Eurovegas, il casino’ della discordia

I PREZZI DELLE CASE – Abc ha deciso di fare i conti per capire quanto vale il mercato immobiliare della zona. Qui il valore delle case al metro quadro è crollato negli ultimi anni esattamente come successo nel resto del Paese. A 13 chilometri da Madrid -dove si trova Alcorcon- un appartamento costa mediamente 1,754 euro al metro quadro, con un calo del 18 per cento rispetto a 12 mesi fa, quando la stessa casa costava, sempre al metro, 2.140 € / m². Oggettivamente molto poco, specie se consideriamo che ci troviamo nell’hinterland di una città europea. Per fare due conti, le case a San Giuliano Milanese, 15 chilometri a sud di Milano, stanno a 2,200 euro al metro quadro.

LA LOTTA TRA MADRID E BARCELLONA – Tutto a vantaggio dell’investitore straniero, quindi. Nei due anni di trattative il valore delle case è sceso, il governo locale ha cambiato la destinazione d’uso dei terreni consentendo la costruzione ed ora c’è chi si porta a casa il piatto senza aver fatto fatica. Antena 3ci porta indietro nel tempo per capire come sia nata l’idea di Eurovegas. Tutto partì il 2 novembre 2011, ovvero quando la trattativa interessava l’area intorno all’aerporto di Barajas e si parlava della realizzazione di un centro polifunzionale. I soldi promessi dall’investitore americano hanno portato ad una lotta muscolare tra Madrid e Barcellona per capire chi avrebbe dovuto ospitare il parco giochi.

DECINE DI MILIARDI IN CINQUE ANNI – Si è deciso per Madrid e più precisamente per questa zona desertica, Alcorcon. Gli ettari sarebbero stati 750 ma il sindaco, David Perez, Partito Popolare, aveva spinto per 1000 con l’obbligo di assumere parte dei 15 mila disoccupati della città. Ma ad oggi al di là dei proclami nessuno sa niente. La Spagna ha rispettato tutte le richieste di Sheldon Ansedon ma di contro non ha avuto alcuna garanzia sul reale numero dei posti di lavoro. A preoccupare è anche una dichiarazione di Ansedon raccolta da Forbes secondo la quale l’uomo d’affari si aspetta di portare a casa decine di miliardi di dollari in cinque anni.

TERRENO ARIDO – Probabilmente gli unici felici saranno i dodici proprietari terrieri della zona scelta, per lo più desertica. El Pais spiega che si tratta di sei piccoli proprietari che hanno fatto i soldi grazie alle colture di cereali e cocomeri. Qui ci sono settemila case destinate a rimanere invendute a causa di una speculazione condotta dall’azienda “metrovacesa” la quale, dopo aver fallito la costruzione di case e del centro congressi più importante d’Europa può beneficiare di questo indubbio aiuto. Ma nel leggere queste parole un dubbio viene alla mente. Expansion ci spiega che sono migliaia i curricula già arrivati ad Eurovegas, anche se il “parco giochi” aprirà solo nel 2017. Ma non è pericoloso cercare di vendere la pelle dell’orso prima di averlo catturato?

CHE COMPROMESSO – Spieghiamo meglio. La Spagna al momento è alle prese con una gravissima crisi economica. Gli stipendi sono calati del 30 per cento così come le pensioni. Sono state votate leggi che hanno danneggiato l’istruzione ed il “welfare state” nel tentativo di portare a casa qualche soldo. Oggi invece assistiamo alla decisione di un uomo d’affari che in cambio di una zona franca da fare impallidire la Svizzera, o Livigno, tiene per il collo un intero Paese grazie alla promessa di un investimento di 26 miliardi di euro (di cui il 70 per cento non garantito) che chiamerà un contributo garantito dal governo spagnolo attraverso la banca europea degli investimenti di 25 milioni di euro e l’impegno del governatorato di Madrid di coprire il 35 per cento delle spese. Il tutto senza dare precise garanzie sull’ammontare effettivo dei posti di lavoro.

I DANNI DELLA CRISI – Segno della crisi, viene da dire. La Spagna ha bisogno di soldi e di un futuro ed un Mony Burns con bastone tira una mazzetta di soldi con un filo per vedere l’effetto che fa. Il tutto per un mondo che genererà il 17 per cento dell’economia nazionale. Il discorso va però inserito nel ruolo che ha il gioco d’azzardo nella nostra società. In Italia questo è uno dei pochi settori ancora in salute e non colpiti dalla crisi. Come ci ricorda il Sole 24 ore in Italia esiste una slot machine ogni 150 abitanti.

UN MONDO IN SALUTE – Negli ultimi anni quindi c’è stato un aumento vertiginoso della penetrazione di queste macchinette che portano un italiano a giocarsi mediamente più di 1,400 euro a testa. Lo Stato non fa niente per contrastare il fenomeno. Anzi. Incentiva il gioco on-line. Basta una carta di credito ed un codice fiscale e si può giocare da casa senza neanche prendersi il disturbo di uscire di casa. Perché tutto questo? Semplice: in Italia il gioco d’azzardo vale il 5 per cento del Pil e le concessionarie pagano all’erario 8 miliardi di euro l’anno. Soldi ai quali vanno aggiunte le tasse sulle vincite. E chi perde una simile occasione?

PECUNIA NON OLET – Nelle scorse settimane si era pensato di spostare i videopoker e le sale lontano da scuole, ospedali e luoghi di culto. Nascondiamo la polvere. O il cadavere, tanto è lo stesso. Ma in questi tempi di crisi non ci si può permettere del facile moralismo. Servono soldi. E se il rapporto delle cifre giocate da cittadini “poveri” e “ricchi” è di 3 a 1, fonte Redattore Sociale, allo Stato non interessa poi granché. “Gioca senza esagerare”. The Atlantic ci scherza un po’ su quando dice che Adelson cerca il gioco al rialzo con il governo di Madrid contando sulla disoccupazione che affligge 600.000 persone nella regione ma sa benissimo che l’unico modo per puntare a lauti guadagni è quello di incentivare la spesa coinvolgendo quante più persone possibili.  In Spagna sono andati anche più in la: lo Stato bisognoso di soldi ha aperto il suo cuore, ed il suo portafoglio, ad un investitore che accetterebbe volentieri anche malati di ludopatia, il gioco per i minori ed una legge meno stringente sul riciclaggio di denaro perché no? In fondo i soldi non puzzano, Pecunia non Olet. Sopratutto in tempi di crisi. (Photocredit Lapresse / La voz de Galicia / google.com)

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