Buste arancioni Inps, guai per i giovani nati negli ’80: pensione al 50% del reddito
27/04/2016 di Redazione
Le buste arancioni dell’Inps contenenti una previsione della pensione futura degli italiani forniscono dati preoccupanti per i lavoratori più giovani, soprattutto per quelli nati negli anni ’80, sui quali si è già espresso negli ultimi giorni (lanciando un allarme) anche il presidente dell’Istituto nazionale di previdenza sociale Tito Boeri. Le lettere rivelano che chi oggi ha 40 anni uscirà dal mondo del lavoro a 70 con un taglio del 50% sul reddito e che gli autonomi risultano maggiormente sfavoriti rispetto ai dipendenti.
Cos’è la busta arancione dell’Inps che sta per arrivarvi
BUSTE ARANCIONI INPS, ASSEGNI BASSI PER I LAVORATORI TRA I 25 E I 40 ANNI
Nel dettaglio, da alcune simulazioni effettuate da 50 & Più, un’associazione di Confcommercio, è emerso un quadro preoccupante per coloro che hanno un’età compresa tra i 25 e i 40 anni. Ne parla oggi il quotidiano Il Messaggero in un articolo di Luca Cifoni:
La sintesi delle storie lavorative sottese alle simulazioni, anche se si ipotizzano lunghi anni di versamenti ed accettabili dinamiche retributive, (entrambi elementi tutt’altro che scontati con l’attuale andamento del mercato del lavoro) è che le future pensioni potranno al massimo raggiungere metà del reddito o poco più. Naturalmente è probabile che ci siano situazioni più favorevoli, ma simmetricamente ci saranno anche lavoratori che avendo accumulato vari anni di disoccupazione, o di occupazione precaria, si troveranno alla fine con assegni ancora più bassi. Ma vediamo i casi concreti. Partiamo da un lavoratore dipendente del settore privato, operaio o impiegato, che oggi abbia 25 anni e lavori già da uno. Attualmente il suo reddito netto è di 18 mila euro. Si prevede che la sua carriera retributiva possa avere una dinamica di crescita pari al 2,5 per cento. Nella busta arancione inviata dall’Inps trova indicata la data presumibile nella quale potrà andare in pensione, sulla base delle regole vigenti e dell’ipotesi (per molti versi ottimistica) di continuare a lavorare senza interrompere i versamenti contributivi; trova anche l’importo presunto a cui avrà diritto. L’uscita dal lavoro avverrà a 67 anni e 8 mesi, con circa 43 anni di contributi che daranno diritto alla pensione anticipata. Il suo tasso di sostituzione, ovvero il rapporto percentuale tra il primo assegno pensionistico e l’ultimo stipendio, sarà pari al 53,3 per cento in termini netti: il reddito effettivo insomma sarà poco meno che dimezzato.
(Foto: ANSA / MAURIZIO BRAMBATTI)