Chi sono i prossimi candidati alla crisi: Germania, Francia e UK
14/02/2014 di Andrea Mollica
Da dove arriverà la prossima crisi finanziaria che frenerà l’economia mondiale? Se l’eurozona apparentemente non sembra più appartenere ai soliti sospetti della crisi, le preoccupazioni della gran parte degli investitori si rivolgono verso i paesi emergenti. Una prospettiva errata secondo il Wall Street Journal, che reputa più probabile che il nuovo crash sia provocato da cinque nazioni industrializzate: Germania, Francia, Regno Unito, Australia e Canada.
FALSO FOCOLAIO – Gli acronomi a cinque lettere hanno scandito la crisi finanziaria dopo che essa si è trasferita da Wall Street al resto del mondo. Il focolaio più preoccupante fu l’eurozona, con i cosiddetti PIIGS, Portogallo, Irlanda, Italia, Grecia e Spagna, in crisi con il finanziamento del loro debito sovrano. Il sollievo per gli investitori arrivava dai BRICS, i cinque paesi emergenti che trainavano l’economia mondiale. Brasile, Russia, India, Cina e Sudafrica stanno però attraversando una fase piuttosto controversa, che sta colpendo anche altre nazioni cresciute in modo significativo in questi anni. Morgan Stanley, riporta il Wall Street Journal, ha pubblicato un report sui fragili cinque che colpiranno l’economia mondiale. Sono Indonesia, Sudafrica, Brasile, Messico e Turchia. Economie che potrebbero rapidamente pagare il loro consistente deficit commerciale, che le renderebbe un focolaio di crisi consistente nel caso in cui la fuga dei capitali registrata in questi mesi proseguisse a ritmo ancora più accelerato.
VERI RISCHI IN GERMANIA – Per il Wall Street Journal però non è da questi paesi che ripartirà la crisi. «I veri fragili cinque non sono gli stati identificati da Morgan Stanley, ma economie completamente sviluppate, sulle quali al momento nessuno si fa preoccupazioni: Germania, Francia, Gran Bretagna, Australia e Canada. I veri rischi sono rappresentati da debiti troppo alti, bassa crescita, sistemi economici poco diversificati e deficit commerciali molto consistenti. Ingredienti che rischiano di rivelarsi esplosivi». Il primo di questi sospetti di crisi è la Germania, motore economico globale e dominus dell’Europa. Il Wsj rimarca come l’economia tedesca appaia forte solo se paragonata all’eurozona. La produzione industriale è scesa lo scorso mese di 0,6 punti percentuali, ed i dati delle vendite non sono positivi. Nell’ultimo trimestre del 2013 l’economia dovrebbe essere cresciuta di solo lo 0,25%, mentre forniscono preoccupazioni l’invecchiamento demografico, la crescita del costo dell’energia e l’eccesso di regolamentazione dei mercati interni. Per il quotidiano finanziario simili tensioni si potrebbero scaricare anche sui finora molto generosi mercati dei capitali, che hanno premiato le obbligazioni sovrane tedesche.
LEGGI ANCHE: I capitali in fuga dai paesi emergenti si aggrappano all’Italia
FRANCIA IN BILICO – Se la Germania può destare preoccupazioni per il futuro, i dati relativi all’economia francese sono ancora più inquietanti. Il Wall Street Journal rimarca come l’unica cifra economica con il segno positivo che si registra nella Republique è la crescita dei nuovi debiti. Il debito pubblico supererà nel 2014 il 95% in rapporto al Prodotto interno lordo, poco distante ormai dalla soglia psicologica del 100%. L’economia si trova sull’orlo di una nuova recessione, mentre il resto dell’eurozona sembra potersi riprendersi, anche se in maniera molto anemica. Il tasso di disoccupazione francese è salito all’11,1%, ed anche il deficit commerciale è aumentato al 2,2% del Pil. Una dinamica piuttosto inquietante, per un’economia che tradizionalmente ha sempre potuto contare su un settore industriale forte nelle esportazioni. Secondo il Wsj la Francia sconta il fatto che un’intera generazione si sia seduta sui successi dei predecessori, ed ora deve ancora capire quanto sia grave la situazione.
DIVERSI FOCOLAI – Per il quotidiano finanziario nessuno può prevedere con certezza dove la crisi scoppierà. L’idea però che essa possa scoppiare nei paesi dove c’è poco debito ed un’economia che cresce assomiglia molto al modo di pensare del secolo passato. Basti pensare alla fine degli anni novanta, quando dal Sud Est asiatico al Messico fino alla Russia furono proprio i paesi che si stavano sviluppando a subire i colpi durissimi della fuga degli investitori. Dal 2008 però il paradigma è cambiato, secondo il Wall Street Journal, ed i focolai della crisi si sono spostati verso i paesi industrializzati. Per questo motivo economie che scontano forti squilibri, tra di loro diversi, come Germania, Francia, Gran Bretagna, Canada ed Australia rischiano di subire i colpi più duri. Nel Regno Unito si cresce sostanzialmente solo alla crescita dell’indebitamento privato che traina la bolla immobiliare, una situazione non dissimile a quella del Canada. In Australia invece il probabile allentamento della dipendenza della Cina dalle materie prime di Down