Fabio Fazio e il tetto agli stipendi: «Non sopporto più insulti quando porto i miei figli a scuola»

07/05/2017 di Redazione

Fabio Fazio all’attacco della Rai e della polemica sul tetto agli stipendi degli artisti della tv di Stato. Intervistato da Aldo Grasso al Festival della tv e dei nuovi media di Dogliani ieri il conduttore di Che tempo che fa non ha usato mezze misure per criticare le pressioni della politica. «Sono in Rai – ha detto – da 33 anni: la Rai coincide con la mia vita. Ma mai l’ingerenza politica è stata così forte. Nessuna azienda può reggere così». «Non mi sentivo di tacere – ha aggiunto – sono fra i pochi nella condizione privilegiatissima di andare a lavorare altrove. Per questo sento di dover dire la verità».

 

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FABIO FAZIO E LA RAI: «INGERENZA POLITICA MAI COSÌ FORTE»

E nella sua verità ci sono anche le offese ricevute per uno stipendio alto, in un periodo in cui si discute di introdurre un limite ai compensi. Racconta Chiara Maffioletti sul Corriere della Sera:

Fazio non ha quindi dissimulato l’amarezza per la polemica sul tetto dei compensi (il suo stipendio si dice si aggiri attorno al milione e 800mila euro). Anzi, ha posto le sue condizioni per non dire arrivederci e grazie: «È più difficile trovare un modo di rimanere in Rai che andare via. Guadagno molto, lo so. Ma ci sono cose che non dovrò più fare. Non dovrò più sperare che quando accompagno i miei figli a scuola, o su Twitter, non ci sia qualcuno che mi insulti, minacci di morte o mi dica che ho preso qualcosa che non è mio. Una condizione per rimanere è che si dica che chi fa il mio mestiere è un valore e non un costo». Parole nette. «Non bisogna dire quanto costa una persona, ma quanto porta. Perché rimanga, devono dirlo. Non è sopportabile essere considerato un problema».
L’idea del conduttore è che l’azienda non sia «nella condizione di fare l’azienda: siamo a maggio, i palinsesti si fanno ora. Non si può fare così la tv. È inaudito. La Rai è una televisione, un ammortizzatore sociale o un luogo del potere? Basta saperlo». Rispetto al passato «è cambiata la disinvoltura con cui si esercita lo stesso atteggiamento proprietario».

(Foto: ANSA / FLAVIO LOSCALZO)

 

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