Apple, Google, Intel e Adobe alla sbarra per un cartello sui salari

27/01/2014 di Mazzetta

GLI INCESTI DIRIGENZIALI – Accordi da rispettare in maniera ferrea, in un quadro nel quale Jobs esibisce atteggiamenti intimidatori con i concorrenti, minacciando la guerra ai piccoli come a Sergey Brin, che di fronte alle sue rimostranze licenzia il «recruiter» che aveva osato provare ad assumere un ingegnere di Apple. Un sistema di rapporti ad alto livello che sono cementati da cointeressenze evidenti, Schimdt è stato nel board of directors di Apple fino al 2009, il CEO d’Intel Paul Otellini è passato in quello di Google nel 2004, un impegno part-time che solo nel 2007 gli è valso 23 milioni di dollari. Anche Bill Campbell, ex CEO di Intuit è finito nel board of directors di Apple e consigliere ufficiale di Schmidt fino alle dimissioni nel 2010. Proprio Campbell, che godeva anche della fiducia di Jobs, sembra essere il collante di questo accordo.

William CampbellUN’IDEA DI GEORGE LUCAS – Dai documenti emerge anche il ruolo dei George Lucas, che sognava un accordo del genere prima ancora di vendere Pixar  a Jobs, che poi la venderà a Disney. Lucas credeva che le aziende non dovessero farsi concorrenza anche nell’assumere il personale. Il suo sogno diventerà realtà con un accordo simile a quello oggi in causa, tra Lucasfilm e Pixar. Secondo le compagnie coinvolte l’accordo non serviva a comprimere i salari, ma secondo la corte invece l’evidenza documentale in tal senso è abbondante, al punto che comprende anche i software impiegati per calcolare i salari di figure professionali simili e contenere lo spread tra i meno pagati e i più pagati e le mail scambiati dai diversi uffici del personale in occasione di problemi o sconfinamenti.

SILICON BALLE – Niente che abbia a che fare con la meritocrazia o con la giusta retribuzione delle eccellenze, semmai un egualitarismo al ribasso che di certo non è compatibile con la leggenda del libero mercato e che è ancora più vistosamente ipocrita se si pensa che dai documenti emerge che per i cacciatori di teste di Google gli elementi migliori sono quelli che lavorano già con successo per concorrenti allo stesso livello e che non stanno neppure cercando un altro posto. Altro atteggiamento reale che smentisce la leggenda secondo la quale studi, curricula e capacità aprano le porte dei paradisi dell’informatica.

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