Il colloquio tra giudice Bellomo e allieva: «Il contratto da borsista? Devi perdere 5 chili»
15/12/2017 di Redazione
Emergono nuovi particolari della vicenda di Francesco Bellomo, il membro del Consiglio di Stato accusato di aver imposto alle allieve della scuola per aspiranti magistrati Diritto e Scienza di indossare minigonna e tacchi a spillo. Il caso è emerso dopo la denuncia del padre di una delle allieve del giudice. Ma la giovane non è stata l’unica ad accusare il docente. Oggi, in un’intervista al Corriere della Sera, delle singolari richieste parla anche Rosa Calvi, avvocato di 28 anni, originaria di Cerignola. Secondo il suo racconto Bellomo si sarebbe spinto oltre le indicazioni su come vestirsi.
Il giudice Bellomo e il codice per le allieve: minigonne, tacchi a spillo e perdita di peso
La 28enne parla di «continue vessazioni di carattere anche sessuale» subite. «Eravamo nella hall di un albergo nel quartiere Eur di Roma, quando ha provato a baciarmi sfiorandomi le labbra, ma io mi sono rifiutata», ha raccontato. Le strane regole sarebbero emerse nel momento di un confronto tra docente e allieva sul contratto da borsista che la ragazza avrebbe dovuto valutare. È a quel punto che sono spuntati il codice di condotta e il dress code. Una delle clausole imponeva di «mantenere una posizione di distacco rispetto ai comuni allievi». Un’altra ordinava invece di non «mantenere o avviare relazioni intime con soggetti con un quoziente intellettivo più basso di 80/100». Tutto fu più chiaro con il colloquio:
«Mi chiese della mia vita privata: quanti fidanzati avevo avuto e cosa facevano. E disse che se decidevo di accettare avrei dovuto perdere 5 chili entro marzo. Poi mi guardò in viso: “Hai le borse sotto gli occhi, con un paio di punturine risolviamo la situazione”».
E poi?
«Subito dopo provò a baciarmi. In un attimo mi sfiorò le labbra e io lo evitai. Rimasi pietrificata. Andai via lasciandolo lì, nella hall dell’albergo».
Dopo cosa successe?
«Di lì in poi cominciò a contattarmi con sms e chiamate, proponendomi di seguire il suo corso il weekend successivo a Milano. Accettai perché non potevo credere che un magistrato potesse comportarsi in quel modo, ma quando mi parlò delle prove che dovevo affrontare per l’addestramento speciale, cambiai subito idea e decisi di non partire».
Tra le prove speciali: «andare in Ferrari con lui ad alta velocità o passeggiare in una via di locali e scegliere il migliore». Rosa decise di restare a Roma.
(Foto di una toga in aula di tribunale da archivio Ansa. Credit: ANSA / CLAUDIO PERI)