Elezioni presidente della Repubblica, Mario Draghi: la scheda
27/01/2015 di Andrea Mollica
Elezione presidente della Repubblica, Mario Draghi: la scheda
- Nato a Roma il 3 settembre 1947
- Età: 67 anni
- La biografia: Mario Draghi ha iniziato la sua carriera nelle istituzioni economiche internazionali nel 1984, diventando dirigente della Banca Mondiale dopo esser stato giovanissimo professore di Economia in diverse università italiane. Laureatosi sotto l’egida di Federico Caffè, conquistato un Ph.D presso il prestigioso Massachusetts Institute of Technology, dove ha collaborato con Franco Modigliani, Mario Draghi è diventato direttore generale del Tesoro nel 1991. Insieme al suo “maestro” Carlo Azeglio Ciampi ha guidato la stagione delle privatizzazioni italiane, e ha ispirato un pacchetto di normative che hanno modernizzato i mercati finanziari del nostro Paese. Nel 2001 lascia la guida del ministero del Tesoro e lavora brevemente nella finanza internazionale, come dirigente di Goldman Sachs. Nel 2005 l’esecutivo Berlusconi, su consiglio dell’allora presidente della Repubblica Carlo Azeglio Ciampi, lo nomina governatore della Banca d’Italia dopo le dimissioni di Antonio Fazio. Nel 2006 è nominato presidente del Financial Stability Board, organismo internazionale legato al G20 che ha il compito di coordinare le autorità di vigilanza delle maggiori economie mondiali. Nel 2011 diventa il presidente della Banca centrale europea, incarico ottenuto nonostante la successione di Jean-Claude Trichet avrebbe dovuto essere assegnata al tedesco Axel Weber. Lo scoppio dell’eurocrisi portò a una frattura all’interno della Bce tra il fronte ortodosso, guidato dalla Germania e finito in minoranza, e i sostenitori di politiche monetarie non convenzionali necessarie a evitare la disgregazione dell’eurozona. La presidenza della Bce di Mario Draghi si è caratterizzata per le sue scelte innovative in difesa dell’euro, simboleggiate dal discorso sul “Whatever it takes” che garantì l’integrità dell’unione monetaria. In questi anni di crisi Mario Draghi è diventato uno dei leader più autorevoli dell’intera Unione Europea, acquisendo un vasto consenso nell’establishment politico e finanziario internazionale. Il più autorevole quotidiano del mondo, il Financial Times, lo ha nominato uomo dell’anno nel 2012.
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- PRO: Mario Draghi è il candidato più autorevole alla successione di Giorgio Napolitano. Il presidente della Bce è il leader italiano più apprezzato all’estero , e se fosse disponibile a candidarsi alla presidenza della Repubblica difficilmente troverebbe ostacoli all’interno della maggioranza di governo così come di Forza Italia. Mario Draghi sarebbe il capo dello Stato che potrebbe meglio svolgere il ruolo di garanzia dell’Italia all’estero svolto con determinazione da Giorgio Napolitano dalla crisi del 2011 fino alla fine del suo secondo mandato, e il suo arrivo al Quirinale rassicurerebbe gli altri Paesi europei sul futuro dell’Italia. Nessun altro candidato disponibile di simili caratteristiche, che rendono l’ipotesi Draghi l’unica capace di garantire un’elezione alla prima votazione come capitò nel 1999 con il suo maestro Carlo Azeglio Ciampi, che l’aveva preceduto alla guida di Banca d’Italia.
- CONTRO: Mario Draghi è l’unico candidato che subirebbe un declassamento dalla sua elezione a capo dello Stato. La presidenza della Bce è un incarico ben più rilevante, a cui Draghi ha dato ancora più autorevolezza e importanza rispetto ai suoi predecessori Duisenberg e Trichet. In queste settimane il presidente della Bce ha comunicato di non esser interessato al Quirinale, e l’avvio di un programma così rilevante come il Quantitative easing avrà bisogno della sua guida per esser implementato con efficacia. Mario Draghi appare inoltre sgradito a Matteo Renzi e Silvio Berlusconi. Il presidente del Consiglio sarebbe de facto commissariato, con una politica economica ed europea che passerebbe, agli occhi del mondo e non solo, al Quirinale. Silvio Berlusconi ricorda ancora con amarezza la lettera firmata da Draghi e Trichet che ammonì il suo governo a procedere con riforme economiche per contrastare la crisi, un momento che segnò la sostanziale conclusione della sua ultima esperienza di governo.
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