Carmine Schiavone: il figlio di Sandokan arrestato

Nella notte è stata data esecuzione a un’ordinanza di custodia cautelare in carcere nei confronti di Carmine Schiavone, figlio di Francesco detto Sandokan, Pasquale Mauriello e Carmine Iaiunese, indagati, i primi due per estorsione, il terzo per ricettazione: delitti tutti aggravati dal metodo mafioso e dal fine di agevolare l’organizzazione di stampo mafioso. I provvedimenti sono stati emessi – su richiesta della Direzione Distrettuale Antimafia di Napoli – dal gip del Tribunale di Napoli. Ai tre viene contestata l’attività estorsiva nei confronti dei titolari di una farmacia di San Cipriano d’Aversa (Ce) tra ottobre e novembre 2012, confermata anche da alcuni collaboratori di giustizia. Le indagini sono state condotte dalla Squadra Mobile della Questura di Caserta.

CARMINE SCHIAVONE: IL FIGLIO DI SANDOKAN ARRESTATO  – Per contrastare il clima di fiducia nei confronti delle forze dell’ordine e magistratura, che avevano messo a segno una serie di arresti eccellenti, e riassoggettare il territorio, Carmine Schiavone (figlio di Francesco Sandokan Schiavone, boss del clan dei casalesi) stava portando avanti una sistematica e capillare attivita’ estorsiva in quella parte del Casertano sotto l’influenza di quella fazione della cosca che porta il suo cognome. La circostanza e’ emersa dalle indagini su un’estorsione ai danni di titolari di una farmacia di san Cipriano d’Aversa, consumata tra l’ottobre e il novembre del 2012, che ha visto, in veste di mandante, proprio Carmine Schiavone. La scorsa notte, gli agenti della Squadra Mobile di Caserta (diretta dal vice questore aggiunto Alessandro Tocco) hanno eseguito un’ordinanza di custodia cautelare in carcere nei suoi confronti e nei confronti di Pasquale Mauriello, 47 anni, e di Carmine Iaiunese, 46 anni. I primi due (Schiavone e Mauriello) sono indagati per estorsione, mentre l’ultimo per ricettazione.

IL METODO MAFIOSO – I reati sono aggravati dal metodo mafioso. Le estorsioni, oltre ad essere fonte di finanziamento per il clan (si stima che, ogni mese, deve accaparrarsi 150 mila euro solo per “stipendiare” le famiglie dei detenuti in regime di carcere duro), erano anche diventate, e’ la tesi degli inquirenti, strumento “controllo sociale”. A chiedere materialmente il pizzo ai titolari della farmacia – inizialmente si trattava di 5 mila euro, poi la richiesta fu ridotta a 2500 euro – fu proprio Mauriello, arrestato la scorsa notte nella sua abitazione. Il denaro, una volta ritirato dalle mani della vittima, fu consegnato a Iaiunese che, all’epoca dei fatti ricopriva il ruolo di cassiere di quella fazione del clan. (ANSA)

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