Alitalia, la “bad company” per gli esuberi
14/07/2014 di Tommaso Caldarelli
Alitalia, domani sera l’amministratore delegato di Etihad atterrerà a Fiumicino per presentare la nuova tratta Roma – Abu Dhabi: James Hogan, l’uomo che “odia i ritardi e la burocrazia” sta per chiudere l’accordo che porterà alla compagnia degli Emirati il 49% del vettore italiano. Sono molti i sì che sono arrivati, qualcuno manca ancora ma il governo ritiene di poterne fare a meno: la chiusura definitiva del patto che salverà la compagnia tricolore sembra davvero vicina.
ALITALIA, LA BAD COMPANY PER GLI ESUBERI – Qualche numero: saranno 616 i dipendenti che la nuova Alitalia continuerà a pagare, per 681 arriverà l’esternalizzazione verso altre società dell’indotto Alitalia, come Aeroporti di Roma o Atitech. Per 954 dipendenti scatterà il cosiddetto “contratto di ricollocamento”, un esperimento di ammortizzatore sociale codisegnato da Regione Lazio e governo, il “Contratto di ricollocamento”: finiranno in una società ad hoc, sostanzialmente una “bad company” in cui rimarranno in attesa, senza poter fare causa alla compagnia, e avranno una corsia preferenziale per l’assunzione in caso di nuovi reclutamenti da Alitalia, altrimenti saranno affidati a dei tutor che baderanno a riqualificarli e che saranno pagati solo se i lavoratori saranno riassunti.
IL NO DELLA CGIL – Etihad ha preteso che lo scalo di Malpensa venisse ridimensionato e le sue rotte dirottate su Fiumicino, il nuovo scalo di riferimento per l’Italia del nord sarà Linate che insieme a Roma e Venezia devono diventare i principali scali interconnessi del nostro paese. All’accordo manca il sì della Cgil, che ha chiesto tre giorni di tempo per pensarci: il segretario della Filt Cgil sostiene che l’intesa fra Alitalia ed Etihad sarebbe “lesiva dei diritti dei lavoratori” visto che molti, anche fra i “salvati” da licenziamenti ed esuberi, potrebbe vedersi cambiare il contratto da indeterminato a determinato e dover accettare un taglio di tre livelli contrattuali. Tuttavia il ministro Maurizio Lupi si fa vanto dell’ampio consenso: “Abbiamo l’80% dei sì da parte dei sindacati, andiamo avanti anche senza la Cgil”. Sul tavolo c’è anche la questione dei debiti: l’intesa sembra essere stata raggiunta con le banche creditrici, che dovrebbero tagliare qualcosa come 180 milioni di euro e trasformare in azioni gli altri 380 milioni di euro. Ancora qualche dubbio da parte di Mps e Popolare di Sondrio.