Unioni civili, ora nessun sindaco potrà opporsi: cosa cambia con i decreti attuativi
15/01/2017 di Redazione
Con l’approvazione di ieri in Consiglio dei Ministri dei decreti attuativi sulle unioni civili si completa il percorso normativo e ordinamentale della legge Cirinnà approvata in Parlamento la scorsa primavera (che era già operativa o ora diviene definitiva). Con il via libera del governo vengono chiariti tutti i punti critici che sono emersi in fase di attuazione fissando principi e pratiche inderogabili, rispondendo, tra l’altro, pienamente alla disciplina prevista dalla legge Ue in base alla sentenza della Corte dei diritti dell’uomo del 21 luglio 2015.
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UNIONI CIVILI, COSA CAMBIA CON L’APPROVAZIONE DEI DECRETI ATTUATIVI
In sostanza decreti attuativi della legge sulle unioni civili chiariscono passaggi scivolosi. Chiariscono, ad esempio, che (come per il matrimonio tra due persone di sesso diverso) anche l’unione civile può essere celebrata in pericolo di vita in nave o in aereo, che il matrimonio contratto all’estero da persone dello stesso sesso produce in Italia gli effetti dell’unione civile e che questo questo vale solo per i cittadini italiani (mentre per lo straniero continua a valere la legge del suo Stato, secondo i principi del diritto internazionale privato). Ma non solo. I decreti attuativi della legge Cirinnà chiariscono anche che d’ora in poi sarà sufficiente il certificato di stato libero (al posto del nulla osta del Paese di origine) per quegli stranieri provenienti da Stati nei quali l’orientamento sessuale sia causa di discriminazione e nei quali l’omosessualità sia penalmente sanzionata (un punto sul quale in questi mesi si sono verificate criticità con comportamenti difformi da parte dei sindaci). I decreti attuativi hanno poi fissato la possibilità di delega delle funzioni di ufficiale di stato civile per celebrare l’unione civile (così come avviene per il matrimonio) a consiglieri, assessori o privati cittadini che abbiano i requisiti per essere eletti consiglieri comunali. Infine, è stato specificato che l’opzione facoltativa dell’adozione del cognome del partner non dà seguito ad alcuna modifica dei dati anagrafici (non c’è dunque alcuna modifica del codice fiscale o di altri documenti). Hanno scritto Maria Novella De Luca e Caterina Pasolini su Repubblica:
Nessun sindaco dunque potrà rifiutare, d’ora in poi, di celebrare una unione omosessuale, o di relegare quell’atto in una sede defilata, negando municipi e sale d’onore, o magari presiedere quella cerimonia senza la fascia tricolore. Perché i decreti attuativi firmati dal ministro della Giustizia, entrano nel dettaglio, spiegando ad esempio che un matrimonio omosessuale avvenuto all’estero, deve essere trascritto in Italia, automaticamente, come unione civile. Oppure che la scelta di un «cognome di famiglia», dopo l’unione civile, non comporta la decadenza del proprio codice fiscale. E anche la coppia omosessuale, esattamente come accade nel matrimonio, potrà chiedere di essere “unita” da un privato cittadino, e non soltanto da un ufficiale di stato civile. Importante il passaggio che riguarda le unioni civili dove uno dei partner è straniero ed arriva da paese omofobo. In questo caso, per poter dire sì, non avranno bisogno di un nulla osta che il paese d’origine potrebbe loro negare, ma semplicemente di un certificato di “stato libero”.
(Foto da Pixabay.com)