Essere lobbisti in Europa

IL CORSO PER DIVENTARE LOBBISTI – Ma stiamo comunque parlando di un’attività legale che al momento non è regolamentata. E con l’aumento dell’attività dell’europarlamento ecco che aumenta anche il numero dei lobbisti necessari a gestire le esigenze dei gruppi di potere. E contestualmente nascono corsi di formazione per aspiranti lobbisti. Parliamo di Europeanlobby, un istituto che si propone di preparare all’attività d’influenza dei «policy-makers». Il corso è organizzato dalla Camera di Commercio italo-belga a Bruxelles e si pone come obiettivo quello di fornire una solida base di conoscenza in ambito lobbyista, offrendo la possibilità ai due migliori alunni del corso che si terrà dal 7 all’11 aprile di passare tre mesi in stage in una di queste aziende.

I DUBBI INEVASI – Quindi sappiamo che a Bruxelles esiste una galassia potenzialmente infinita di gruppi di pressione che agiscono sule singole commissioni spingendo l’adozione di emendamenti o di provvedimenti che possano soddisfare i clienti delle società di lobbying. Di per sé potrebbe non essere un male perché spesso i desiderata dei singoli cittadini fanno fatica ad arrivare nelle sale in cui si decidono le leggi. Tuttavia, come riportato da Luca Rossi, solo il 25 per cento di quanto viene deciso a Bruxelles ha un reale interesse per il cittadino. Il resto riguarda i desiderata delle aziende o dei grandi gruppi. Il fatto poi che non vi sia una registrazione obbligatoria porta ad un’attività di lobby quasi infinita. In Italia invece non esiste alcuna regolamentazione sul tema, con la questione che è stata sollevata nel corso della discussione sulla Legge di Stabilità.

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LA NECESSITÀ DI UN CONTROLLO – L’agenzia Asca ha ripreso la voce di Pino Pisicchio, presidente del gruppo Misto alla Camera e Vicepresidente di Centro Democratico, secondo cui, all’epoca, era «necessario procedere alla regolazione del lobbismo. La legge di stabilità ancora una volta mette in luce la necessità di regolare il rapporto tra gruppi di interesse e parlamentari. Tutto si può fare, purché sia alla luce del sole. Per questo dobbiamo dare priorità all’approvazione di una legge che, come in tutti i parlamenti democratici, regolamenti l’azione informativa dei gruppi di interesse». Ma quello che non si sa è che dal 2008 al 2012 sono stati presentati 14 (quattordici) disegni di legge nei quali si chiedeva la regolazione delle attività dei gruppi di pressione.

I 41 TENTATIVI DI REGOLAMENTAZIONE ITALIANA – Openpolis ci spiega che nello specifico i 14 disegni di legge sono stati presentati nel 2012 da Anna Maria Bernini (Pdl, da approvare alla Camera), da Raffaele Ranucci (Pd, da approvare al Senato), da Nunzia De Girolamo (Pdl, da approvare alla Camera), da Jole Santelli (Pdl, da approvare alla Camera), da Marina Sereni (Pd, da approvare alla Camera), e così via per quattro anni. Peraltro lo stesso Pisicchio aveva presentato nel 2008 un tentativo di disciplina della revisione dell’attività istituzionale, ma rimase fermo alla Camera. E certo non finisce qui. Diritto.it ci ricorda che dal 1945 al 2008 sono stati 27 i tentativi di regolamentare il rapporto tra politica e gruppi di pressione. E quindi vuol dire che dalla nascita della Repubblica ad oggi i tentativi andati a vuoto sono complessivamente 41.

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I REGOLAMENTI REGIONALI – A differenza di quanto accade a Roma, nelle regioni l’attività di lobbying è già istituzionalizzata da anni. La prima a mettere nero su bianco il rapporto tra gruppi di pressione e politica è stata la Toscana nel 2002. Tuttavia la norma limita l’azione del Consiglio ma non quella della Giunta, ma rappresenta un primo passo perché, come spiegato dall’articolo 4, è vietato «esercitare nei confronti dei consiglieri regionali e delle rispettive organizzazioni, forme di pressione tali da incidere sulla libertà di giudizio e di voto». E nel 2009, nonostante fossero iscritti nel registro fossero 115, fino al 2006 non vi era stato nessun documento depositato. Il Molise ha proposto una legge uguale, approvata nel 2004, mentre le Marche nel 2013 hanno realizzato una propria proposta di legge.

QUESTO È LOBBISMO – Infine, per dare un’idea di che significhi davvero fare lobbying, proponiamo gli obiettivi pubblicati sul blog Animalismo attivo nel quale si spiega in maniera esemplare quelli che sono gli obiettivi di un lobbista:

Quali possono essere gli obiettivi della vostra attività di lobbying? Per esempio:

• Vietare i test di sostanze tossiche sugli animali.

• Cambiare la legge per vietare le esportazioni di animali vivi.

• Vietare l’uso di trappole e tagliole per catturare gli animali selvatici.

• Vietare la produzione e la vendita di foie gras, di vitelli e di altre parti del corpo di animali.

• Introdurre sanzioni più rigide e adeguate in caso di abusi e maltrattamenti di animali.

• Cambiare la legge sul trasporto di animali.

• Vietare l’importazione e il commercio di animali selvatici vivi e/o parti del loro corpo.

• Proporre nuove leggi per regolamentare gli allevamenti.

• Vietare la mutilazione di animali per scopi cosmetici ed economici.

• Regolamentare o rendere illegale la detenzione di animali selvatici e non domestici.

Bisognerà identificare su quali rappresentanti politici fare lobbying per raggiungere questi obiettivi. Ma anche se l’attività di lobbying è spesso associata ai rappresentanti politici, in realtà è possibile fare lobbying con qualsiasi persona abbia contatti con responsabili politici e legislatori, cioè tutti i titolari di varie posizioni di potere, sia locali sia nazionali. Ma si può anche fare lobbying nei confronti di istituzioni e aziende le cui attività incidono nel bene e nel male sulla vita degli animali, come per esempio persuadere il vostro supermercato a cambiare la sua politica in materia di vendita di prodotti di allevamento, come uova, polli e galline. Analogamente, si potrebbe fare lobbying nei confronti della mensa dell’azienda in cui lavorate affinchè elimini dal menù prodotti provenienti da allevamenti intensivi e proponga piatti vegetariani, o far pressione sul collegio dei docenti della vostra scuola perchè organizzi corsi di etica animale. I rappresentanti di organizzazioni private, a differenza dei nostri rappresentanti politici, non sono obbligati ad assecondare le nostre richieste, ma potrebbero farlo per tutelare la propria immagine pubblica.

Ed il fatto stesso che una simile attività non sia regolamentata né in Europa né in Italia (nonostante 41 tentativi) dimostra l’importanza che ricoprono i gruppi di pressione sul lavoro quotidiano della Politica e quali possano essere i rischi di un confronto privo di paletti tra i vari attori di un settore che si sta espandendo sempre di più, agevolato dalla mancanza di registri e regole vincolanti. (Photocredit Wikipedia / Repertorio)

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