SOS Neuroblastoma: anche la solidarietà ha un limite

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La prima causa di morte per i bambini sotto i sei anni, un tumore studiato in  tutto il mondo perché aiuta a scoprire come battere anche i tumori degli adulti. Un’associazione che combatte per sconfiggerlo e che sta lottando contro la crisi economica, per continuare a dare una speranza



E’ una storia che non si vorrebbe raccontare, perché ogni parola è una ferita che si riapre. Ma bisogna raccontarla, anche se è una piccola storia come tante. La storia del danno che la crisi economica sta provocando per le ONLUS in Italia, che colpisce i più deboli ed indifesi. Come i bambini del neuroblastoma, e dell’Associazione che lotta per combattere questo male e che adesso deve combattere una battaglia per resistere e non fermarsi. Per non abbandonare quei bambini  che spariscono, inghiottiti da un male senza speranza.

IL NEUROBLASTOMA – Il neuroblastoma rappresenta il 10% dei tumori maligni dell’infanzia, il più frequente nei primi 5 anni di vita. Io l’ho conosciuto da vicino. Sono entrato nelle corsie dell’oncologia pediatrica del Gaslini, piene di bambini senza capelli e senza futuro. Ho passato lì dentro dei mesi, aggrappato alla speranza che le cure salvassero mio figlio. Ho conosciuto medici ed infermieri eccezionali. Ho visto bambini arrivare, occupare quelle piccole stanze, tornare più volte e poi sparire. Ho visto passare quei mesi troppo in fretta e finire in un pozzo nero senza fondo. Non sono il solo. In Italia ci sono circa 120 casi nuovi all’anno, nel mondo sono 15 mila, forse di più. Succede ad un bambino ogni mezz’ora. Non sono numeri enormi, se si pensa alla fame nel mondo. Ma se lo andate a dire ai genitori di quei bambini guardandoli negli occhi, loro risponderanno che il neuroblastoma è uno dei tumori più studiati al mondo, perché secondo molti medici e ricercatori, scoprirne le cause e trovare una cura potrebbe servire a curare anche molti altri tumori, anche quelli degli adulti. Quindi a salvare non solo i loro bambini, ma molti altri.



L’ASSOCIAZIONE PER LA LOTTA AL NEUROBLASTOMA – Dopo che il neuroblastoma mi ha fatto a pezzi, mi sono avvicinato ad una piccola associazione che voleva scalare quella montagna cattiva. Mi sono unito a tanti altri genitori senza più voce, innamorati dei loro bambini che per scalare la montagna si sono messi tutti insieme, con alcuni medici del Gaslini di Genova. Gli angeli dell’Associazione per la Lotta al neuroblastoma. Angeli che sono cresciuti: l’Associazione è stata fondata da 20 persone, tra genitori e medici, il 23 luglio 1993, ed ora ha più di 100 mila soci. In questi anni le cure sono migliorate, la ricerca ha fatto passi avanti, la mortalità si è ridotta. L’Associazione, attraverso la sua Fondazione ha finanziato la diagnostica per tutti i bambini italiani colpiti da Neuroblastoma. Oltre al proprio laboratorio di ricerca a Genova, presso l’Istituto Tumori, ha finanziato anche centri presso l’Istituto Gaslini Genova, l’Istituto Tumori di Milano e di Genova, il CEINGE a Napoli, la Città della Speranza di Padova, l’Enea a Roma, un centro presso l’Università di Trento, il Sant’Orsola a Bologna, il Policlinico di Catania, il Gemelli di Roma e il Meyer di Firenze.

I SOLDI E LA CRISI ECONOMICA – Le ricerche hanno ottenuto diversi successi, ma resta tanto da fare. Per i bambini che si ammalano delle forme più gravi, com’è successo a mio figlio, ci sono solo il 20% delle probabilità di sopravvivere. Da molti anni si cercano delle cure più efficaci, e un gruppo di ricercatori qualche mese fa ha fatto una scoperta che ha aperto interessanti prospettive per la cura. Tra di loro c’era anche un ricercatore dell’Associazione. Ma le ricerche costano, e per finanziarle servono tanti soldi, che l’Associazione trova con le campagne di Natale e Pasqua, con l’aiuto costante dei soci, con gente che organizza durante l’anno più di 100 manifestazioni, con oltre 750 giornate di raccolta presso vari centri commerciali, con le aziende che fanno donazioni. Purtroppo da qualche mese una terribile bufera, la crisi economica, si è abbattuta sulle ONLUS italiane. E la recessione è arrivata ben presto a colpire duramente anche l’Associazione per la lotta al neuroblastoma.



FILIPPO LEONARDO, IL DIRETTORE – Colpi duri, che rallentano le attività di ricerca. Che rischiano di bloccare la scalata alla montagna. Ne abbiamo parlato con Filippo Leonardo, Direttore dell’Associazione, che combatte 365 giorni contro la malattia, e che avevamo già intervistato un anno e mezzo fa.

Come sono colpite le ONLUS Italiane? E quando supereranno la crisi e se la supereranno?

Prima di tutto bisogna sottolineare che all’inizio l’Associazione e la Fondazione Neuroblastoma nel corso di 15 anni affiancavano lo Stato nel finanziamento della ricerca scientifica sul neuroblastoma ed i tumori solidi pediatrici, mentre oggi nel primo caso la finanziano per oltre l’85% in Italia, e nel secondo per circa il 50%, ricorrendo solo a risorse private. Come sempre quando un ente privato funziona, lo Stato arretra e lascia questo ente completamente solo a svolgere un certo ruolo.

Ma non c’è il 5×1000?

Notizie non pervenute. Certo, come tutti anche noi vantiamo dei crediti. Ma oggi non si può fare affidamento su un qualcosa che ci spetta ma di cui non si vede traccia all’orizzonte.

E allora?

E allora si conta sempre e solo sulla solidarietà degli oltre 100.000 soci, di alcune aziende, di molti genitori e nulla più. Ma tutto ora è maledettamente più difficile.

Fammi capire con qualche esempio

Pensa che se nel 2008 la donazione media era di 15 euro, nel 2009 è diventata di 12, e le donazioni non sono mica aumentate. Se nel 2009 una manifestazione aveva portato 12.000 euro, nel 2009 la stessa ne ha portati 8.000. Se un’azienda aveva donato 100 euro ora dona 70.

E quindi?

Quindi, con un maggiore impegno lavorativo si ottengono risultati del 25 – 30% in meno.

Insomma, siete costretti a ridurre le spese?

Per noi c’è poco da ridurre: l’Associazione ha solo 4 dipendenti, e opera esclusivamente con il volontariato gratuito dei suoi soci  e sostenitori. Le uniche “spese” sono i finanziamenti ai progetti di ricerca. Ridurre vuol dire fermarli. Se le entrate diminuiscono le uscite aumentano, perché la ricerca costa ed ora è quasi a totale carico dell’Associazione e della Fondazione NB.

Insomma, anche la solidarietà degli italiani ha un limite?

Nel paniere degli italiani, con la diminuzione del potere d’acquisto, scompaiono o vanno in decrescendo quelle spese non strettamente necessarie alla sopravvivenza: si va meno in vacanza, anche perché molti da quest’anno sono in vacanza perenne. Si risparmi persino sul mangiare, si cambiano meno gli abiti. E si fa meno solidarietà, quindi si fa meno ricerca. E gli enti come i nostri sono costretti a tagliare i progetti e a ridurre i finanziamenti.

Nell’attesa del 5×1000?

No, come ti ho già detto: notizie non pervenute. Solo nella speranza che la solidarietà ritrovi il suo posto pieno, con il passare della crisi, nelle spese possibili degli italiani, perché enti come i nostri vivono per dare speranza solo grazie alla solidarietà e all’aiuto dei privati.

LA RICERCA HA BISOGNO DI SOLDI – Filippo si ferma qui, perché è un angelo. Io invece sono arrabbiato. Non con gli italiani che hanno smesso di fare donazioni, perché hanno paura di perdere il lavoro o sono costretti a “tagliare” qualche spesa familiare. Sono arrabbiato perché in questo paese che si riempie la bocca di famiglia e di bambini, si abbandonano al loro destino quelli più deboli ed indifesi. Quei genitori con gli occhi spenti, quei bambini senza capelli che ho ogni giorno davanti agli occhi. Quelli che dormono nelle corsie dell’ospedale mentre i papà si radono dentro le loro auto parcheggiate nei viali attorno al Gaslini, perché non hanno un posto dove andare. Ogni giorno rivedo Noemi, Luca, Gaia, Alessandro giocare con le flebo attaccate al petto. Bambini dal destino spezzato finiti dentro un pozzo nero. Penso che sia uno scandalo che il 5 per 1000 arrivi con anni di ritardo e nessuno dica niente. Penso che sia uno scandalo che il finanziamento di ricerche che servirebbero a molti venga lasciato quasi esclusivamente sulle spalle di privati “volenterosi”. Penso che sia uno scandalo che di queste cose non parli mai nessuno, mentre tutti corrono dietro alle dichiarazioni piene di niente di politici senza cervello e senza cuore, di destra e di sinistra.

UN PICCOLO GESTO – Ma quei genitori andranno avanti lo stesso. Perché non possono abbandonare quei bambini. Perché la bufera passerà, e anche in mezzo ad essa arriveranno comunque altri amici. Perché con uno Stato assente o addormentato, solo la solidarietà può salvare quei bambini. La solidarietà degli italiani, anche se messa a durissima prova da chi li ha abbandonati 5 x 1.000 volte, li sorreggerà. Speriamo anche con questa piccola ed insignificante storia. Gli angeli continuano ad agire. Ma hanno ancora, oggi più che mai, bisogno di tutti noi: non abbandoniamoli, facciamo qualcosa. Un piccolo gesto può essere di aiuto. Non abbandoniamoli. Facciamolo.

Giornalettismo sostiene la lotta al neuroblastoma

Grazie a Elisa Cortese