Una guerra tra hacker? Una vendetta personale? O c’è qualcosa di più dietro all’attacco informatico alla piattaforma condivisa Rousseau (quella utilizzata dal Movimento 5 Stelle per confrontarsi con gli attivisti su leggi e voti online) da parte dell’account Rogue0? È stato lui stesso a spiegarlo in un’intervista a Wired: «Non faccio parte di un complotto politico, ha fatto quello che ho fatto solo per una questione di interesse».
Tutto è partito dall’attacco al sistema informatico del Movimento 5 Stelle da parte di un altro hacker, un certo Evarist Gal0is, un cosiddetto white hat, un cappello bianco che entra in un sistema per poter offrire il suo contributo e migliorarlo. Rogue0, invece, è un black hat, e – come ha affermato – agisce per interessi personali: «Sono stato admin della Casaleggio Associati per tanti anni e posso fregiarmi di questo nome. Loro con il Movimento 5 Stelle e il blog di Beppe Grillo non sono diversi da tanti altri politici. Solo che sono venuti a invadere la nostra casa con tutte le idiozie sulla rete e con un’incompetenza geniale».
Poi ha continuato: «Avrei messo in vendita tutti i dati di cui ero entrato in possesso e ho fatto circolare la bufala di Matteo Renzi che avrebbe donato un milione di euro al Movimento 5 Stelle solo per fare un test. Ma, in ogni caso, ho fatto le operazioni di hackeraggio solo per dimostrazione nei confronti del cappello bianco Evarist Gal0is».
Rogue0 aveva condiviso online, sul suo sito e sui suoi profili social (poi oscurati) centinaia di dati sui simpatizzanti del Movimento 5 Stelle, l’entità delle loro donazioni e i loro identificativi. L’episodio aveva gettato nel panico l’intero mondo dei pentastellati (alcuni esponenti politici hanno anche «conversato» con l’hacker via social network) e aveva sollevato dubbi sulla piattaforma Rousseau e sulla sua effettiva sicurezza in caso di votazione online.