La Buona Scuola non viola il diritto dell’Unione Europea perché conforme alla direttiva sul lavoro a tempo determinato. Pertanto non è necessario riaprire più il caso. A ribadirlo è la Commissione Ue nella risposta (datata 15 gennaio) ad un’interrogazione parlamentare dello scorso 25 novembre presentata a Bruxelles dalle eurodeputate del Movimento 5 Stelle Laura Agea e Isabella Adinolfi. Le due parlamentari europee, iscritte al gruppo EFDD (Europa della Libertà e della Democrazia Diretta), avevano chiesto alla Commissione se la riforma italiana dell’istruzione, la legge 107 approvata defintivamente lo scorso luglio, non fosse lesiva dei principi di irretroattività della legge e al principio di uguaglianza e non discriminazione.
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La Buona Scuola – avevano scritto Agea e Adinolfi nell’interrogazione – «manifesta non solo presunti profili di incostituzionalità, ma anche violazioni del diritto dell’Unione Europea». La riforma – spiegavano ancora le eurodeputate – «realizza, in concreto, la perdita della titolarità di cattedra su posto/sede in un organico di diritto per il personale assunto prima dell’entrata in vigore della predetta legge. Tale disposizione è di dubbia legittimità con riferimento al principio di irretroattività della legge e al principio di uguaglianza e non discriminazione, giacché introduce una disparità di trattamento nelle posizioni lavorative tra docenti assunti a tempo indeterminato ante e post legem. Nella specie, si verrebbero a creare due categorie di lavoratori, astrattamente omogenee, ma con trattamento differente, soprattutto con riferimento alla posizione nei confronti del dirigente scolastico». Ma non solo: «La riforma – denunciavano Agea e Adinolfi – introduce anche una grave violazione della libera circolazione dei lavoratori: la mobilità, secondo la predetta norma, comporterà automaticamente l’ingresso dei docenti nel nuovo sistema di ambiti territoriali, la qual cosa ne costituisce un forte deterrente».
«La Commissione – è stata la risposta di Marianne Thyssen (Commissario europeo per l’occupazione, gli affari sociali, le competenze e la mobilità del lavoro) – ha ricevuto diverse denunce in merito all’abuso di una successione di contratti a tempo determinato nella scuola pubblica italiana. Poiché la questione sollevava un problema di ottemperanza alla clausola 5 dell’accordo quadro allegato alla direttiva 1999/70/CE sul lavoro a tempo determinato il 20.11.2013 la Commissione ha inviato all’Italia un parere motivato». Ma l’Italia – ha spiegato Thyssen – nella sua «importante riforma del settore scolastico» ha introdotto «una limitazione della durata dei contratti temporanei stipulati con il personale docente, educativo, amministrativo, tecnico e ausiliario ad un massimo di 36 mesi, anche nel caso in cui tali contratti non siano successivi», e inoltre ha previsto «anche una compensazione per i danni risultanti dall’abuso di contratti successivi a tempo determinato per tutto il personale della scuola». Dunque – ha scritto ancora il Commisario europeo – siccome è stata adottata una delle misure volte a prevenire l’abuso di contratti successivi a tempo determinato citate nella clausola 5 «la legge è ora conforme al disposto della direttiva sul lavoro a tempo determinato».
(Foto di copertina: CLAUDIO ONORATI / ANSA)