Come cambia lo smaltimento dei rifiuti elettronici
26/01/2014 di Maghdi Abo Abia
Cosa fate del vostro computer quando diventa vecchio? E del vostro smartphone o di qualsiasi altro apparecchio elettronico? Lo buttate, certo. Ma dove? La gestione dei rifiuti elettronici, identificati dalla sigla RAEE, con il passare degli anni ha assunto i contorni di un problema serio a causa dell’aumento esponenziale, anno dopo anno, dei materiali da smaltire e del valore dei componenti inclusi.
COSA SONO I RAEE – Del resto i rifiuti elettronici sono una specie di miniera per via dei metalli spesso preziosi custoditi all’interno dei prodotti. A volte però si ha a che fare con sostanze e materiali pericolosi che andrebbero smaltiti secondo un procedimento specifico per evitare conseguenze ambientali talvolta disastrose. Per dare un’idea di quello che è stato il volume dei RAEE raccolto nel 2013, proponiamo quelli che sono i dati raccolti da Focus che parlano di 70.400 di rifiuti elettronici trattati con un riciclo di 43.723 tonnellate di ferro, 1.684 di alluminio, 1.974 di rame e 6.840 di plastica, con una mancata emissione nell’atmosfera di 768.000 tonnellate di anidride carbonica (Co2) non immesse in atmosfera.
225.000 TONNELLATE DI RIFIUTI L’ANNO – Questi dati, diffusi dal consorzio italiano per il riciclaggio degli elettrodomestici Ecodom che riferisce come le materie prime ottenute dal riciclo di 70.400 tonnellate di elettrodomestici trattati, hanno consentito un risparmio energetico nel recupero dele materie prime nell’ordine di oltre 73 miliardi di kilowattora rispetto a quanto non si sarebbe fatto per recuperare materiale originale. Repubblica aggiunge che nell’ultimo anno i rifiuti elettronici raccolti ammontavano a 225 mila tonnellate, con una diminuzione del cinque per cento rispetto al 2012. Secondo Giancarlo Dezio, direttore generale del consorzio Ecolight, questo dato è figlio della crisi, in quanto rispecchia la propensione degli italiani a conservare gli apparecchi elettronici.
UN 2013 IN CALO – Il 30,48 per cento dei rifiuti raccolti è ascrivibile alla categoria R3, ovvero quella dei monitor e delle televisioni, con un calo rispetto allo scorso anno del 10 per cento. Il 16,65 per cento si riferisce al raggruppamento R4 dei piccoli elettrodomestici e dell’elettronica di consumo, con un calo del 3 per cento. Per quanto riguarda gli R3, viene ricordato che si sta esaurendo l’effetto «digitale terrestre», con una diminuzione quindi del peso di ogni singolo televisore. Se prima un apparecchio con tubo catodico poteva arrivare a pesare anche 60 chilogrammi, oggi un televisore raramente supera i 10. La modernità ha sicuramente aiutato quindi, in questo senso, anche perché così a parità di peso è possibile raccogliere più materiale.
LE CINQUE «CLASSI» – Ma torniamo alla domanda principale. Cosa fare di questi rifiuti? In Italia esistono oltre 3600 isole ecologiche. Come riferisce Ecofal, queste sono aree nelle quali vengono depositati tutti i rifiuti che non possono essere buttati nei comuni cassonetti. Parliamo di aree sorvegliate e recintate, attrezzate per la raccolta dei rifiuti. La normativa vigente prevede cinque diversi raggruppamenti, qui riassunti:
R1 – Frigo, congelatori e climatizzatori
R2 – Lavatrici, stufe e altri grandi elettrodomestici
R3 – TV e monitor e computer portatili
R4 – PC, stampanti, fax, scanner ed altri elettronici
R5 – lampade e tubi al neon
ma non solo. In base a quanto stabilito dal Decreto Ministeriale 65/2010, è previsto anche il principio dell’«Uno contro Uno». Significa cioè che a fronte dell’acquisto di una nuova apparecchiatura, è possibile restituire contestualmente quella vecchia senza pagare nulla, limitandosi a compilare una scheda.
LA DIRETTIVA UE – Tuttavia qualcosa cambierà per l’Italia a partire dal prossimo 14 febbraio, termine ultimo imposto al nostro Paese nel recepire la direttiva 2012/19/UE il cui scopo è quello d’imporre misure atte a tutelare la salute umana riducendo l’impatto negativo della gestione dei rifiuti elettronici e della loro produzione. La novità più importante, come spiega l’Arpat Toscana, è legata alla possibilità di approfittare dell’«Uno contro Zero». Ogni negozio che si occupa di vendita di elettrodomestici dalla grandezza superiore a 400 metri quadri, dovrà dedicare uno spazio apposito alla raccolta dei rifiuti elettronici in modo totalmente gratuito. Non solo. Entro il 2016 il tasso di raccolta dovrà essere pari al 45 per cento del peso delle apparecchiature elettroniche ed elettriche immesse nel mercato nel triennio precedente. E nel 2019 tale percentuale dovrà arrivare al 65 per cento di quanto è stato venduto nell’ultimo triennio o all’85 per cento del peso dei RAEE prodotti dallo stato membro.
UNA MINIERA DA SFRUTTARE – Ogni Paese dovrà quindi rispettare queste norme. A parziale aiuto di privati ed aziende la presenza tra gli oggetti catalogabili come RAEE anche dei pannelli solari mentre per quanto riguarda l’estero, il nuovo decreto ora allo studio del Parlamento e che dovrà dare attuazione della direttiva europea, dovrà contenere disposizioni sull’esportazione di rifiuti elettronici ed elettrici verso i Paesi in via di sviluppo. L’Italia si appresta quindi ad adeguarsi a quello che prevede l’Europa. Del resto, come ricorda Ambientequotidiano, parliamo di numeri che possono far ritenere la montagna d’immondizia elettronica una miniera di prim’ordine, che può essere sfruttata solo da personale certificato.