TFF, Francesca Comencini “Per fortuna ora non sono più l’unica a parlare di lavoro”
28/11/2015 di Boris Sollazzo
“E’ un’emozione particolare ricevere il premio Cipputi qui a Torino: perché si riconosce una sensibilità nel mio cinema, nell’insieme della mia produzione, per il mondo del lavoro; per la proiezione bellissima, partecipata ed emozionante che qui ho vissuto quando ho portato il mio documentario In Fabbrica; perché questo è un Festival in cui ho conosciuto e scoperto registi per me nuovi”.
Sorride Francesca Comencini, premio Cipputi alla carriera, al Torino Film Festival 33. E su questo tema si riconosce un ruolo di pioniera. “Per molti anni sono stata l’unica a parlare di lavoro. Nel cinema italiano fino a poco tempo fa era un tema rimosso: semplicemente, non sapevi neanche che mestiere facessero i protagonisti. Era assurdo. O forse no, perché in fondo la società in quel periodo faceva lo stesso: la precarietà non esisteva per quasi tutto il paese, per dire. Ora invece è impossibile non parlarne e sono usciti tanti bei film al riguardo, mi viene in mente Tutta la vita davanti di Paolo Virzì, ma non solo”.
Non si ferma questa regista rigorosa e appassionata, e qui al TFF 33 ha portato Nuove terre, un progetto di cinque cortometraggi documentari sull’agricoltura sociale, tre dei quali proitettati qui. “Sono storie molto diverse tra loro: di migranti, qui a Torino peraltro, di ragazzi che hanno studiato e hanno perso il lavoro e sono tornati nelle valli valdesi. E’ l’onda opposta di In Fabbrica, il tentativo di reinserimento nella società di chi pensava di farne parte e ne è stato escluso. E con temi carissimi ai giovani: ambiente, cibo, energia pulita, terra”. Ma non manca anche il sentiero della finzione. Con Nella battaglia conferma che quando non fa documentari, Francesca Comencini cerca un intimismo emotivo molto potente. “Spero di iniziare presto a girare: il punto però è che la sfera personale è altrettanto politica perché incide nella collettività. Il mio prossimo progetto racconterà un modo diverso di amarsi, fuori dal patriarcato, corsetto millenario che ci stringe e soffoca. C’è qualcosa di più politico?”. No, e per fortuna che c’è lei a raccontarcelo.