Ferruccio De Bortoli intervistato dal Fatto Quotidiano attacca ancora Matteo Renzi
12/05/2015 di Redazione
Con il suo editoriale di commiato al Corriere della Sera, Ferruccio De Bortoli si è tolto più di qualche sassolino dalla scarpa. E probabilmente non era tutto lì: l’addio allo storico quotidiano milanese ha lasciato strascichi polemici – ha fatto parecchio discutere soprattutto la definizione data al premier Matteo Renzi, “un maleducato di talento” – la cui eco ritroviamo oggi sul Fatto Quotidiano. L’ex direttore del Corriere – dopo esser passato anche da Fazio a Che tempo che fa – si racconta infatti in un’intervista a Silvia Truzzi e torna sull’attualità politica oltreché sul ruolo del giornalismo contemporaneo, due pagine a cuore aperto e con un pizzico di nostalgia, un’analisi netta del momento storico: «L’Italia è un paese ad alta digeribilità, che non impara dai propri incidenti. Ci si rifà molto facilmente una verginità, e si cambia di aspetto e di maschera con grandissima velocità. Il trionfo del trasformismo? Il Partito della Nazione».
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L’INTERVISTA – Due volte numero 1 del Corriere, ex direttore del Sole 24 Ore ed ex amministratore delegato di RCS Libri, De Bortoli ha vissuto sulle poltroni più ambite del giornalismo anni cruciali della storia politica e non del nostro paese. La disamina della sua generazione è schietta e amara allo stesso tempo:
Abbiamo avuto buoni maestri, siamo stati cattivi maestri. È successo nell’intera società: abbiamo avuto ottimi padri, che si sono sacrificati moltissimo, ma non sempre siamo stati all’altezza del nostro ruolo quando lo siamo diventati noi. […] Pur con i suoi difetti, il secolo dell’ideologia aveva un’idea complessiva di bene comune, che non è affatto la sommatoria degli interessi privati. Ecco, da noi il bene comune è diventato una sorta di res nullius, che non ci appartiene. […] La classe dirigente ha perso per strada il ‘sentimento’ della propria responsabilità
De Bortoli torna poi su Renzi e approfondisce il rapporto con l’attuale Presidente del Consiglio. Senza mollare il colpo:
Vorrei ricordare che la novità di Renzi è stata salutata, anche da me, come una novità positiva: ha portato la sfida della modernità all’interno di un partito ancorato a vecchi schemi ideologici. Dopodiché, a me pare abbia mutuato dalla controparte molti dei modi con i quali gestisce il potere. La sua è una concezione autoritaria di occupazione delle istituzioni. A mio parere dovrebbe imparare – se vuole paragonarsi ai leader europei – che l’informazione non è un male necessario. L’informazione è scomoda, per lui come lo è stata per le persone che ha ‘rottamato’. Non può pensare che la stampa lo applauda costantemente. Questo riflesso personale autoritario m’inquieta.
Infine la stampa:
Il giornalismo, quando è temuto è autorevole, quando è indipendente si fa rispettare. Nel momento in cui accetti una mediazione o un compromesso, è la linea dalla quale non torni più indietro. […] Il giornalismo deve nutrire l’opinione pubblica di verità, non sempre piacevoli. […] Deve esercitare una pressione che induce a prendere decisioni, a tendere al meglio, a valutare molti aspetti di ogni singola questione. Dove non c’è opposizione, dove non c’è il controllo democratico da parte di giornali che sono i cani da guardia del potere, è chiaro che il potere non si comporta bene. […] Uno dei difetti principali del giornalismo odierno è quello di essere parte della scena che deve descrivere.
Photocredit copertina ANSA/DANIEL DAL ZENNARO