Sigarette nei film. Cosa direbbe Humphrey Bogart?
15/01/2015 di Donato De Sena
Ci sono attori e scene di film che non riusciresti proprio ad immaginare senza la sigaretta e il fumo che essa produce. La bionda nelle mani di Humphrey Bogart, ad esempio, è diventata un’immagine simbolo degli anni d’oro di Hollywood. Ma chi non ricorda la Sharon Stone di Basic Istinct? E chi non ricorda sigaretta alle labbra di Alberto Sordi o di Marcello Mastroianni? Gli appassionati di cinema avranno decine o centinaia di scene da menzionare. Per la sua comparsa in molteplici celebri pellicole, la sigaretta, in sostanza, può essere considerata come uno degli elementi protagonisti del cinema. O, più semplicemente, può essere considerata come un elemento della vita di milioni di persone, finito poi sul piccolo o grande schermo grazie a registi e attori che hanno raccontato in un film o una fiction, appunto, le cose di tutti i giorni. Quello dell’aspirazione della sigaretta è un gesto negativo, dannoso per la salute, ma comunque comune, quotidiano, diffuso al punto da essere indispensabile per dipingere un particolare personaggio o una determinata situazione. Riuscireste voi ad immaginare la scena di una partita di poker senza il giocatore che, nel momento della giocata decisiva, attraverso il fumo prova a smorzare la sua tensione? I giocatori non necessariamente fumano, ma un regista non può vedersi preclusa a priori la possibilità di rappresentarli in quel modo.
Ebbene, da qualche settimana si parla della proposta avanzata da un gruppo di oncologi insieme all’associazione di consumatori Codacons, poi ripresa anche dal ministro della Salute Beatrice Lorenzin, per controllare, limitare o addirittura vietare l’uso del fumo delle sigarette dei personaggi dei film italiani. L’idea ha fatto letteralmente sobbalzare molti noti registi italiani, che hanno lanciato un appello per fermare l’iniziativa e conservare le regole attualmente in vigore, al fine di proteggere la loro libertà nel raccontare la vita delle persone. Nella loro lettera (firmata, tra gli altri, da Daniele Lucchetti, Mario Martone, Gabriele Muccino, Domenico Procacci, Gabriele Salvatores, Paolo Sorrentino, Paolo Virzì) si legge:
L’idea che un legislatore possa intervenire, anche solo su un dettaglio, nelle vicende dei personaggi raccontati in un’opera, bella o brutta che sia, in nome di una ‘missione pubblica’, provoca più di uno scombussolamento nelle nostre convinzioni liberali. Il cinema, la letteratura, l’espressione artistica in generale non rispondono e non dovrebbero mai rispondere ad alcun indirizzo, anche il più onorevole, il più giusto, il più sano, il più edificante. Il racconto degli essere umani arricchisce l’avventura dei nostri giorni e delle nostre notti non perché ci ammaestra su come vivere salubremente, o perché ci consiglia cosa mangiare, come amare, come provare piacere.
La richiesta dei registi appare più che mai ovvia, legittima, scontata. E non certamente come il capriccio della solita categoria di lavoratori o professionisti che insorge dopo l’iniziativa penalizzante del governo. Come spiegano i registi la politica dovrebbe occuparsi «della salute pubblica e di una vita più decente, avanzando proposte e soluzioni entro i limiti di uno Stato che non si incaponisca in modo tragicomico a contare la frequenza delle accensioni e delle aspirazioni di una sigaretta in un film, in un libro, in un fumetto, in un’affissione stradale». Pensate, seguendo questo criterio (bandire le sigarette perché si lancia un messaggio negativo) dovremmo anche bandire nei film (in nome della coerenza) anche le armi, il whisky, la violenza in genere (che senz’altro fanno o possono far più male alla salute più del tabagismo). Insomma, se fossimo negli ’40 e ’50 rischieremmo di perderci il meglio di Bogart. Se fossimo negli anni ’60 rischieremmo invece di perderci i western all’italiana di Sergio Leone. Quindi meglio tenersi tutto. E prendere atto che in presenza di adeguate campagne di informazione e di sensibilizzazione la cose dannose, anche se non le proviamo sulla nostra pelle, le possiamo tranquillamente proiettare. Il chiarimento del ministro, fortunatamente, va proprio in quella direzione. «Non ho mai detto che il fumo debba essere vietato nelle scene dei film: nessun divieto dunque, ma un invito semmai al mondo dell’arte a diventare un alleato della prevenzione», ha fatto sapere Lorenzin. Amen.
(Foto di copertina: Mitchell / Getty Images)