, in forme predosate

Solo che in questa maniera si capisce solo che il loro obiettivo è quello d’integrare la dieta normale. Ma spesso mangiamo più di quanto non abbiamo bisogno. Eppure grazie anche a questa definizione il pubblico ritiene gli integratori uno strumento rapido e indolore per uno stile di vita malsano. E qui entra in gioco la pillola brucia-grassi che viene vista come la panacea di ogni male, quando basterebbe seguire un’alimentazione corretta.

β-CAROTENE CANCEROGENO? – Gli anziani possono migliorare il loro stato di salute ovviando al malassorbimento intestinale o al rallentamento dell’osteoporosi. Ma qui entra in gioco la competenza del medico. E per questo si raccomanda di non dar retta al fai da te. A confermarlo uno studio del 2013 pubblicato sul Journal of the American Medical Association che ha dimostrato come un uso costante d’integratori a base di vitamina E, A e β-carotene possa portare ad un aumento della mortalità rispetto a coloro che assumono tali vitamine nella dieta di tutti i giorni. Nello specifico un apporto eccessivo di β-carotene porta ad un rischio più alto di tumori alla pelle, ai polmoni ed alla prostata, specie nei fumatori.

I PERICOLI TACIUTI – L’Ansa, poi, riporta le risultanze dell’International Liver Congress svoltosi lo scorso fine settimana a Londra. Nel corso dei lavori è emerso che gli integratori alimentari vegetali possono essere tossici o contenere sostanze come il Nimesulide coperto da un principio attivo naturale presente in etichetta. Con il risultato che tali prodotti nascondo insidie per il fegato peggiori rispetto ai medicinali tradizionali. Inoltre, essendo percepite come erbe, nessuno o quasi interpella il proprio medico. Il fenomeno appare grave, specie se si stima che l’incidenza di eventuali disturbi al fegato va da 12 a 19 persone su 100.000, con una mortalità del 10 per cento.

INTERPELLATE IL MEDICO – L’allarme è stato lanciato, tra gli altri, da Mario Mondelli, infettivologo del Policlinico San Matteo di Pavia: «C’è una grande preoccupazione per medicinali e integratori a base di erbe perché nei pazienti c’è la convinzione che siano prodotti naturali e quindi non possano far male, ma è sbagliato per vari motivi. Le erbe, infatti, possono essere direttamente tossiche o esserlo per i metodi di estrazione, per i principi attivi che non sono mai puri e per i dosaggi che non sono controllati». A oggi sono state censite 50 sostanze naturali dannose per il fegato. E questo dato rende necessari provvedimenti tesi ad armonizzare il consumo e la vendita degli integratori alimentari vegetali. Essendo percepiti come erbe, nessuno o quasi si preoccupa di avvertire il proprio medico ignorando che questo potrebbe mettere in guardia da gravi pericoli spesso sottaciuti. In questo senso è buona cosa informarsi, magari affidandosi al libro bianco curato dall’Aiifa, Associazione Italiana Industrie Prodotti Alimentari in collaborazione con Federfarma Milano. Perché è buona cosa stare bene ma è meglio essere informati.