A cosa serve il liceo classico?
01/02/2016 di Clementina Coppini
Chissà perché c’è gente che si preoccupa che scompaia il liceo classico. Fanno le notti bianche per promuovere questa scuola in estinzione. Sul sito di un paio di licei classici c’era scritto che organizzavano spettacoli e roba varia in occasione di tale evento che era la prima volta che aprivano i cancelli di sera per ospitare tale attività. Ah, ecco, forse è per questo che questo genere di scuola è obsoleta. Fare qualcosa di vivo e divertente prima di arrivare alla disperazione no, vero?
Grande è la spocchia con cui gli ex studenti di tale genere di liceo se la tirano, come se bastasse studiare tre declinazioni di greco e cinque di latino e distinguere l’ottativo dall’aoristo per essere persone di fine cultura nonché i depositari del sapere umanistico. Ma va là.
Spocchia che purtroppo hanno ereditato tanti studenti che non si sono ancora diplomati.
Ma come fa nel terzo millennio un adolescente a dire banalità tipo “è la scuola che educa la classe dirigente del futuro” o “al classico s’impara più che in ogni altra scuola il metodo di studio” oppure “il classico insegna a pensare”. Per cortesia. Sono decenni che il classico non educa la classe dirigente del futuro (anche se abbiamo ministri in carica che, avendo fatto il classico, ritengono di poter occupare dicasteri in cui servono competenze specialistiche senza peritarsi di raccattare anche fuori tempo massimo uno straccio di laurea). Il metodo di studio si impara dappertutto, basta chinare la testa sui libri e non alzarla finché non si sanno le cose e, quanto al ragionare, una testa funziona se le rotelle girano e non Eschilo né Sofocle né Tacito possono operare il miracolo di far ragionare una zucca vuota. Che il classico sia la scuola più difficile di tutte è una falsa credenza messa in giro da quelli che lo hanno frequentato. Dove sta scritto che è più difficile tradurre un brano di Cesare che fare un soufflé o disegnare una tavola di tecnica?
Ci sono licei classici che, in barba a qualsiasi riforma, si ostinano a chiamare i primi due anni IV e V ginnasio e gli altri prima, seconda e terza liceo, come se fossimo ancora nell’Ottocento. Ci sono licei classici dove la matematica e l’inglese vengono ritenute materie secondarie nelle quali è quasi ritenuto un merito non eccellere.
Il liceo classico è un luogo dove si ripopolano quelli che si credono di saper tutto loro, che si figurano che sia intelligente vivere lontani dal proprio tempo e che per essere intellettuali basta non avere lo smartphone e non saper usare le console.
“Io non uso Splash latino e non guardo Wikipedia, preferisco andare in biblioteca”. “No, io non ho mai giocato alla Playstation, ho sempre preferito i libri”. Ma che meraviglia questa gente che leggeva l’Iliade in prima elementare e che non cerca aiuto sul web!
Son proprio loro che tutti stanno aspettando diventino la classe dirigente del futuro. Per fortuna ci sono alcuni studenti del classico belli indirizzati e svegli che sanno usare i device e vivono nel mondo dei vivi e non nella città dei morti. Ma questo modello c’è anche nelle altre scuole e, visto com’è la generazione entrante, non sarà facile per i maturati classici intortare i coetanei con tre frasi in latinorum. Tu provaci e quelli ti tirano i miniciccioli sul Rocci e sul Castiglioni Mariotti.
Pertanto, o tredicenne che devi scegliere la scuola superiore, pensaci bene prima di andare al classico solo perché sei un secchione o perché non sei una ciofeca umana a scrivere i temi. Pensaci bene e vai al classico non perché ti senti un’anima eletta nel fare una scuola che non serve a una mazza, ma soltanto se lo desideri con tutti i tuoi gangli cerebrali.
Il classico non si estingue perché i giovani diventano sempre più ignoranti: si estingue perché ha rotto le palle.
Una cosa però devi sapere, o ragazzino che andrà alle superiori: il liceo classico, se lo prendi per il suo verso (cioè non lo vivi come un incubo, non ti comporti come una stupida scimmia ammaestrata che ripete le cose a memoria perché deve sentirsi eccellente e non scassi i marroni al prossimo con la tua presunta sapienza), ti darà cinque anni irripetibili, talmente irripetibili che magari ti verrà voglia di ripeterne qualcuno.
Chi scrive ha frequentato il liceo classico e si è laureato in lettere classiche e rifarebbe tutto daccapo senza pensarci due volte, ma questo non implica che la sua scelta sia buona e universalmente condivisibile, anzi si fa dei dubbi, anche perché non ha ancora capito a cosa realmente serva studiare le lingue morte. Presente quella frase che gira su internet? “La cultura non è la ciliegina sulla torta. La cultura è la torta.” Ecco, allora buon appetito.