Emma Bonino è la leader più apprezzata dopo Gentiloni. Chi avrà il coraggio di candidarla?
08/09/2017 di Redazione
Emma Bonino non è a capo di un partito e si fa vedere in tv molto raramente ma è più apprezzata di Renzi, Salvini e Di Maio. Come pure di Berlusconi, Grillo, Meloni. E di Bersani, Pisapia o Minniti. È uno dei dati più rilevanti che emerge da sondaggio pubblicato oggi su Repubblica sul tasso di gradimento dei politici italiani, realizzato tra il 4 e il 6 settembre dall’istituto demoscopico Demetra chiedendo ad un campione rappresentativo della popolazione un voto su una scala da 1 a 10 per ognuno dei leader.
EMMA BONINO BATTE RENZI, GRILLO E SALVINI
Ebbene, l’ex ministra degli Esteri, con il 43% di giudizi positivi, è stata superata solo dal presidente del Consiglio Paolo Gentiloni, che ha raggiunto il 49% di voti pari o superiori a 6. Un dato che dice molto sull’autorevolezza e la credibilità di una figura, estranea alla politica dei politici di professione, che non si abbandona a dichiarazioni di comodo e non indugia ad esprimere posizioni controcorrente. Il dissenso rispetto alle idee e alle proposte dei più viene confermato in questi giorni di aspro dibattito su emergenza migranti e soluzioni adottate dal governo per risolverla.
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EMMA BONINO ATTACCA MINNITI: «I CENTRI IN LIBIA SONO LAGER»
In un’intervista rilasciata a Umberto De Giovannangeli per l’Huffington Post Emma Bonino ha attaccato il «modello Minniti» sostenendo che «ci si ritorcerà contro» perché l’accordo «rafforza le milizie libiche e chiude gli occhi sui lager». Per l’ex ministra le strette di mano di oggi sono una ripetizione «un po’ caricaturale» dell’accordo con la Turchia voluto dalla Germania:
«La differenza in Libia è che si tratta di un Paese che non ha istituzioni credibili, è un Paese che ha due governi, due parlamenti e oltre 140 tra milizie e tribù in armi . Francamente non ho capito bene con chi abbiamo negoziato. È chiaro che lo abbiamo fatto con al-Serraj ma siccome è noto a tutti che al-Serraj non controlla il territorio, o direttamente o attraverso al-Serraj stesso, si è dovuto negoziare con le milizie, con gli scafisti, con quelli che effettivamente controllano il territorio e che vivono di traffici illegali di tutti i tipi: la benzina, le armi, gli esseri umani. Qui siamo di fronte a persone che appartenendo a una milizia possono occuparsi alternativamente di combattere i propri nemici, pattugliare il mare ed esercitare funzioni di polizia o di guardiacoste; oppure svolgere varie attività, anche illegali, per arricchirsi. Il risultato è che, di fatto, i trafficanti di ieri sono gli anti-trafficanti di oggi, una conversione in ventiquattr’ore. E già questo dimostra la fragilità di questa costruzione, tanto è vero che il ministro Minniti è dovuto andare dal generale Haftar, l’uomo-forte della Cirenaica, il quale suppongo che voglia la sua parte».
Ma Emma Bonino denuncia soprattutto la sottovalutazione della presenza in Libia di «campi di detenzione»: «Una situazione di totale spregio della dignità e della vita delle persone e di estrema gravità per le implicazioni e le conseguenze politiche possibili». Quei campi non sarebbero affatto gestiti dall’Onu, come dice Minniti, ma dal governo. «La Libia – spiega ancora Emma Bonino – non ha mai firmato le convenzioni di Ginevra sui rifugiati». L’accordo finirebbe dunque per «dare più forza alle milizie, in termini di credibilità, di interlocuzione, in termini finanziari», ostacolando la «formazione di un solido governo unitario». «L’ambasciatore tedesco – dice ancora l’ex ministra – che era stato autorizzato a vedere qualcuno di quei centri, li ha definiti la cosa più vicina ai lager che lui avesse mai visto».
(Foto: ANSA / ALESSANDRO DI MARCO)