Come si finanzia l’Isis
12/09/2014 di Andrea Mollica
Gli Stati Uniti hanno deciso di rafforzare l’offensiva militare contro l’Isis. I miliziani del Califfo al-Baghadi sono però riusciti a costruire un’organizzazione territoriale particolarmente solida, sopratutto dal punto di vista finanziario. Mai nessun gruppo terrorista era riuscito a creare una forma substatuale che permette un finanziamento costante per le sue battaglie contro gli infedeli. Una caratteristica che rende potenzialmente meno efficace la soluzione militare.
LO STATO ISLAMICO: L’ORGANIZZAZIONE – Un’analisi del quotidiano finanziario Handelsblatt così come diversi reportage dell’agenzia Bloomberg rimarcano quanto lo Stato Islamico, il gruppo terrorista che controlla parti significative dell’Iraq e della Siria sunnita, sia un’organizzazione solida dal punto di vista finanziario. La forza economica di Isis non è inferiore alla sua capacità militare, che dovrebbe contare su almeno 31 mila miliziani. Secondo Matthew Levitt, ex agente dei servizi segreti ed esperto dell’istituto Near East Policy di Washington, lo Stato islamico è il gruppo terrorista con il più ricco patrimonio della storia. L’organizzazione, che ha base nella città siriana di Racca, è riuscita a creare un’economia ombra che le procura ingenti introiti, sfruttando l’ormai vasta estensione territoriale. La popolazione sottoposta al controllo del Califfo al-Baghdadi ha un totale di circa 8 milioni di persone, che vivono tra Iraq e Siria. Le entrate sono amministrate da una sorta di ministro delle Finanze, e a differenza dei rivali di al-Qaida, IS si finanzia sul luogo, grazie al petrolio, al commercio, al pizzo così come al contrabbando.
LO STATO ISLAMICO: IL PETROLIO – La fonte principale dei finanziamenti dello Stato Islamico è il petrolio. Secondo la valutazione degli esperti i jihadisti del Califfato hanno una capacità di estrarre 80 mila barili di petrolio al giorno. L’estrazione effettiva è però pari a circa la metà. Un numero esiguo, se paragonato agli 30 milioni di barile giornalieri dei paesi Opec, ma capace di garantire un costante e cospicuo gettito ai terroristi. I loro affari sono favoriti anche dal basso prezzo a cui vendono il loro petrolio. Se un barile è quotato intorno ai 100 dollari sui mercati internazionali, Isis lo vende ad un prezzo collocato tra i 25 e i 60 dollari, a seconda del tipo di lavorazione. Secondo le stime del Brookings Doha Center lo Stato Islamico guadagna circa 2 milioni di dollari al giorno da questo business. Il traffico di petrolio è effettuato grazie ad una fitta rete di trasporto, che lo contrabbanda nei paesi confinanti. LIsis chiede pagamenti in contante oppure in merce di pari valore. La maggior parte del petrolio venduto da Isis viene acquistato in Turchia, ma paradossalmente anche la Siria, paese in guerra contro questi terroristi, ne compra parecchio.
LO STATO ISLAMICO: LE TASSE – Un’altra importante fonte di denaro dello Stato Islamico sono le tasse chieste a chi vive nei territori del “Califfato”. L’agenzia Reuters ha raccontato di un proprietario di alimentari a cui è stato incendiato il negozio perchè si era rifiutato di pagare la tassa. Lo Stato islamico ha definito il prelievo chiesto ai cittadini, una sorta di pizzo, come Zakat, l’obbligo che ogni musulmano ha di aiutare i bisognosi. I miliziani prelevano questa tassa dai piccoli imprenditori, dai farmacisti, dai benzinai, dai medici o dai commercianti. A questo tributo non si può sfuggire. Un’altra importante fonte di entrate sono i rapimenti. Secondo diversi media solo in aprile il rilascio di alcuni ostaggi francesi ha fatto guadagnare 18 milioni di dollari allo Stato Islamico. Queste pratiche era state già sperimentate da al-Qaida, ma rispetto all’organizzazione fondata da Bin Laden l’Isis è riuscita a rendersi autonoma dai suoi finanziatori internazionali.
JM LOPEZ/AFP/Getty Images