Valentina Tarallo aveva 29 anni ed era arrivata a Ginevra per dottorato in biotecnologia, in un laboratorio dove poteva sviluppare le sue ricerche tumorali. Ed ha trovato la morte lunedì notte proprio a Ginevra, uccisa a sprangate a causa di una rapina finita nel sangue.
Il quotidiano elvetico 20 Minutes riporta la testimonianza di un uomo che lunedì notte ha trovato Valentina Tarallo riversa a terra in una pozza di sangue, non lontano dall’ospedale dove lavorava la giovane ricercatrice torinese. L’uomo, che abita in avenue de la Croisette, dove è avvenuta l’aggressione, ha riferito di aver sentito attorno a mezzanotte un urlo, e poi il rumore di ferro sull’asfalto. Si è affacciato alla finestra e ha visto la ragazza accasciata: «Accanto a lei – ha detto l’uomo – C’era una spranga di ferro lunga 60-70 centimetri, probabilmente l’arma con cui è stata colpita e ferita ridotta in fin di vita». È stato l’uomo chiamare i soccorsi: i tentativi di rianimazione sono proseguiti a lungo, ma Valentina Tarallo è morta in quella strada.
Si cerca l’aggressore di Valentina Tarallo, che avrebbe tentato di rapinare la ragazza ma che, davanti alla sua difesa l’avrebbe aggredita e colpita con una spranga si di ferro. Gli inquirenti sono sulle tracce di un «giovane uomo, di colore, alto almeno un metro e novanta».
Intanto a La Loggia, il comune in provincia Torino di cui era originaria Valentina Tarallo, è il momento del cordoglio: i famigliari della ragazza sono chiusi nel proprio dolore e il professor Franco Merletti, direttore dell’unità di Epidemiologia dell’Università di Torino dove Valentina si era laureata la ricorda come «una giovane donna brillante e studiosa». Per questo Valentina era andata a Ginevra, per studiare e portare avanti le proprie ricerche. Scrivono Federica Cravero e Carlotta Rocci per La Repubblica, raccontando cosa aveva portato Valentina Tarallo nella città Svizzera:
Dopo la laurea in biotecnologie all’università di Torino, aveva pensato molto al luogo in cui sviluppare le sue ricerche sulle cellule tumorali. Aveva partecipato sia a un bando in Svizzera che a quello dell’ateneo umbro. E li aveva vinti entrambi, ma alla fine aveva scelto Ginevra. Perché era un ambiente stimolante e perché avrebbe perfezionato le lingue, sia l’inglese parlato in laboratorio che il francese parlato fuori. […] Un cervello in fuga, dunque, ma per scelta. “Ogni volta che un nostro studente va all’estero siamo dispiaciuti, ma non è detto che poi non ritornino – commenta il direttore del laboratorio Franco Merletti – Non riesco ancora a credere a quello che è accaduto. Sarebbe stato bello che un’intelligenza come quella di Valentina tornasse un giorno nella nostra università, arricchita delle esperienze fatte fuori: era una ragazza che sapeva davvero fare gruppo, brava a lavorare in équipe, e in campo medico questa è una cosa molto importante “.
(Photocredit copertina: ANSA)