I nemici della cannabis sull’orlo di una crisi di nervi

URUGUAY-MARIJUANA-LEGALIZATION

COME FANNO IN COLORADO – Un buon riassunto della situazione del dibattito in questo momento è presente in un articolo di Kelley Beaucar Vlahos per The American Conservative, fonte al di sopra di ogni sospetto di collusione con gli antiproibizionisti, che ha riassunto un po’ tutte le posizioni così come si sono ridefinite dopo il crollo del proibizionismo americano. Alison Holcomb, dell’American Civil Liberties Union (ACLU), che ha scritto la proposta di legge per la legalizzazione poi passata nello stato di Washington, sostiene l’approccio messo in campo dal Colorado, il primo stato a legalizzare la vendita della cannabis anche per uso ricreativo. L’80% delle tasse raccolte dal nuovo business vanno in educazione, prevenzione e ricerca: «Non perdiamo troppo tempo a pensare alla questione dell’approvvigionamento. Uno dei grandi fallimenti del proibizionismo è stato nel cercare di controllare le persone che riforniscono il mercato e non spendere abbastanza tempo e risorse dal lato della domanda.» Aiutare le famiglie in difficoltà, seguire i ragazzi con disagi o ritardi formativi, paga molto di più in termini di lotta al consumo che minacciare di sbatterli in galera, dove poi puntualmente finiscono.

CI PROVANO CON LE «REGOLE» – Per i conservatori invece quella della definizione in senso restrittivo del futuro mercato e della sua catena di distribuzione è l’ultima trincea, quella sulla quale si combatte prima di tutto una battaglia culturale per la quale, in quanto «droga», la cannabis dovrà essere commercializzata in maniera originale e se possibile in modo da minare le possibilità di farne un prodotto di massa, anche se lo è già. Bisogna trovare il modo di ridurne la disponibilità e bisogna fare in modo di conservare parte di quell’irrazionale stigma di malvagità che da sempre ne fa il bersaglio prediletto dei perbenisti. Ecco allora che fior di conservatori alfieri del libero mercato propongono per la commercializzazione della marijuana «piccoli negozi», cooperative (!) e c’è persino chi arriva a pronunciare la bestemmia: monopolio pubblico. Questo per «proteggere i giovani» ovviamente, che par di capire non siano protetti abbastanza dalle leggi che regolano la vendita dell’alcol, per le quali non c’è nulla in programma, anche se l’alcol è molto più dannoso e pericoloso per quegli stessi giovani.

CONTRO IL LIBERO MERCATO – Stranamente i conservatori antiproibizionisti si lamentano del fatto che le compagnie che commercializzeranno marijuana potrebbero non avere in mente «la salute pubblica o valori controculturali», quelli che fatalmente proprio loro finiranno per rappresentare. Ai proibizionisti l’idea che la cannabis diventi un prodotto come un altro proprio non va giù, che poi in futuro possa essere anche pubblicizzata rasenta la bestemmia. Anche Susan Rusche della National Families in Action è del tutto contraria a lasciare il mercato alla mercé della libera impresa e insiste pure perché tutti i prodotti alimentari che impiegano la marijuana come ingrediente siano vietati. I dolcetti alla marijuana spingerebbero i giovani al consumo, quelli imbevuti d’alcolici ancora una volta non la preoccupano. Ovviamente le conseguenze temute sono apocalittiche e spaziano dall’abbandono scolastico in massa a problemi sanitari simili a epidemie, anche se oggi i giovani consumano marijuana in massa senza che succeda nulla del genere.

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