Non c’è alternativa per la vecchia Ditta, va ricostruito il centrosinistra in chiave ulivista. Pierluigi Bersani si trattiene a stento di fronte ai cronisti alla Camera dei deputati, dopo i risultati deludenti del Partito democratico ai ballottaggi. Dice che parlerà soltanto dopo i ballottaggi, che ora la priorità è vincere le elezioni e non mancano i rischi pure in vecchi fortini come Torino e Bologna. Ma se da una parte rimanda tutto a dopo il secondo turno, dall’altra attacca testa bassa la “ditta” Infatti, quel che si lascia “sfuggire” è un attacco diretto al segretario: «A sinistra abbiamo un’emorragia, perdiamo voti.
Bersani striglia la segreteria, ma invita pure chi, come il candidato di Sinistra Italiana Stefano Fassina non ha fatto bene alle elezioni, a recuperare un senso di unità. Spiega Repubblica:
Dopo la batosta che il Pd ha preso al primo turno delle amministrative, l’obiettivo di cui parla l’ex segretario resta quello di correggere Renzi e «ricostruire il centrosinistra, cambiare strada». Perciò breve colloquio in un corridoio di Montecitorio di Bersani con Fassina, Alfredo D’Attorre e Carlo Galli, i fuoriusciti del Pd in rotta di collisione totale con il PdR, il partito renziano, al punto che al ballottaggio a Roma danno indicazione di votare scheda bianca. «Tesso la tela con la sinistra? Ma no, fa tutto il segretario…», è la stoccata del leader della minoranza al partito personale renziano. E a sera, ascoltando Renzi in tv a Otto e mezzo che lo accusa di essere coerente nel dire che va tutto male, ironizza: «Beh, imparo da Renzi che è colpa mia…». Polemiche sotto traccia.
Bersani difende pure il senatore della minoranza Federico Fornaro, preso di mira dall’Unità e accusato di essere un “manutengolo”e di aver falsificato i dati sul risultato del Pd:
«Fornaro è una persona seria e perbene, non può essere trattato così dal giornale di Gramsci, le cifre sono quelle lì», lo difende Bersani. Comunque le polemiche sono rinviate al 20 giugno: «Per me la ditta è la ditta, è il Pd e l’Ulivo, è solo quella. Certo che mi impegnerò per i ballottaggi, aspetto che mi dicano il calendario e vado in giro a fare iniziative, però…». Quel “però” che resta sospeso e brucia dalla voglia di farsi strada («È dura…»), anche se prudenza impone («Siamo persone serie») di aspettare il secondo turno prima di chiedere e pretendere una resa dei conti, che vada dalla linea politica del partito al cambiamento dell’Italicum. «Sì in queste elezioni non si è voluta vedere la mucca in corridoio», scherza ricordando che «le metafore del Bersani», i suoi proverbi, detti emiliani e aneddoti, sono «orecchiate dal popolo». Quello che Renzi, i suoi e tutto il partito non hanno voluto vedere è che «il Pd così perde, gli elettori di sinistra ci hanno abbandonati, il partito non è più accattivante per quegli elettori lì, perché ha caricato i trasformisti e ha trattato meglio Verdini e Berlusconi che la sinistra interna». Al contrario, ha parole dolci per Fassina: “Con Stefano c’è un rapporto personale che non si guasta, lui è come un peluche». Vuol dire “tenero”, nel gergo bersaniano,mentre Verdini, l’alleanza sbagliata e «più dannosa che utile» è per Bersani un po’ «feltro», ruvido, pruriginoso.
Preoccupa la sinistra dem soprattutto la sconfitta nelle periferie della città. Il Pd perde 20 punti alla Barriera di Milano a Torino, paga dazio nei quartieri più lontani dal centro nella Capitale. Al contrario, è il più votato ai Parioli e a Prati a Roma. Per la minoranza non è un caso e si contesta le scelte economiche del premier:
Compresa «l’idea sbagliata di togliere la tassa sulla prima casa a tutti anche ai miliardari».