Cosa pensava Lucio Dalla dell’omosessualità
06/03/2012 di Dario Ferri
In un’intervista del ’79 alla rivista Lambda…
Cosa pensava Lucio Dalla dell’omosessualità? L’argomento, a quanto pare, non era tra i preferiti del cantautore, ma in un’intervista rilasciata alla rivista Lambda e ripresa da Gayclubbing (della quale siamo venuti a sapere leggendo qui nei commenti) ne parla abbastanza diffusamente. Lambda era “una rivista del movimento di liberazione omosessuale italiano, fondata nel 1977 e chiusa nel 1981 per dare vita a “Babilonia (rivista)”, e Dalla, intervistato da Pietro Savarino, dice la sua sul punto. L’intervistatore gli chiede se ritiene che una sua “eventuale” dichiarazione di omosessualità darebbe un grosso contributo alla causa dei gay. E lui risponde:
No! A parte che non è proprio così. Non mi interessa parlartene perché dovremmo stare per giorni interi, ma poi mi sembra così poco informativo, poco divulgativo, e poi credo proprio che non ve ne sia bisogno nel caso fosse vero. Io sostengo, invece, da tempo, che sul piano dell’ortodossia dei propri sentimenti, della propria sessualità, che ognuno deve comportarsi sempre correttamente secondo quella che è la sua organizzazione mentale, la sua organizzazione sociale, ma da qui a fare delle dichiarazioni di voto mi sembra ridicolo… Non appartengo a nessuna sfera sessuale…
A quel punto l’intervistatore gli fa notare che lui ha un grosso seguito, e Dalla interrompe ancora abbastanza seccato:
Ma no cazzo, ma non è vero! Non si tratta di nessuna area culturale, io sono un canzonettaro che fa canzoni come tutti i miei colleghi e questo vorrei che fosse chiaro soprattutto a quelli che utilizzano le mie canzoni, cioè con serenità quelle che sono serene, con rabbia quelle che si esprimono con rabbia, ma è un momento questo che non faccio canzoni ‘arrabbiate’. Quindi il mio è un atteggiamento completamente scollato da una forma di problematica che in qualche modo diventa violenta anche se solamente nelle dichiarazioni, soprattutto quando sono inesatte. Hai capito? Ti dico, purtroppo sono un uomo isolato, ecco perché mi rifiuto di collocarmi nell’area culturale del PCI, col quale non ho nessuna ‘area culturale’ in comune. Sono un uomo abbastanza appartato anche a livello di sentimenti. Sono solo perché lo voglio essere, organizzo il mio mondo strettamente e forse malinconicamente ma con coraggio, molto vicino al mondo del lavoro per cui il fatto stesso di comunicare alla gente, a tanta gente, è una esemplificazione di tante tensioni, che sono tensioni emotive e a volte anche tensioni sessuali, senza fare del francescanesimo perché non sono San Francesco, non lo voglio essere e non lo penso nemmeno.
Infine, Dalla spiega cosa pensa di sé:
Cioè io non mi sento omosessuale, questo è il problema di fondo, hai capito? Ti ripeto, credo che ogni uomo, e l’ho anche detto e scritto in alcune canzoni, debba organizzare la sua sessualità per quello che sono le sue richieste; è in questo senso che credo nell’organizzazione; però non mi sento omosessuale e mi sembra imbecille che dica di esserlo e mi sembrerebbe ancora più imbecille se mi sentissi omosessuale e non lo dicessi. Hai capito? Ho un grande rispetto per gli omosessuali come per tutti gli uomini in genere anche per quelli che in realtà mi sembrano miei nemici, ma credo che il rispetto sia la costante che si debba avere per qualsiasi situazione di diversità, anche fisica, razziale…[…] Non mi sento omosessuale, ma veramente, spero che lo capisca: non mi sento omosessuale. Mi sento pronto e disponibile a tutte le situazioni di amore, di affetto, di amicizia, di sentimenti, di tenerezza. Ecco, questo vuol dire che sono un uomo disponibile, ma fondamentalmente la mia cultura non è una cultura omosessuale, il mio modo di organizzare il lavoro non è omosessuale, ho amici quasi tutti eterosessuali non per mia scelta ma per una serie di contatti che sono legati al mio lavoro; ho anche amici omosessuali che rispetto e ai quali voglio molto bene e che tratto come qualsiasi altro amico.
Insomma, questo probabilmente chiude il discorso. E spiega che chi lo chiamava “checchesco buontempone, chierichetto furbastro” (qui), semplicemente, di Dalla non sapeva nulla. E capiva ancora meno.