Brigate Rosse e Hyperion: una caccia alle streghe che dura da trent’anni

FORZA CON HYPERION Vladimiro Satta, nel suo libro Il caso Moro e i suoi falsi misteri, alle tesi sull’Hyperion radice e motore immobile di ogni complotto non crede. “Esso nacque – scrive – nell’ottobre 1976 con il nome di Agorà (successivamente cambiato in Hyperion per risolvere un problema di omonimia con un’altra organizzazione francese); quindi, circa sei anni più tardi di quando ebbero luce ufficialmente le Brigate Rosse“. I fondatori erano gli italiani Corrado Simioni (indicato come il “grande vecchio” del terrorismo dalla stampa in seguito ad alcune dichiarazioni ambigue di Bettino Craxi, il quale in seguito le ritrattò totalmente), Vanni Mulinaris, Innocente Salvoni, Francesco Troiano e la francese Françoise Tuscher. Simioni era presente alle riunioni del 1969 e del 1970 da cui nacquero le BR, ma nel ’70 aveva lasciato la struttura perché a suo avviso (sic) troppo poco militarizzata e troppo vicina all’area dell’ultrasinistra. Curcio stesso a più riprese scrisse che il gruppetto di Simioni venne isolato dalle Brigate Rosse, e parlò delle intenzioni sue e degli altri di creare una struttura superclandestina alternativa alle BR. Nei confronti di Mulinaris, Satta cita anche una sentenza del 1977 arrivata dal tribunale di Milano, nel quale si esclude la sua partecipazione attiva a bande armate.

AMERIKANI E RAPITORI – Come tutta questa struttura, con gli uomini e le storie qui raccontate, sia assimilabile con una organizzazione al soldo della Cia è un mistero che soltanto Calogero potrebbe spiegarci, con i suoi meravigliosi teoremi. Senza contare che la distanza temporale tra la sua costituzione e l’agguato a Moro rende davvero complesso tentare di pensare a una partecipazione di Hyperion al sequestro e all’omicidio dell’esponente democristiano. In più, dopo lo scherzetto di Silvano Girotto, il Frate Mitra rivelatosi poi un infiltrato, le Br erano diventate molto caute nei contatti con quelli che ritenevano ‘esterni’. E Simioni e gli altri, ce lo dice Curcio in molte occasioni, erano considerati ormai fuori dalla storia delle Brigate Rosse. Di Hyperion si è anche favoleggiato a proposito di due sedi romane, attive durante il periodo del sequestro Moro. In realtà, Hyperion aveva una sede a Roma (in via Nicotera), aperta due giorni dopo l’agguato di via Fani, e una a Milano. Si è puntato il dito, durante indagini e inchieste giornalistiche, su Carlo Fortunato e Luigi Perini, come agenti infiltrati Usa. In realtà entrambi avevano passati ‘di sinistra’, chi extraparlamentare, chi nel PCI stesso.

INCONTRI RAVVICINATI? – Sempre nel libro si ricorda che si è spesso parlato di punto di collegamento a proposito di Hyperion, e di incontri al vertice con altre associazioni più o meno segreti. Ma, che siano servizi segreti dell’Est, terroristi della Raf o discutibili arabi, mai nessuno parlò di collegamenti con la Cia. Se Hyperion era un trait d’union, lo era tra potenze e forze antioccidentali, e non occidentali. Simioni e i suoi vennero inquisiti da Mastelloni a Venezia e a Roma da Rosario Priore, i due magistrati oggi citati a supporto di Calogero: nel 2003 Mastelloni ammise che “non si è mai avuto un riscontro diretto della loro partecipazione al sequestro Moro“. Anche la storia che oggi Calogero porta a sostegno dell’onnipotenza di Hyperion, ovvero che le sue indagini furono bloccate da una fuga di notizie della quale sarebbe stato responsabile Federico Umberto D’Amato, l’anima nera della Prima Repubblica con il suo Ufficio affari riservati – un articolo di Paolo Graldi uscito nell’aprile 1979 – e incolpando dapprima Silvano Russomanno, numero due di D’Amato. L’Ufficio affari riservati, però, fu sciolto nel 1974. Graldi però venne interrogato, e proprio da Mastelloni. E a lui disse che non era vero che era stato un uomo del Sisde a dargli la notizia, che fu ‘personale’: “Presi lo spunto da una serie di voci e articoli“, disse a verbale. Nell’occasione Mastelloni non contestò la falsa testimonianza a Graldi. Come oggi il Sisde entri nel teorema Calogero è anch’esso un mistero che soltanto il nostro giudice potrebbe svelarci.

CHIUSURA DEI FRANCESI? – A ormai trent’anni di distanza, Calogero continua a ripetere che i francesi, arrabbiati per la fuga di notizie, rabbiosamente chiusero i canali di comunicazione con le autorità italiane consentendo a Hyperion di farla franca. Anche qui c’è molta fantasia intorno alle motivazioni che produssero la realtà della troncatura dei rapporti: quelle francesi erano chiare, e riguardavano, scrive Satta, “l’applicazione del diritto d’asilo e la valutazione delle vicende in discussione, ossia la determinazione del confine tra legittima attività politica e terrorismo”. Ai francesi dava fastidio il clima da caccia alle streghe che in Italia qualche pm aveva messo in atto: come abbiamo visto prima, questo non piacque nemmeno ai giudici italiani, che assolsero e fecero a pezzi i teoremi. La pista Hyperion, nella sua inconsistenza, non ha alcun punto d’appoggio sotto forma di indizio nei confronti della Cia e degli amerikani, storicamente e giuridicamente parlando. Se davvero Hyperion era la testa delle Br, era una testa che guardava ad est, e non ad ovest. Ma prove o indizi che ne fosse la testa, allo stesso modo, non ce n’erano. Se Calogero ne prendesse atto, invece di continuare a promuovere una ormai trentennale caccia alle streghe, la logica, la storia e le risultanze giudiziarie gliene saranno profondamente grati.

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