A Battistini non c’è pietà

A Battistini, non c’è pietà. Lo capisci appena sceso dalla metropolitana, quella stessa stazione da cui la donna filippina di 44 anni è uscita probabilmente per andare a prendere l’autobus che l’avrebbe riportata a casa dopo il lavoro: non è mai arrivata, perché una macchina lanciata a 150 all’ora e guidata da tre abitanti del campo nomadi della Monachina l’ha investita e uccisa; una di esse, diciassettenne, è già stata fermata dalle forze dell’ordine. Continuano le indagini per rintracciare gli altri due passeggeri dell’auto, che sono stati identificati dalle forze dell’ordine.

VIA BATTISTINI, AL PRESIDIO DEI COMITATI DEI CITTADINI E DELLA DESTRA ESTREMA

Ma a via Mattia Battistini, capolinea della metro A, dove i comitati di quartiere hanno convocato una fiaccolata e le sigle dell’estrema destra un presidio, i tre rom sono solo il punto di partenza della protesta, che si scaglia a voce alta contro l’immigrazione, il sistema dell’accoglienza cittadina, e sopratutto i campi rom, quelli degli zingari, che sembrano essere il primo avversario della piazza animata da bandiere tricolori e striscioni contro il sindaco di Roma, Ignazio Marino, che dopo due anni secondo i cittadini e i militanti di destra non è riuscito a cambiare la città, e quindi deve andare a casa.

Un momento del presidio a via Mattia Battistini
Un momento del presidio a via Mattia Battistini

 

Un misto di rabbia e disperazione, di lacrime, di eccitazione, di esagerazione e di dolore popolano la piazza, mentre si alternano al megafono esponenti dei gruppi di cittadini e gli attivisti della destra estrema romana, Casapound, Sovranità, Noi con Salvini; si alternano fino a che non sei più in grado di capire la differenza, perché forse poi tanta differenza non c’è, se e vero che sopratutto nelle periferie spesso è nei comitati di quartiere e nei gruppi di protesta spontanea che le sigle neofasciste trovano base e struttura territoriale. Sembra una manifestazione di estrema destra come tante, nemmeno troppo partecipata – i manifestanti debordano dal marciapiede, ma è difficile definirli una folla – fino a che non noti la ferita.

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VIA MATTIA BATTISTINI, DUE SPAZI, UN PRESIDIO

C’è una ferita su via Mattia Battistini, uno spazio di cemento fra due gruppi di manifestanti, come se fossero due manifestazioni distinte, o due momenti della stessa manifestazione, dello stesso dolore. C’è la rabbia della destra e gli slogan che danno il ritmo alle bandiere tricolori, e c’è un cerchio più privato poco più distante, eppure pubblico nella sua semplicità: la comunità filippina sta recitando il rosario per la loro compatriota morta, guidano la preghiera cinque suore, anch’esse filippine. E’ noto che la maggior parte dei sacerdoti e dei religiosi che stanno animando la Chiesa ai tempi di Papa Francesco vengono dall’Asia, e già da tempo in Europa e in Italia è così. Scorrono le preghiere davanti a un piccolo cerchio di candele, su cui qualcuno ha appoggiato il cartello: “Ora spiegatelo alle famiglie che state lavorando per l’integrazione”.

La preghiera della comunità filippina

E ci si chiede: la politica può inquinare il momento della preghiera? Non sarebbe meglio tenere distinte le cose? I cittadini non la pensano così, se alla fine del rosario qualcuno urla: “Sono questi gli immigrati che vogliamo, sono quelli che lavorano, non gli zingari”. Passa di mano in mano un tablet con la foto della donna morta: “Guardate questa  bella ragazza”, urla una signora.

VIA BATTISTINI, GLI IMMIGRATI: “E’ INUMANO MORIRE COSI'”

C’è una connessione fra i due momenti della stessa piazza, dunque, i primi a pensarlo sono gli stessi immigrati. Helen è una signora filippina e accetta di parlare con noi: è d’accordo con chi dice che i filippini sono “immigrati buoni” e gli zingari “immigrati cattivi”? Risponde subito, e volentieri: “Quelli che vivono nei campi, che fanno? Qui hanno fatto una cosa inumana. Noi veniamo qui a lavorare, pensiamo solo a lavorare e poi succede questo, che lei è morta. Noi siamo tutti i giorni sulla metro, e li vediamo che rubano ai turisti; non si sentono sicuri, i turisti, hanno sempre paura e io li ho visto tante volte piangere, e la polizia non può fare niente perché ci dicono: sono bambini. E non è giusto”. Se ne va, insieme alle suore, che ci dicono: “Siamo onorate che le persone vedano le filippine come brava gente, noi le conosciamo e sappiamo che è così. Ma qui abbiamo pregato per tutti .Bisogna sempre pregare, pregare è il cibo dell’anima. Lei prega?”, ci chiedono. Mai abbastanza, rispondiamo.

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VIA BATTISTINI, CASAPOUND, LE BANDIERE, I CAMPI ROM

Non vede contraddizione fra i due momenti della piazza Francesco Colacchi, che rappresenta Casapound nel municipio Roma XIII e si è avvicinato, incuriosito dalla preghiera. “Io mi sento semplicemente italiano, fieramente italiano e in questo paese non funziona nulla, per questo vengo qui a manifestare. I campi rom devono essere chiusi, subito tutti, perché sono dei ghetti. Io non sono razzista, mi sento solo italiano, noi siamo qui per dare la nostra testimonianza e chi vuole seguirà la nostra strada”. Già, e chi segue la strada della nuova destra romana?

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I giovani, giovanissimi: ragazzi di quindici, sedici anni che assistono alla manifestazione, non convocati da nessuno: “Non ci sembra giusto quello che è successo ieri, ci siamo stancati degli zingari. Loro non pagano e noi gli diamo di tutto, rubano e questa città è nel degrado. Se fosse per noi”, dicono Agram, Giulia e Celine, “li manderemmo via tutti con le ruspe”. E continua Agram: “Io non so nulla di politica, ma in Matteo Salvini ho trovato un ideale”.

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MATTIA BATTISTINI E’ LA NUOVA DESTRA ROMANA

Già. Matteo Salvini. Perché la folla di via Mattia Battistini è anche e sopratutto la prima vera piazza della nuova destra romana del dopo Gianni Alemanno, che esce allo scoperto con tutte le sue contraddizioni. C’è un litigio, all’inizio del corteo, fra chi voleva una manifestazione apolitica e si scaglia contro “chi ha portato i cartelli per Salvini”.

C’è quello del “comitato di quartiere” che è “un militante di destra” ma è qui solo “come parte del movimento dei cittadini”. C’è Casapound Italia con le bandiere tricolori, gli striscioni e con Sovranità, che è “lo strumento” che il movimento della tartaruga utilizza per schierarsi con il leader della Lega; Casapound certamente fornisce il grosso delle forze alla militanza di destra, d’altronde può vantare dieci anni di lavoro sul territorio sotterraneo, ininterrotto, efficace. Alla sua “sinistra”, se così si può dire, gli incravattati di Noi con Salvini, già politici, consiglieri comunali e municipali, e per questo additati dalla gente come “sciacalli, politici, ladri”. Alla destra di Casapound, qualcosa di ulteriore: “Nessuno tocchi il mio popolo”, aggregazione di Forza Nuova e del Movimento Sociale Europeo, che irrompe in piazza mentre il presidio scema, scandendo cori fascisti deliberati e schierandosi sia contro Matteo Renzi sia contro, sopratutto, Matteo Salvini, “il pupazzo del pagliaccio Berlusconi” che la vera destra “non vuole”.  

 

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VIA BATTISTINI E’ L’INIZIO

Via Mattia Battistini è l’inizio, lo ripetono gli interventi al megafono: “Da oggi parte la nostra marcia per mandare via Ignazio Marino, si deve votare in autunno, il Partito Democratico, un partito di delinquenti commissariato, non può imporre alla città questo demente a fare il sindaco”.

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I temi dell’integrazione e sopratutto dei campi rom sono temi su cui l’amministrazione, e la sinistra, dovranno agire in fretta e con efficacia, incalzati da destra: “Prima gli italiani! Prima gli italiani è una cosa che dobbiamo dire chiaramente! Gli stranieri se vogliono si integrano, si mettono a lavorare la mattina presto, altrimenti se ne vanno”. Ma via Mattia Battistini è la dimostrazione plastica, anche, della destra che a Roma ancora non c’è, delle divisioni, della sincronia, degli odi faziosi all’interno dello stesso schieramento. A via Battistini per i camerati, per i cittadini, per le persone, sembra essere finito il tempo della pietà.

Tutte le foto: Tommaso Caldarelli / Giornalettismo

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