La laurea in mano e il visto in tasca: metà degli universitari italiani è pronta per l’estero
16/05/2017 di Gianmichele Laino
La laurea è necessaria, ma il 49% degli italiani è pronto a spenderla all’estero. È questa la fotografia che il rapporto Almalaurea 2017 fa delle nostre università. L’istituto ha coinvolto 71 atenei su 74, con un campione di oltre 270mila laureati e ha tracciato un bilancio a lungo termine sul destino dei «dottori» di casa nostra.
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IL RAPPORTO ALMALAUREA 2017
L’identikit del laureato italiano è sempre più internazionale: aumentano infatti le competenze linguistiche con il 76% degli intervistati che comprende in maniera ottima l’inglese scritto (quota che sale all’80% se si parla di laureati magistrali). Indice anche di un destino che, per molti, appare segnato: un giovane su tre non avrebbe problemi a trasferirsi in un altro continente, uno su quattro a effettuare spostamenti frequenti. Per non parlare di quel 52% che rinuncerebbe anche alla residenza italiana.
Non solo brevi periodi all’estero, dunque, ma una vera e propria prospettiva definitiva. Non inganni il fatto che, attualmente, i laureati magistrali che lavorano all’estero sono «solo» il 7%: la percentuale, nei prossimi anni, è destinata ad aumentare. Colpa della crisi economica e dell’endemica assenza di lavoro che permette sì ai laureati (il 56%) di fare esperienze di tirocinio o stage, ma che non riescono a trasformarsi in concreti rapporti a più lungo termine. Basti pensare agli stipendi medi mensili che, una volta raggiunta una posizione lavorativa, spettano ai laureati italiani: si parla di 1104 euro netti per i laureati triennali e di 1153 euro netti per chi ha conseguito anche la magistrale (dati comunque in ascesa rispetto a quelli registrati nel quinquennio 2008-2013).
Laurearsi, comunque, conviene. Chi ultima gli studi ha un vantaggio economico rispetto ai diplomati di scuola secondaria di secondo grado: un laureato, infatti, guadagna in media (valore relativo al 2012) il 42% in più di chi non ha un titolo accademico. E, ad ogni modo, riesce a trovare un’occupazione più velocemente (anche se i tempi, ripetiamo, restano lunghi).
Una buona notizia, invece, arriva sull’età media di chi discute la tesi. Sul complesso dei laureati, il valore si aggira intorno al 26,1 anni: 24,9 per le lauree triennali e 27,5 per i laureati magistrali. Un anno di media in meno rispetto al valore pre-riforma del 2006. E se in quell’anno riusciva a terminare gli studi in tempo soltanto il 34% dei laureati, dieci anni dopo il valore è aumentato fino a toccare il 49%. Resta invariato, invece, il voto medio con cui si conclude il percorso di studi: 102,5 per terminare un’esperienza che, nel complesso, è ritenuta soddisfacente per l’88% degli intervistati.
(FOTO: ANSA/ANNA BIGANO)