Il primo ministro nepalese dice di temere che il terremoto abbia provocato 10.000 vittime e che ci sono ancora molte comunità che devono essere raggiunte dai soccorsi.
Il primo ministro nepalese Sushil Koirala ha detto di temere che il numero delle vittime del terremoto possa arrivare a 10.000, raddoppiando così le stime correnti. L’ONU per parte sua ha annunciato che ci sono 8 milioni di nepalesi compiti dal terremoto e che la «sfida principale» è nel raggiungere le comunità più isolate e le aree più colpite.
Mentre i soccorsi continuano il conto ufficiale delle vittime è arrivato ieri sera a 4.310, ai quali s’accompagnano quasi 8.000 feriti. Le squadre di soccorso stanno ancora scavando tra le macerie a Kathmandu, ma le forti piogge ostacolano i soccorsi e anche le colonne che stanno attraversando il paese per raggiungere le zone più remote, per non dire di come stiano affliggendo i nepalesi che anno deciso o che sono stati costretti a passare le notti in tenda.
Uno dei problemi strutturali che limita l’azione dei soccorsi è la mancanza di aeroporti, quelli disponibili permettono infatti solo il decollo e l’atterraggio di piccoli velivoli, limitando così la possibilità di recapitare aiuti e macchine per i soccorsi, che a 3 giorni dal sisma non hanno ancora raggiunto un discreto numero di località rimaste isolate. Si teme inoltre per la scarsità di cibo, acqua e medicinali, così come per le scorte di emoderivati per le trasfusioni, deficit che non possono essere colmati dalla buona volontà dei giovani nepalesi, accorsi volontari per aiutare nei soccorsi e nella rimozione delle macerie.
Ci sono ancora 40 italiani da rintracciare nel paese secondo il MAE, 18 sono stati invece rintracciati e stanno bene, mentre 4 sono le vittime italiane accertate. Se è vero che si sono visti all’opera soccorsi di «prima classe» per gli stranieri, è altrettanto vero che gli ostacoli naturali si stanno dimostrando difficilmente sormontabili anche per i soccorritori che hanno a disposizione elicotteri ed attrezzature moderne.