A processo il pm Gozzo: per l’accusa ha passato notizie riservate al Fatto
04/07/2014 di Redazione
Con l’accusa di violazione di segreto d’ufficio, per aver passato notizie riservate a un cronista del Fatto quotidiano, il procuratore aggiunto di Caltanissetta Domenico Gozzo è stato rinviato a giudizio dal Gip di Catania Oscar Biondi. L’inchiesta è stata aperta dopo la pubblicazione del contenuto di alcune intercettazioni in carcere tra il boss Totò Riina e i suoi familiari. La prima udienza del processo si svolgerà a ottobre nel tribunale della città etnea.
DOMENICO GOZZO RINVIATO A GIUDIZIO – Già titolare del caso Dell’Utri, Gozzo ha coordinato l’apertura del Borsellino quater, il nuovo processo sulla strage di via D’Amelio, dopo il depistaggio ad opera dei falsi pentiti, Vincenzo Scarantino su tutti. Ai tempi dei vecchi procedimenti, come ha ricordato il Giornale, procuratore a Caltanissetta era Giovanni Tinebra, ora pg proprio a Catania, dove Gozzo si presenterà tra qualche mese come imputato.
Secondo l’accusa, sostenuta dal collega procuratore Carmelo Zuccaro, sarebbe stato Gozzo a passare al Fatto le intercettazioni. In una di queste Riina avrebbe minacciato il pm Nino di Matteo («Quest’anno la Juve è una bomba», disse, frase interpretata come un messaggio di morte), il magistrato che sta indagando sulla trattativa Stato-mafia a Palermo.
LA VICENDA – Nell’ottobre dello scorso anno, dopo la pubblicazione degli articoli sulle intercettazioni di Riina, erano state perquisite le abitazioni dei giornalisti del Fatto Giuseppe Lo Bianco e Sandra Rizza (così come quella di Riccardo Lo Verso, del quotidiano online LiveSicilia, che aveva riportato la stessa notizia). Nell’abitazione di uno dei cronisti del Fatto sarebbero stati trovati anche dei file che confermavano contatti con Gozzo. Era così stata aperta l’inchiesta, poi trasferita a Catania per competenza. Ora il rinvio a giudizio del magistrato: a difenderlo sarà l’avvocato palermitano Francesco Crescimanno. Come riporta il quotidiano on line “Sud Press”, però, fu lo stesso Gozzo, dopo la fuga di notizie con la pubblicazione delle intercettazioni, «ad attivarsi d’urgenza». Tanto che «su sua indicazione vennero inviati gli atti a Catania».