Senato vuoto: così è stato affossato lo ius soli. Assenti 1/3 dei dem e tutti i grillini

In quella che con ogni probabilità sarà l’ultima seduta del Senato prima dello scioglimento delle Camere è stato affossato lo ius soli, la norma che avrebbe garantito la cittadinanza italiana ai figli degli stranieri nati, cresciuti, educati e istruiti nella Penisola. Dopo anni di discussioni animate e manifestazioni, sia dei favorevoli che dei contrari, il prevedibile naufragio della legge è avvenuto senza che ci fosse alcuna discussione: è bastata l’aula mezza vuota di Palazzo Madama a far saltare tutto. In teoria la discussione è rimandata al 9 gennaio, ma è quasi sicuro che per allora Mattarella avrà sciolto le Camere.

Licenziata definitivamente la legge di Bilancio, il Senato avrebbe dovuto cominciare a discutere lo ius soli. Sulla norma il leghista Roberto Calderoli (vicepresidente dell’Aula) aveva presentato una pregiudiziale di costituzionalità ed è stato lui, ieri, a richiedere al presidente Grasso di verificare se a Palazzo Madama ci fosse il numero legale: mancava e anche di molto, dato che di 319 senatori ne sedevano tra i banchi solo 116.

IN SENATO MANCA IL NUMERO LEGALE, AFFOSSATO LO IUS SOLI: CHI ERANO GLI ASSENTI

La cosa incredibile è che tra gli assenti non c’erano solo i parlamentari di Forza Italia e Lega, fortemente contrari alla norma, ma anche la totalità dei senatori del M5S (i 15 su 35 presenti in Aula hanno deciso di non rispondere all’appello di Grasso) e persino 1/3 di quelli del Partito democratico, che ha più volte ribadito di considerare la legge sulla cittadinanza una priorità. Non sarebbero bastati i 29 senatori Pd assenti a far raggiungere il numero legale (mancato di 33 parlamentari) e per l’approvazione della legge non ci sarebbero comunque stati i numeri, ma questo nulla toglie al modo indegno con cui è stato affossato lo ius soli.

AFFOSSATO LO IUS SOLI, LA LEGA ESULTA

E se Calderoli esulta addossandosene il merito – «Sulla mia pregiudiziale di costituzionalità sullo ius soli e sulla mia richiesta di verifica del numero legale, nell’aula del Senato è mancato il numero legale e lo ius soli, come avevo già annunciato ieri, è definitamente naufragato. Colpito e affondato. Morto e sepolto. Per me è una grande vittoria, perchè sono stato io in questi due anni e mezzo, con le mie decine di migliaia di emendamenti, a bloccare in commissione e poi in Aula questa assurda e inutile proposta di legge che serviva solo a regalare un milione di nuovi voti al Pd. E ora tutti quelli che a sinistra fingevano di digiunare per lo ius soli, saltando il pranzo ma non la cena, possono anche tornare a mangiare, anche se temo che il panettone stavolta gli andrà di traverso» – a sinistra partono fuochi incrociati.

AFFOSSATO LO IUS SOLI, LE POLEMICHE A SINISTRA

Il Pd – per bocca di Maurizio Martina – dà la colpa a destra e M5S, che «fanno mancare il numero legale per discutere la nuova legge per la cittadinanza. Un atteggiamento irresponsabile contro una legge di diritti e di doveri e una scelta di civiltà». Da sinistra invece (solo 3 i senatori di Mdp assenti) puntato il dito contro il Partito democratico, colpevole di aver tentennato sullo ius soli nel corso della legislatura, riducendosi così all’ultimo giorno utile. Per la capogruppo di Mdp Maria Cecilia Guerra «è stata una scelta politica del Pd tenerlo fermo per due anni». Le fa eco Loredana De Petris, di Liberi e Uguali: «La maggiore responsabilità va al Pd, che ha ipocritamente accettato questo calendario. E fondamentale è stato anche il 5 Stelle. Tutti per calcoli di convenienza elettorale meschini, che non tengono conto della tragedia di 80 mila italiani che resteranno senza cittadinanza».

Dal M5s no comment: la loro è un’opposizione silenziosa allo ius soli. Grillo e Casaleggio sono contrari alla norma, ma il tema all’interno del Movimento è divisivo, così meglio tacere. Gli assenti del Pd, invece, si arrampicano sugli specchi. Linda Lanzillotta, vicepresidente dem del Senato che ieri ha lasciato l’Aula in anticipo, ha spiegato al Corriere: «Ero andata via perché pensavo fosse finita la seduta». Sapeva che la norma era all’ordine del giorno, «ma era abbastanza scontato che non essendoci uno spazio praticabile non si sarebbe proceduto», aggiunge, puntando il dito contro il calendario: «Un tema così delicato non si può affrontare il 23 dicembre. Merita una discussione seria e approfondita». E quindi la stangata a Grasso: «Solitamente la prassi vuole che il presidente riverifichi il numero legale dopo 20 minuti, e ancora dopo 20 minuti».

 

Foto copertina: ANSA/GIUSEPPE LAMI

 

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