Donazioni quadruplicate e contratti a progetto: il bilancio 2016 della fondazione Open di Matteo Renzi

Categorie: Italia, Politica

Il Fatto Quotidiano fa i conti alla fondazione di Renzi nell'anno del del referendum perso

Poche settimane fa la fondazione Open, nata per sostenere l’attività politica di Matteo Renzi, ha chiuso il bilancio: il Fatto Quotidiano lo ha esaminato a fondo, dai finanziamenti ricevuti alle voci di uscita. Cioè che emerge è che nell’anno del referendum i contributi incassati sono quadruplicati, superando quelli ricevuti dall’intero Pd. Arrivano da armatori (Moby), deputati e immobiliaristi, ma metà dei quasi 2 milioni di euro giungono da donatori anonimi. Per quanto riguarda le spese il paradosso: nel periodo più caldo della campagna referendaria la fondazione Open stipula 26 contratti a progetto, proprio quelli che il Jobs Act si proponeva di eliminare.



CHI SONO I FINANZIATORI DELLA FONDAZIONE OPEN

A finanziare nel 2016 la fondazione Open di Matteo Renzi sono state 48 aziende e associazioni che hanno versato in tutto un milione di euro e 63 persone fisiche che hanno contribuito con 900 mila. «Poi – aggiunge Mattia Feltri sul Fatto Quotidiano – ci sono 5.800 euro arrivati tramite Pay Pal, contributi classificati come “non identificabili”. Ma i donatori che accettano di essere identificabili sono pochi. E oltre la metà delle risorse raccolte da Open nel 2016 arriva da finanziatori che vogliono restare anonimi. Per non essere collegati a Renzi, si suppone».

I FINANZIATORI NOTI DELLA FONDAZIONE OPEN, IN ORDINE DI GENEROSITÀ

CONTI IN ROSSO E CONTRATTI A PROGETTO: LE SPESE DELLA FONDAZIONE OPEN

La fondazione Open di Matteo Renzi chiude il bilancio 2016 con una perdita di 165.967 euro, proprio nell’anno in cui – per ovvie ragioni referendario – le entrate erano state quattro volte superiori all’anno precedente. Le spese sono quelle «per le attività tipiche di un partito politico, perché Open non ha altra missione che sostenere le iniziative politiche di Renzi, dentro il Pd ma non solo», spiega il Fatto Quotidiano: consulenze varie in sondaggi e comunicazione (oltre 500.000 euro), organizzazione di eventi (quasi 250.000 euro), foto e video e quasi 900.000 euro per campagne promozionali.



L’unica voce che non rappresenta una grande spesa è quella dei contratti di lavoro: nel 2016 la fondazione Open ha speso in personale 52.859 euro, per «26 contratti a progetto – una delle forme di precariato che il Job Act renziano aveva promesso di abolire – per la fase più calda della campagna referendaria: dal 20 ottobre fino al 10 dicembre 2016», spiega il Fatto Quotidiano. I conti si fanno in fretta: in media la fondazione Open ha pagato i suoi dipendenti 2.000 euro lordi per 50 giorni di lavoro. «I vertici della fondazione – specifica però Mattia Feltri – non prendono gettoni per esercitare le proprie cariche».

Foto copertina: ANSA/MAURIZIO DEGL’INNOCENTI