Una parte del Dossier Mitrokhin è diventata pubblica

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I documenti trafugati dall'ex archivista del KGB furono la fonte di una delle pagine più incredibile della recente storia d'Italia

La storia di Vasilij Nikitič Mitrokhin e dei segreti sovietici che ha trafugato è molto diversa da quella di Edward Snowden o di Wikileaks, differenza che ha trasformato presto le sue informazioni in materia tossica da prendere con le pinze. Che gli originali comincino ad essere pubblicati è quindi un bene, si ridurrà lo spazio per speculazioni che nel nostro paese hanno già dato lo spettacolo peggiore che si potesse immaginare.



GLI ORIGINALI FINALMENTE – L’archivio Mitrokhin appare per la prima volta al pubblico, o almeno per la parte che riguarda 19 dei 33 volumi nei quali è stato raccolto e che ora sono a disposizione presso il Cambridge Archives Centre. La cosa è notevole perché nemmeno i nostri servizi segreti avevano finora potuto metter le mani sugli originali e si erano dovuti accontentare dei riassunti redatti dai servizi britannici, cosa che aveva generato comprensibili problemi di valutazione sulla comprensione e la genuinità delle note. A differenza delle informazioni raccolte e svelate da Chelsea Manning o da Edward Snowden, quelle di Mitrokhin infatti sono finite dritte nelle mani dei servizi britannici. Altra differenza, i documenti dell’ex agente russo sono copie manoscritte in lingua russa, quindi già intrinsecamente accessibili a un numero molti minore di persone di quelli di Manning o Snowden



LA PENSIONE DELL’ARCHIVISTA – La massa di documenti è stata consegnata ai servizi di Londra da Vasilij Nikitič Mitrokhin, un ex archivista del KGB che durante i suoi anni di servizio ha ricopiato meticolosamente a mano quello che gli passava sotto mano, fino a riempire sei casse di documenti che finiscono nel1 984,quando l’uomo va in pensione. Nel 1992 li consegna ai britannici dietro congruo compenso, dopo che gli era andato male l’approccio con gli americani, che sospettavano che i documenti potessero essere falsi. Invece erano veri e rappresentavano la pensione dell’ex funzionario dei servizi, che dopo il crollo dell’Unione Sovietica s’involò con i documenti approfittando del caos scoppiato nel paese con il confronto tra Gorbaciov ed Eltsin.



Mario Scaramella

DOCUMENTI VERI- I documenti si calcola abbiano prodotto «3.500 rapporti di controspionaggio trasmessi a 36 nazioni, redatte dal SIS, il servizio di controspionaggio inglese, sulla base delle note manoscritte che l’ex archivista copiò da documenti segreti del KGB. Le schede relative all’Italia vennero consegnate al SISMI a partire dal 1995 fino al 1999 e corrispondono a un arco temporale che va dal 1972 al 1984, anno in cui Mitrokhin andò in pensione.

LE SPIE DI MOSCA – Dall’esame dei documenti è stato possibile risalire alle spie al soldo dei sovietici durante la Guerra Fredda, ai finanziamenti ai partiti fratelli, e si è scoperto che nel nostro paese erano stati allestiti anche alcuni depositi d’armi, dotati anche di apparati radio per la trasmissione a lunga distanza, che furono individuati e smantellati, tutti tranne uno sul quale nel frattempo era stata costruita una palazzina senza che nessuno ufficialmente abbia mai più saputo nulla di quelle armi.

LA MACCHINA DEL FANGO – Lo straordinario valore storico dell’archivio e la sua segretezza hanno però reso quei documenti una delle leve con la quale nei primi anni del secolo la truppa berlusconiana mosse una formidabile macchina del fango. Il Dossier Mitrokhin andò ad alimentare e ad inquinare i lavori della commissione parlamentate d’inchiesta su Telekom Serbia e di quella non meno famigerata che prese il nome del padre del dossier, che dal 2002 fino alla sua vergognosa chiusura produsse una mole di calunnie, per lo più incredibili già a prima vista. La Commissione Mitrokhin si segnalerà in assoluto come fonte di storie incredibili, perché se la Telekom Serbia mirava a bollare Romano Prodi e altri big del centrosinistra come corrotti, quella presieduta dal vulcanico senatore Paolo Guzzanti presenterà agli italiani Romano Prodi nell’incredibile veste di agente di Mosca.

Paolo Guzzanti

DUE COMMISSIONI, UNA SOLA BUFFONATA – Le analogie tra le storie delle due commissioni furono notevoli, Telekom Serbia vide tra i suoi mattatori il sedicente conte Igor Marini, mentre quella Mitrokhin portà alla ribalta Mario Scaramella, spregiudicato mestatore che come Marini finirà in carcere dopo il crollo del suo castello di carte. Che fino a che è durato ha prodotto decine di articoli scandalizzati e di titoli ad effetto per i media controllati da Berlusconi, salvo poi sparire da un giorno all’altro quando Guzzanti finirà spernacchiato persino dai suoi e la commissione chiuderà senza approvare una relazione.

I PROTAGONISTI DELLA FARSA – Nelle more di questa fantasiosa catena di costruzioni fondate sul nulla finirono in galera anche quattro cittadini ucraini, poi assolti, perché il fatto non sussiste, dopo essersi fatti un anno e mezzo di galera perché indicati come corrieri di armi letali che dovevano servire ad attentare alla vita dello stesso Scaramella e del senatore Guzzanti.Si trattava di autotrasportatori che facevano servizio di posta per i loro connazionali, qualcuno infilò nel loro carico un pacco con due grate scariche e un detonatore che non poteva funzionare, ma tanto bastò perché fossero arrestati proprio su indicazione di Scaramella, che diceva di aver avuto informazioni precise sugli attacchi in preparazione.

CIALTRONERIE A RUOTA LIBERA – È il fantastico mondo dei nostri servizievoli servizi, nel quale personaggi in cerca d’autore sono trascinati fino a diventare interpreti di copioni che non son all’altezza di recitare, ma che prima di essere sbugiardati com’è normale tengono la scena a lungo, finendo per essere accreditati da politici e procure, almeno finché dura. Scaramella arrivò a denunciare rischi nucleari con l’imminente arrivo in Italia di barre d’uranio, e addirittura la possibilità che un’antenna collocata sul Vesuvio potesse  innescare quattro missili atomici sistemati in un sottomarino nucleare classe Novembre della V Squadra della marina sovietica e affondato nel Golfo di Napoli il 10 gennaio 1970. E fino a qui gli hanno creduto, almeno fino a che due suoi guardaspalle (?) hanno crivellato l’auto di un pregiudicato napoletano, accusandolo poi di essere stato a guardia di una postazione sovietica e di aver provato ad ammazzarli. Scampato al fuoco scappando con l’auto, l’uomo risulterà poi del tutto estraneo a faccende del genere, faceva la guardia a armi della camorra e non ha mai sparato a Scaramella e ai suoi.  E gli hanno creduto anche quando ha spiegato che:

«L’armamento di guerra in arrivo in Italia serve a un attentato voluto dai servizi di sicurezza russi ed ucraini per minacciare il presidente della commissione Mitrokhin e il sottoscritto. Il colonnello Litvinenko mi ha specificato che gli esecutori sarebbero “mafiosi ucraini legati ai servizi di quei Paesi e tramite questi collegati al terrorismo islamico in Italia, facente capo al movimento Al Qaida.»

UN FANTASY DI SUCCESSO – Nessuno dei magistrati gli ha chiesto se fosse coinvolta anche la marmotta che incarta il cioccolato e ci han messo anche parecchio ad accorgersi dell’innocenza dei poveri ucraini, letteralmente caduti dalle nuvole alla scoperta di armi che non erano armi tra il loro carico di posta per i connazionali emigrati da noi. La Commissione Mitrokhin finirà così nel nulla, agli atti ci sono ancora i lamenti contro il mondo ingrato di Paolo Guzzanti che la guidò con determinazione sulla strada della calunnia costruita ad arte, avvalorando qualsiasi fantasia di Scaramella e anche aggiungendoci del suo, come peraltro in senatore Trantino, che arrivò con Guzzanti ad annunciare di aver trovato la prova regina contro Prodi, salvo poi scoprire che il suo super-testimone era tale Vincenzo Vittorio Zagami, un truffatore che si spacciava per agente del Sisde nel vano tentativo di uscire dal carcere.

LA GALERA SOLO PER LE PEDINE – Un fantasy all’italiana, con Scaramella che si finse pure vittima di un avvelenamento da polonio sfruttando l’omicidio di un noto ex agente sovietico con quel sistema, periodiche «rivelazioni» del tutto inverosimili, ma che conquistavano comunque le prime pagine dei media nazionali rovesciando su Prodi e sul suo governo ogni genere di calunnia. Anni persi dietro a questo indegno teatrino, con le procure impegnate a mettere ordine in questo delirio e spese ingentissime per montare e smontare un castello di storie apparentemente fondate solo sull’esistenza di un gruppo di mestatori dedicato all’unico scopo di calunniare il centro-sinistra e in particolare Romano Prodi. Nessuno dei calunniati durante l’esistenza delle due commissioni sarà mai neppure indagato sulla base delle presunte rivelazioni, in galera andranno i millantatori, i mestatori a contratto, mentre nessuna conseguenza hanno subito i politici che si sono distinti attivamente per produrre questo scempio o chi li ha assecondati, i media che hanno cavalcato per anni queste vicende se n’erano già dimenticati il giorno dopo che divenne incontestabile che si fosse trattato solo di un circo di pessimo gusto .