Una gabbia sulla tomba di Chernobyl

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26 anni dopo il più grave incidente nucleare della storia l'Ucraina si prepara a ricoprire ulteriormente il reattore numero 4

Centinaia di operai ucraini sono al lavoro per costruire il nuovo sarcofago del reattore numero 4 della centrale atomica di Cernobyl, teatro del peggior incidente nucleare della storia.



LA NUOVA GABBIA – Dovranno costruire una gabbia di 30mila tonnellate per imprigionare l’inferno. A 26 anni dalla catastrofe, il presidente ucraino Viktor Ianukovich celebrerà simbolicamente domani l’avvio dei lavori per la costruzione dell’immenso arco della nuova struttura di confinamento. Sovrasterà il vecchio sarcofago pericolante costruito nel 1986 in condizioni drammatiche , subito dopo il disastro per seppellire il reattore.

PER LA PROTEZIONE – Ventisei anni dopo, un esercito di operai ucraini selezionati per erigere la nuova struttura opera in un contesto decisamente diverso. La minaccia radioattiva è chiaramente diminuita. Agiranno inoltre protetti dalle disposizioni del principio “Alara” -As low as reasonably Achievable- in vigore nell’industria nucleare per proteggere il personale dalla radioattività e la contaminazione atmosferica, spiega il consorzio francese Novarka, formato dalle società Bouygues e Vinci e incaricato della costruzione della nuova struttura.



LA SQUADRA E’ PRONTA – Mille operai ucraini saranno all’opera simultaneamente nei momenti di massima attività, ma in tutto saranno circa 2.000 poichè le squadre si alterneranno con 15 giorni di presenza continua sul sito e 15 giorni di risposo. Gli operai sono già stati reclutati, ma “su un cantiere di tali dimensioni e durata, le assunzioni sono permanenti”, sottolinea la società Vinci. I lavori cominciati nel 2009 con le attività preliminari dovrebbero concludersi nel 2015.

PRIORITA’ – “La costruzione della nuova struttura di protezione è la priorità assoluta”, spiega Julia Marusich, del Chernobyl International Department che aggiunge: “Non sarà un semplice ombrello, ma un complesso impianto tecnologico che consentirà di smantellare la struttura esistente”. Il sito della centrale maledetta appare come un vasto cantiere ed i preparativi sono in corso per la cerimonia di domani, simbolicamente celebrata nel giorno del ventiseiesimo anniversario dell’incidente avvenuto il 26 aprile 1986.



IL VILLAGGIO DEGLI OPERAI – La cerimonia riguarda l’inizio dei lavori per il montaggio dell’arco, un’impresa che e’ stata pero’ preceduta da interventi per ripulire, risanare e finalizzare il cantiere della zona di  montaggio, precisa Marusich. E’ stata inoltra preparata Chernobyl City, un villaggio destinato all’alloggio degli operai in “appartamenti internamente decontaminarti e rimessi a nuovo”, sottolinea il consorzio.

OPERA FARAONICA – Il cantiere appare faraonico. L’arco misurerà 108 metri di altezza per 162 metri di lunghezza e 257 metri di larghezza, dimensioni tali da poter ricoprire la statua della Libertà in altezza o uno stadio per 80mila spettatori. E c’è anche un po’ d’Italia nell’impianto. Novarka ha infatti attribuito a Cimolai la fabbricazione della struttura primaria dell’arco. Per ridurre l’esposizione degli operai e addetti ai lavori, la struttura di metallo, che da sola pesa 23mila tonnellate pari a tre volte la Torre Eiffel, sarà assemblata ad ovest del reattore, nella zona decontaminata di montaggio. Solo dopo verrà fatta scivolare su rotaie fino al sarcofago esistente.

LUNGA VITA – L’arco totalmente attrezzato peserà 30mila tonnellate e avrà una durata di vita di 100 anni. Per realizzarla, il personale al lavoro nella zona di montaggio sarà naturalmente attrezzato di tute, maschere, guanti e dosimetri personali per misurare l’esposizione alla radiazioni. Per i lavori più pericolosi, in particolare nelle zone vicine al sarcofago, il personale opererà protetto da schermi di cemento o piombo.

SICUREZZA AL PRIMO POSTO – Le attività saranno sorvegliate da 50 persone esclusivamente addette alla radioprotezione. E per ridurre ulteriormente i rischi ed i tempi sul sito, tutti gli elementi della struttura sono probabilmente assemblati in una zona esterna con il più alto numero possibile di attrezzature previste. Obiettivo principale della nuova struttura è confinare le materie radioattive e proteggere l’attuale sarcofago dalle aggressioni climatiche.

IL DISASTRO – L’arco dispone anche di attrezzature e impianti per le future operazioni per lo smantellamento del reattore numero quattro in condizioni che dovrebbero limitare la massimo gli interventi umani. Il disastro di Cernobyl è considerato il più grave incidente nella storia dell’energia nucleare. ‘Putroppo – si rammarica Marusich – il problema di Cernobyl non sarà risolto dalla nostra generazione. Il nostro compito è di mantenere la situazione sotto controllo”.

RILANCIO DELL’ECONOMIA – ForUmsi diverte a fare i conti in tasca al progetto fin qui esposto. Secondo Vasyl Harahulah,  direttore generale di “Metallurgprom”, per costruire la gabbia serviranno 30 mila tonnellate di materiali metallici. Considerando che l’industria metallurgica ucraina è capace di garantire “solo” 19 milioni e mezzo di tonnellate per anno, questo progetto rappresenterà un impulso magnifico all’economia del Paese, aiutandola a uscire dalla crisi. Come dire, Chernobyl non fa solo male.

RIPULIAMO – Anna Korolevska, direttore generale del reparto scientifico del museo nazionale ucraino “Chernobyl” sostiene che bisogna ripulire le zone contaminate sfruttando le tecnologie sviluppate in questi anni anche con l’aiuto degli ingegneri giapponesi che stanno operando nella zona della centrale di Fukushima – Daichii, rendendo “abili alla vita” queste regioni già abitate da persone che non sanno dove andare.

PRODUCIAMO BIOCARBURANTI – Serhiy Shaparenko, esperto in ecologia, propone invece di destinare le zone contaminate all’agricoltura destinata alla produzione di biocarburanti. Le piante impiegate “asciugano” la terra nella quale vengono piantate, ma possono essere reimpiantate in cicli di cinque anni su terreni non destinati all’alimentazione. Come quelli della zona circostante Chernobyl.

I BIMBI SALVATI – Marketwatch ci parla nel frattempo dell’attività dell’associazione CCOC, Chabad’s Children of Chernobyl, la quale continua a prendersi cura dei bambini esposti alle radiazioni. Negli ultimi giorni si è impegnata nel suo 97esimo intervento di soccorso che ha permesso di salvare altri 26 bambini, allontanandoli dalle zone contaminate dall’incidente del 1986. In 26 anni il CCOC ha aiutato 2.822 bambini sapendo a quali problemi sarebbero andati incontro in un’eventuale permanenza nella zona contaminata.

CONSEGUENZE SCIOCCANTI – Nancy Spielberg, fondatrice e responsabile dell’associazione, ricorda come ogni giorno centinaia di migliaia di bambini soffrano ancora delle dirette conseguenze dell’incidente. “Sono costretti a far fronte alle drammatiche conseguenze dovute alla contaminazione da radiazioni, le quali rimarranno per migliaia di anni nella zona. Non pensiate che l’incidente sia davvero tanto lontano da noi. Le sue conseguenze ancora oggi sono disastrose.

IL CUORE DI CHERNOBYL – Tra le malattie più diffuse tra i piccoli vanno segnalati il cancro alla tiroide, la leucemia, malattie cardiache. Sergei, 14 enne di Kiev, è affetto da una patologia conosciuta come “cuore di Chernobyl”. Da notare come il ragazzo sia nato più di 10 anni dopo dall’incidente. Eppure l’utero della mamma era stato così bombardato dalle radiazioni al punto di soffrire di conseguenze simili.

LE CURE IN ISRAELE – Secondo l’Organizzazione Mondiale per la Sanità, la percentuale di cancro alla tiroide nelle zone contaminate è 200 volte più alta della media, e in alcune regioni prossime alla centrale è ancora più alta. I bambini soccorsi vengono poi mandati in Israele dove viene procurato loro un alloggio, dei vestiti, un’educazione e un percorso medico. Ogni bambino costa all’associazione 18 mila dollari l’anno.

LEGAMBIENTE NON CI STA – Legambiente intanto esprime tutta la sua perplessità relativamente al progetto di “decontaminazione” e di riapertura della zona di esclusione di Chernobyl. L’associazione ha chiesto un intervento della Comunità Europea, primo finanziatore del nuovo sarcofago, la quale dovrà fare attenzione affinché non vengano attuate scelte che possano mettere a rischio la salute di centinaia di migliaia di persone. Nel 1986 le zone contrassegnate dalla sigla “zona rossa” o “zona morta” sono state contaminate da elementi come il Cesio 137, dai tempi di dimezzamento di 30 anni. Questo significa che per il gruppo del cigno verde è assurdo riaprire dopo soli 26 anni queste aree.