Dalla Cassazione una pronuncia sugli stupri che farà discutere
25/09/2014 di Redazione
Secondo la Cassazione, gli imputati per stupro possono veder riconosciuta l’attenuante di aver commesso un fatto «di minore gravità» anche nel caso di violenze carnali «complete» ai danni delle donne. Secondo la Corte di Appello di Venezia invece, lo stupro completo non è mai di «minore gravità».
IL RAPPORTO COMPLETO COME SPARTIACQUE – La sentenza farà discutere anche se non significa affatto che la Corte ritenga le violenze carnali di «minori gravità» quando abbiano contemplato un rapporto sessuale completo. La corte, accogliendo il ricorso di un condannato al quale la Corte di Appello di Venezia aveva confermato la condanna emessa dal gip di Vicenza, il quale nelle motivazioni aveva escluso l’ipotesi dello stupro di minore gravità dato che l’uomo aveva imposto con violenza più rapporti completi alla sua compagna, ha scritto che: «così come l’assenza di un rapporto sessuale “completo” non può, per ciò solo, consentire di ritenere sussistente l’attenuante, simmetricamente la presenza dello stesso rapporto completo non può, per ciò solo, escludere che l’attenuante sia concedibile, dovendo effettuarsi una valutazione del fatto nella sua complessità».
COME VALUTARE LA GRAVITÀ – La ragione delle conclusione risiede proprio nella logica con la quale il legislatore ha cancellato la distinzione con gli «atti di libidine» presente in precedenza. Da allora si parla in ogni caso di violenza sessuale e il giudice non deve procedere nel valutare la gravità dell’atto basandosi sulla sua «tipologia», che «è solo uno degli elementi indicativi dei parametri» in base ai quali stabilire la gravità della violenza e non è un elemento «dirimente». Deve invece valutare le diverse circostanze nella commissione del reato senza presumere l’esistenza di un tale automatismo, che di fatto la Suprema Corte nega abbia cittadinanza nei codici. La Cassazione scrive invece che «ai fini della concedibilità dell’attenuante di minore gravità, assumono rilievo una serie di indici, segnatamente riconducibili, attesa la “ratio” della previsione normativa, al grado di coartazione esercitato sulla vittima, alle condizioni fisiche e mentali di quest’ultima, alle caratteristiche psicologiche, valutate in relazione all’età, all’entità della compressione della libertà sessuale ed al danno arrecato alla vittima anche in termini psichici». L’attenuante per la minore gravità: «deve considerarsi applicabile in tutte quelle volte in cui – avuto riguardo ai mezzi, alle modalità esecutive ed alle circostanze dell’azione – sia possibile ritenere che la libertà sessuale della vittima sia stata compressa in maniera non grave». Ovviamente, tutto ciò, riferito ad una violenza sessuale non può che far divampare logiche polemiche.
IL RICORSO – La corte ha quindi ritenuto «fondato» il ricorso nel quale la difesa del condannato ha sostenuto che, per valutare la gravità di uno stupro, deve «assumere rilevanza la qualità dell’ atto compiuto (e segnatamente il grado di coartazione, il danno arrecato e l’entità della compressione) più che la quantità di violenza fisica esercitata». Di seguito ha quindi riconosciuto che da parte dei giudici d’appello sarebbe «mancata ogni valutazione globale» dei fatti di reato. Valutazione che forse non è mancata davvero, ma che è mancata nelle motivazioni della sentenza, e tanto basta.
IL RINVIO PER LA NUOVA VALUTAZIONE – Per effetto di questa decisione della Terza sezione penale della Cassazione e del suo deposito in data odierna, è stata annullata, con rinvio ad altra sezione della Corte di Appello di Venezia, la condanna che era stata inflitta a un uomo di 48 anni, Giuliano S., «limitatamente alla ravvisabilità dell’ipotesi attenuata».
La Corte d’Appello dovrà quindi procedere di nuovo alla valutazione sulla possibile sussistenza delle attenuanti e della minore o maggiore gravità dell’atto abbandonando la presunzione che la penetrazione sia l’elemento che rende indubitabile l’essere in presenza di un atto grave, e attenendosi ai criteri indicati dalla Cassazione, ma libera di giungere comunque alla conclusione che all’uomo sia da negare nuovamente l’attenuante della minore gravità. Solo qualora concluda che esiste la minore gravità dovrà rimodulare la pena di conseguenza.