Claudio Mauti, l’autista che ha investito Simone Vizzarro: «Non ho visto assolutamente niente»

Sarà la procura a stabilire quale è la responsabilità di Claudio Mauti, autista del bus numero 81 che lunedì, in pieno centro, avrebbe investito il giovane Simone Vizzarro: accusato di omicidio colposo e omissione di soccorso, una vita in Atac, l’autista ora si dice distrutto: “Non posso fare niente per tornare indietro. Anche io sono padre, sa?”. Si è scatenata “una caccia al mostro” dice l’autista: “Ma io non lo sono, posso solo immaginare cosa sta passando la famiglia della vittima”, il giovane programmatore di Guidonia.

PARLA CLAUDIO MAUTI, L’AUTISTA CHE AVREBBE INVESTITO SIMONE VIZZARRO

Claudio Mauti parla con Lorenzo de Cicco della Cronaca di Roma del Messaggero.

«È difficile per me ricostruire quei momenti. Faccio fatica a ricordare. Ma di una cosa sono certo: sono subito intervenuti i vigili. Quando sono sceso dal bus erano già lì. E nessuno mi ha fermato».
Quindi è sceso dalla navetta? Ha visto un corpo a terra e poi ha deciso di proseguire?
«Le cose sono andate così: ho sentito un botto, mi sono voltato e dal finestrino ho intravisto dei pezzi all’esterno dell’autobus, pezzi che volavano».
Pezzi del suo bus?
«No, di qualche altro mezzo. A quel punto ho deciso di fermarmi, accostare la navetta e scendere a vedere quello che era successo. Quando sono uscito, ho visto il corpo a terra. E lo hanno visto anche altri passeggeri che erano scesi insieme a me per controllare».
Perché non ha prestato soccorso alla vittima, dato che l’ha vista distesa per terra?
«Perché ho capito subito che non ero stato io. Anche gli altri passeggeri si erano fatti la stessa idea. Infatti mi hanno detto: autista, lei non c’entra niente. A questo punto andiamo via. Poi c’erano anche i vigili urbani».
E l’hanno lasciata andare via? Nessuno l’ha fermata, subito dopo lo schianto, almeno per chiederle i documenti?
«Io posso dire che i vigili erano lì. Quasi subito dopo l’incidente. Stavano all’altezza della Bocca della Verità e sono arrivati in pochi secondi. Consideri che non ho neanche fatto in tempo a scendere dall’autobus che già me li sono ritrovati accanto al motorino. Ma a me non mi hanno detto niente. Infatti me ne sono andato, perché ero convinto di non c’entrare nulla con quanto successo». 

 

Non si sa spiegare, dice l’autista, cosa sia successo in piazza, la dinamica dell’incidente.

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Dalla sua postazione, come spiega l’incidente? Ha visto lo scooter prima dello schianto? Oppure se n’è accorto solo dopo?
«Mentre guidavo non ho visto assolutamente niente».
E allora cosa è accaduto, secondo lei? È stato un altro veicolo a colpire il motorino?
«Posso immaginare che sia stato preso da un furgone e che poi sia finito sotto le mie ruote di dietro. A quel punto, come ho detto, mi sono fermato immediatamente. Però vedendo che l’autobus non c’entrava, ho proseguito, anche perché i passeggeri mi chiedevano di andare via. ”Tanto lei non c’entra”, mi dicevano».
Al momento del contatto con la moto, l’autobus era sovraffollato? Aveva la visuale coperta?
«Assolutamente no, dalla cabina riuscivo a vedere tutto. Non c’era nessun ostacolo che mi impedisse di vedere. Anche perché io non guido mai se non riesco a focalizzare perfettamente la strada davanti a me. Ci mancherebbe».
Anche se nega qualunque responsabilità sulla morte del giovane, vorrebbe dire qualcosa alla famiglia di Simone Vizzarro?
«Posso dire solo che in questo momento riesco a capire il loro enorme dolore. Che mi dispiace tantissimo per quello che stanno vivendo. Sono amareggiato, faccio fatica a dormire. Anche io ho dei figli, non può capire come sto. Se ne avessi la possibilità, vorrei solo abbracciarli forte. Però io non posso fare niente per quello che è successo. Purtroppo non si può tornare indietro».

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