Falliscono le Cooperative Operaie e Trieste trema
21/10/2014 di Redazione
È un vero e proprio dramma cittadino quello suscitato dal fallimento delle Cooperative Operaie di Trieste. La scoperta di un enorme buco nei conti, che ha praticamente azzerato il patrimonio della storica società triestina, ha gettato comprensibilmente nel panico migliaia di risparmiatori che avevano sottoscritto il suo prestito sociale e le centinaia di dipendenti della cooperativa.
TUTTI IN MUNICIPIO – Questa mattina a Trieste si è svolta un’assemblea pubblica che si è svolta presso il Consiglio comunale di Trieste ha portato questi temi all’attenzione della collettività. Al sindaco Roberto Cosolini, che ha parlato di «situazione grave che interessa molte persone», si è contrapposto rassicurante l’avvocato Consoli che segue le vicende di Coop, che ha fatto sapere che «il tutto può esser risolto». Tutti i consiglieri erano d’accordo sul chiedere il motivo per il quale «i vertici delle Coop non hanno mai voluto comparire in Consiglio per discutere sulle cattive condizioni finanziarie dell’azienda», perché dal 2013 li hanno invitati tre volte e ancora non si è visto nessuno. Secondo Alessandro Metz, che con Alessia Rosolen è stato tra i pochi a sollevare dei dubbi su presunte irregolarità finanziarie dell’azienda, già a partire dal 2007 «chi aveva responsabilità aziendali sapeva» e invece «chi avrebbe dovuto sorvegliare sull’operato? La Regione FVG sarebbe dovuta intervenire ma a quanto risulta, non è stato fatto niente».
IL BUCO SEMPRE PIÙ PROFONDO – Le Cooperative Operaie sono andate fallite mentre le dirigenza allestiva operazioni contabili fasulle per coprire i buchi che accumulava anno dopo anno. Secondo i pm che hanno in carico l’indagine, è stato usato un trucco contabile per «gonfiare il patrimonio netto e di rientrare – solo fittiziamente – nei parametri per il prestito sociale, la cui entità non deve superare il quintuplo del patrimonio netto stesso».
Attraverso vendite fittizie a società controllate dalle stesse cooperative, gli amministratori sono riusciti a coprire le perdite di bilancio, cominciate nel 2007 con un buco di 2,8 milioni, che l’anno dopo ha raggiunto 5,5 milioni. E poi nel 2010, 3 milioni; nel 2011, 4,5 milioni, nel 2012 6,9 milioni e nel 2013 è esploso a oltre 9 milioni di euro. Nei primi mesi del 2014 sono stati persi altri 6 milioni. In pratica dei 103 del prestito sociale versati dai soci, ne resterebbero forse una decina secondo i pm: «questi 103 milioni di euro le Coop non li hanno. Si reggevano sulla speranza che i prestatori se ne rimanessero buoni a casa e non venisse a quasi nessuno in mente di recarsi allo sportello di via Gallina a chiedere di ritirare il proprio denaro». Inevitabile quindi la richiesta di fallimento, avanzata nei giorni scorsi al Tribunale civile dalla Procura della Repubblica di Trieste a fronte di un passivo che si attesta sui 37 milioni di euro provocato dalla cessione di immobili a società controllate dalle stesse Cooperative.
LA POSIZIONE DELLE COOP – Preoccupazione anche in Legacoop del Friuli Venezia Giulia, che guarda con preoccupazione alle possibili conseguenze per soci, prestatori e lavoratori coinvolti nella vicenda: «Eravamo stati coinvolti nella vicenda dalle Coop Operaie in quanto associazione di categoria e abbiamo la possibilità di essere accanto alle imprese socie, fornendo analisi e possibili soluzioni imprenditoriali al fine di facilitare le relazioni con istituzioni ed altre realtà imprenditoriali cooperative. In questo senso Legacoop si è attivata per favorire un percorso di ristrutturazione che intendeva mettere in rete Coop Operaie con la grande distribuzione nazionale del mondo Legacoop. Ora siamo in attesa di conoscere gli esiti della Procura e come il futuro piano industriale e le scelte manageriali sono di esclusiva responsabilità degli amministratori della cooperativa. Legacoop non svolge nessun ruolo, né diretto né indiretto, sulla governance della stessa».
Ovviamente disorientati i risparmiatori, che al momento vedono all’orizzonte il fallimento come una condanna alla definitiva perdita di buona parte dei risparmi affidati alla cooperativa, che nel caso rischiano di ridursi fino al 30% del capitale accantonato.