Crevit, la moneta complementare che “fa pace” con i consumatori
26/10/2015 di Maghdi Abo Abia
Pace fatta tra Crevit e Unione Nazionale Consumatori Piemonte. Dopo un anno di polemiche la moneta complementare e l’associazione hanno raggiunto un accordo per una partnership con i rappresentanti della prima che hanno sottoposto al vaglio dei legali e dei tecnici di UNC la modulistica contrattuale rivolta a privati e aziende.
CREVIT, RAGGIUNTO L’ACCORDO CON I CONSUMATORI
Patrizia Polliotto, Fondatore e Presidente del Comitato Regionale del Piemonte dell’Unione Nazionale Consumatori, ha commentato: Oggi Crevit ha superato con successo tutte le complesse e approfondite fasi di analisi e verifica del cosiddetto “Progetto Consumer Friendly”: il fiore all’occhiello di UNC. In sostanza, come altre aziende di differenti settori merceologici, Crevit ha scelto di sottoporre al vaglio dei legali e dei tecnici di UNC stessa la propria modulistica contrattuale rivolta a privati e aziende. Ci è voluto un anno intero per riformularli ex novo, in un’ottica di maggior tutela e appetibilità per i consumatori. Ma ci siamo riusciti. Così facendo, grazie alla disponibilità e la trasparenza mostrata dal CEO di Crevit, Marco Melega, e dello Staff di comunicazione dello stesso, guidato dall’Agenzia Zelaschi di Bergamo quale Ufficio Stampa dell’Azienda, siamo riusciti a dare a Crevit il giusto strumento, senza privare di fatto il consumatore di uno strumento di business e sviluppo con cui sopperire in modo nuovo alla crescente carenza di liquidità”.
LEGGI ANCHE: Crevit, cosa c’è dietro la «moneta complementare» (cinese)
CREVIT, IL CASO EMERSO NEL 2014
Un anno fa parlammo di Crevit, presentata come “moneta complementare” che consente «acquisti senza denaro» al fine di muovere l’economia in tempi di credit crunch. Sul suo sito l’azienda si presentava così: «Un’unità di conto non convertibile in denaro rappresentativa di beni e servizi, spendibile esclusivamente presso gli utenti titolari di Conto Crevit». Giuseppe Bottero sul “La Stampa” spiega che questo valeva solo se si trattava di crediti. I debiti invece diventavano reali ed effettivi. Il meccanismo di Crevit si basava su un buono spesa virtuale dal valore convenzionale di un euro emesso da un utente. Marco Melega, fondatore di Crevit Italia nel 2009, ha spiegato a La Stampa che «per entrare nel meccanismo Crevit ci si registra e si apre un conto, poi si consultano le offerte sul portale: dalle case alle opere d’arte, passando per telefonini e capi d’abbigliamento».
CREVIT, LE COMMISSIONI E IL MECCANISMO DI RIENTRO DEL DEBITO
Crevit, è emerso lo scorso anno, guadagnava attraverso le commissioni con tassi pari al 5 per cento dell’importo del fido richiesto dagli iscritti prima di aver realizzato vendite in «moneta» complementare e al 2 per cento su ogni accredito ricevuto. Tradotto in numeri, «per un abito messo in vendita a “mille Crevit” occorre pagare subito l’equivalente di 50 euro». A quel punto, continuò La Stampa:
«l’utente entra nel circuito e ha due anni per rimborsare il fido. Sulla carta dovrebbe pubblicare a sua volta offerte di beni o servizi, oppure vendere le proprie competenze professionali, infine guadagnare «monete» partecipando a programmi promozionali. Magari, portando altri utenti nel sito. Naturalmente, è prevista anche l’opzione più antica: sanare il debito in denaro, attraverso dei piani di rientro. È questo che fa storcere il naso ai puristi delle nuove monete e ha fatto suonare un campanello all’interno delle associazioni dei consumatori»