16 colpi di cacchio prima di andare a dormire

IMPARARE – Ci sedemmo sotto un albero e leggemmo il giornaletto dalla prima all’ultima pagina. Mi era difficile seguire bene la trama perché non capivo sempre esattamente dove il camionista Nick mettesse il suo sesso. C’erano sempre nuove possibilità, che fino ad allora erano rimaste inesplorate. Quando pensavi di aver capito, ecco che usciva fuori un nuovo pertugio. La scena finale comprendeva il protagonista che si faceva succhiare il pisello da due donne contemporaneamente. Non avevo mai pensato che le donne potessero succhiarti il pisello ma ad occhio e croce mi sembrava una grande idea. Tutto stava a convincerle a farlo, ma il protagonista di Paradise non sembrava avere di questi problemi. Ci sapeva chiaramente fare con il suo camion e alle donne sembrava piacere pressoché all’istante. Ogni sosta all’autogrill si trasformava in una “bella chiavata” e c’era sempre qualche cassiera molto scollata che poi finiva per darsi da fare nel retrobottega. Marrachelli si congedò con permesso, si prese il giornaletto, e andò a farsi una sega in disparte, in piedi dietro un albero. Io ero troppo turbato da tutto quello che avevo visto e sentito e declinai l’invito. Da allora io e Marrachelli, uniti dalla ghiaia e dal turpe segreto, diventammo compagni di seghe inseparabili. Andavamo a casa sua dopo la scuola, leggevamo Gin Fizz e guardavamo le puntate registrate di Colpo Grosso. Nonera come Paradise, ma io ero più a mio agio con le tette che con le triple penetrazioni. Erano decisamente più facili da capire. Marrachelli si copriva le sue pudenda con un giornaletto e io mi coprivo le mie con un altro e ci facevano una sega in compagnia, ciascuno col suo viaggio, ciascuno diverso, ciascuno in fondo perso. Poi si eiaculava, o almeno lui eiaculava, e si giocava insieme ai videogiochi. Era una spada Marrachelli ai videogiochi. Infine un giorno fondammo il Club del Porno, un circolo vizioso ed esclusivo che comprendeva anche un certo Pirotti, che però, così si diceva, ce l’aveva corto (non c’erano requisiti minimi di iscrizione). Il Club del Porno comportava tra gli oneri il dover andare a turno a comprare un giornaletto porno. Miravamo a espandere il capitale sociale, erano i magnifici anni ’80, la Milano da bere, e quelle robe lì. C’erano giornalai che te li davano, probabilmente convinti della funzione pedagogica di un bel paio di pere, e giornalai che non te li davano, e ci segnalavamo alla più vicina comunità neocumenale. A me, per inciso, non me li davano mai, quasi che un bambino con l’apparecchio, le scarpe ortopediche e gli occhiali non avesse diritto a una sua sessualità.

IL CLUB – Dati i miei scarsi contributi potevo essere estremesso dal Club del Porno ma per fortuna eravamo solo in tre e alla fin fine non conveniva a nessuno. Me la cavai con una strigliata di capo, ma nessuno contestava il mio impegno. Ero sempre lì con il mio giornaletto a dare di gomito, a dare il mio contributo. Fu proprio in quel periodo, se non erro, che Pirotti forse per compensare le voci sulla sua pochezza virile prese ad andare in giro con una foto di una vulva nel portafogli. La vulva constava di un rettangolino di 3 cm per 3, che metteva nel suo Invicta rosa fucsia nel comparto degli spicci. Quando andavamo a comprare la pizza cominciava a essere un problema e per questo mi ero guadagnato l’imperitura amicizia del Pirotti offrendomi di comprargli qualsiasi cosa sotto le mille lire di cui avesse bisogno. Una vulva estrapolata da un contesto non è un gran bell’oggetto va detto, ma Pirotti la mostrava a tutti, quasi che fosse merito suo che esistesse un oggetto di tal guisa. Sembrava una specie rara di malattia tropicale, ed era molto più difficile da inquadrare della banale convessità di un pisello. Appariva come un organo interno dalle incertezze sembianze, un origami di escrescenze, un florilegio di bargigli. I pratica faceva vomitare, anche se non si poteva dire. Nel frattempo Marachelli faceva progressi, io un po’ meno. Un giorno mi raccontò che si era sborrato sui capelli, un altro sul soffitto. Ci ho creduto fino a 25 anni, come un dogma. Tuttora stento a convincermi che non fosse vero. Poi un giorno Marrachelli si mise con Raffaella Vignoli e il club del porno andò alla deriva. Avevo solo Pirrotti nella mia squadra e neanche lui era granché portato per comprare giornalini porno. Per non parlare di farsi le seghe insieme, non ne voleva sapere. Forse era omosessuale. Non so di preciso cosa facesse Marrachelli con la Vignoli ma erano cose che io mi potevo solo immaginare. Anch’io volevo una fidanzata e avevo un piano per ottenerla. Impararai a memoria Gimme Five di Jovanotti, tratta l’album Jovanotti for President. L’avevo comprato in forma di audiocassetta pirata a tremila lire da un marocchino su una spiaggia calabrese in cui andavo in vacanza con i miei. Se pensate che la scena non sia sufficientemente triste posso anche aggiungere altri dettagli. Volevo fare colpo su Marta Miceli e tradurre le mie fantasie in realtà (fare colpo su Georgie e Lady Oscar era senz’altro fuori dalla mia portata). Sarei sceso al suo pianettorottolo durante l’ora di ricreazione, l’avrei incrociata sulle scale e le avrei cantato: “It’s a new sensation really good vibrations c’mon gimme five body stimulation tell it to everybody wanna be allright dig it as a game, give it like i like when you party to the left when you’re rockin’ to the right when you roll up, when you hold up when you fell dynamite”. O qualcosa che gli assomigliava dal punto di vista fonetico. E lei a quel punto si sarebbe alzata la gonna. Ma non andò esattamente così e se non andò così fu colpa di Daniele Corsetti, un frocetto del cazzo che era solito schernirmi perché avevo la cinta del Campero, una volgare imitazione della sua cinta del Charro, un accessorio paninaro di discutibile utilità. E poi mi scherniva anche perché, beh, perché ero io. Ero talmente buffo che se mi avesse visto una psicologa, di quelle che adesso vanno in televisione a parlare di bullismo, probabilmente mi avrebbe malmenato.

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