Festival di Sanremo 2015, le pagelle di Giornalettismo – quarta puntata
14/02/2015 di Giordano Giusti Boris Sollazzo Marco Esposito
Il Festival di Sanremo, per noi, l’ha vinto Basso. Non il ciclista Ivan, né il maestro Diego. Ma Sammy, neanche 20 anni. Un grande uomo, anche se il suo corpo è minuto. Tutto il resto è noia. Anzi no. Vi diciamo qui chi promuoviamo con questo ragazzo. Anche se oggi, specialmente oggi, non c’è gara.
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Sammy 10: “Luca e Paolo avevano detto che era un festival troppo normale? Eccomi qui a renderlo un po’ meno normale”. A parlare è Sammy Basso, classe 1995 ma dimostra l’età del suo bisnonno, per una grave e rara malattia che non l’ha piegato né spezzato.
Potrebbe suscitarci compassione o magari venire in questo carrozzone a fare il fenomeno da baraccone, il freak. Ma appena sorride, i suoi occhi si accendono e questo splendido Benjamin Button ti sbatte in faccia il senso profondo della vita. Un gigante in un corpo minuto, il vero vincitore di questo festival. Sua la battuta più divertente, sua l’ospitata più bella, sua l’intervista più potente, nonostante Carlo Conti.
Virginia Raffaele 9: Bella, brava, bis. E infatti, per fortuna, appare due volte in questo Sanremo. Nella prima parte è Ornella Vanoni: inganna molti, che la credono quella vera. Forse pure la cantante stessa. Canta divinamente, ne fa una versione autentica e feroce, ma anche affettuosa e rock. Una performance totale: musicale, comica, attoriale. Se prima del 2020 non conduce Sanremo, la vogliamo almeno premier.
Nina Zilli 8: arriva con un vestito regale, che può portare solo lei. Sembra il cappotto dell’Armata Rossa, in versione peluche. Ma è bellissima, tira fuori quella voce che finora aveva tenuto in serbo. Ieri con Se bruciasse la città ci ha infiammato, oggi con una canzone discreta, ha sbancato. Lo abbiamo già detto che era spudoratamente bella? (perdonateci, è San Valentino, anche due bastardi come noi hanno un cuore)
Giovanni Caccamo 7: Batte i Kutso. Ovvero quelli che dovevano vincere tra le Nuove Proposte, che sono arrivati in finale con l’irriverente e travolgente Elisa. Lo fa come fosse Indurain, con la costanza del passista, non sbagliando una nota al piano come al microfono. Certo, l’unico e solo Caccamo, per noi, rimarrà quello di Teocoli, ma il ragazzo si farà, anche se ha le spalle strette.
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Raf 6+: Una bronchite lo mette k.o. fin da inizio Festival. Eppure se lo fa tutto con professionalità stoica, portando a casa un paio di stecche e le pernacchie di parte del pubblico e della critica. Resta fino all’ultimo sul palco dell’Ariston a cantare la sua canzone che avrebbe meritato altre fortune. L’eliminazione sembra quasi un atto di clemenza. Un solo dubbio ci attanaglia: che sia stato curato dallo stesso medico di Arisa?
Carlo Conti 5: il conduttore cresce. Un voto in più per la sua prima battuta divertente “bella idea del Kutso”, con cui scopre l’autoironia, questa sconosciuta. Poi riesce, da spalla, a non rovinare il pezzo della Raffaele e si mostra persino sinceramente stupito dall’eliminazione di Raf, che alla Snai non era quotata. Oggi sembrava quasi un conduttore vero. Quasi. Poi fa parlare Giovanni Allevi e torna se stesso.
Antonio Conte 4: arriva il ct della nazionale e in una giornata come questa non dice neanche una parola su Lotito. Carlo Conti, però, con lui si siede sugli scalini e lo guarda in faccia. Eppure non è che la barba di Conchita Wurst faccia meno impressione del siamese dormiente sul cranio del mister. In panca è un leone, fuori ha il carisma di un criceto. Quello che gli hanno impiantato sulla testa.
L’eliminazione con la soglia al 20% 3: forse solo il mago dei numeri Andrea Alemanno, il nostro idolo, saprà dirci perché il regolamento di quest’anno prevede la demenziale eliminazione di soli quattro artisti su venti. Per umiliarli? C’erano dei conti in sospeso con loro? O li tieni tutti, o elimini solo Biggio e Mandelli perché li avevi fatti venire apposta, o ne fai fuori la metà e magari domani Giordano e Boris riescono a prendere il treno alle 6.50. Del mattino.
Ma per quanto possano starci antipatici Lara Fabian (chi?), I soliti idioti e gli ultrasettantenni Raf e Tatangelo, non augureremmo una serata così neanche al nostro peggior nemico. Pintus.
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Sala stampa 2: Come il numero delle volte in cui ha avuto un sussulto. All’eliminazione della Tatangelo si è trasformata in Curva Sud: ha messo d’accordo tutti con un boato l’uscita della signora D’Alessio. Poi le solite risate al passaggio di Sua Maestà Rocco Tanica ma è al pezzo degli Avener che scatta la follia. Si balla, si battono le mani, Paolo Giordano a un certo punto sta pure per chiamare un trenino. Due allora erano pure gli spritz che molti, qui, han bevuto. A postazione.
Boris….Boris… smettila di saltare sul tavolo!
I parolieri di Sanremo 1: scusa se scriviamo amore. Pure nelle pagelle. Ma dobbiamo denunciare che anche a San Valentino sentire per 1.376.541 volte questa soave parola di cinque lettere può portare a crisi convulsive e shock anafilattici. Al secondo posto l’imprevedibile Ti amo, poco sotto il milione. Poi una new entry: solo o sola, perché se nella vita l’amore non è bello se non è litigarello, a Sanremo, invece, dev’essere sfigato (premio Calimero a Bianca Atzei: Ti amo mentre dentro muoio. Tié). Anche senza Jovanotti, Sole e Luna vanno fortissimo. Per fortuna che ci sono Grignani, Lara Fabian e pochi altri che i loro testi non ce li fanno capire, preferendo tradurli in lingue antiche, morte o ancora non decifrate. Manson li ha sentiti al contrario ed è diventato buono.
Gabriele Cirilli 0: La caratura di un personaggio si vede soprattutto dall’attenzione che riesce a catalizzare. Tanto più se stiamo parlando di un comico. Bene, quando è salito Cirilli sul palco, in sala stampa c’è stato il fuggi fuggi: chi ne ha approfittato per andare in bagno, chi per fumarsi una sigaretta, chi si è sgranchito la schiena, chi è andato a prendersi un caffè. Sapevamo tutti che non ci saremmo persi niente. A proposito: alla fine ‘Chi è Tatiana?!?’ lo ha fatto?