Francesco Schettino, nel libro la «manovra perfetta» ordinata ma non eseguita
25/06/2015 di Donato De Sena
«Non è un atto di assoluzione o di accusa», e nemmeno «la versione di Francesco Schettino», ma un’inchiesta attraverso la quale «si cerca di capire, di entrare nella profondità dei fatti». Una testimonianza di «fatti reali». È stato presentato così, ieri sera, a Meta, il libro sul naufragio del 13 gennaio 2012 all’Isola del Giglio, Le verità sommerse (Graus Editore), scritto dal comandante della Costa Concordia e dalla giornalista di Porta a Porta Vittoriana Abate. I due autori hanno partecipato alla presentazione al fianco di alcuni esperti di navigazione (come l’ammiraglio Vito Minaudo e l’esperto di sicurezza navale Arne Sagen Martin) per sottolineare aspetti sottovalutati o ignorati dalla magistratura e dai giudici che lo scorso febbraio hanno condannato Schettino a 16 anni e 3 mesi di reclusione per i reati di naufragio colposo, omicidio colposo di 32 persone, lesioni colpose plurime per altre 110, abbandono di persone incapaci e abbandono nave.
Francesco Schettino: «Qui gli esperti che hanno condiviso la mia disamina sull’incidente» (VIDEO)
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«L’uscita di questo libro ha suscitato interesse da parte di persone illustri» ed esperte che «hanno condiviso a pieno la mia disamina sull’incidente», ha detto Schettino in una delle poche battute concesse ai giornalisti. «Il libro – ha poi aggiunto il comandante alla fine della presentazione – doveva uscire prima della sentenza, ma mi sono opposto per una questione di rispetto della magistratura. Adesso siamo a pochi giorni dalle motivazioni: faremo una conferenza stampa a Roma». «Mi sono limitato a raccogliere degli atti processuali in considerazione del tappo mediatico che c’è stato nel racconto delle vicende».
«Il processo mediatico in casi come quello di Schettino – ha spiegato il professor Cataldo Calabretta, docente di diritto dell’informazione – ha accelerato l’opinione dominante tra la gente ma ha condizionato anche le ricostruzioni. Un’inchiesta fatta con equilibrio ha portato alla luce qualcosa che è stato sommerso, completamente abbandonato, anche dalla stampa». L’inchiesta «spiega quello che neanche gli avvocati sono riusciti a far emergere a livello mediatico ed è stato disatteso a livello processuale». Schettino, dunque, per Calabretta non meritava una simile condanna, «perché in alcuni casi l’accanimento giornalistico ha accelerato un giudizio».
«Io vivo lontano da Schettino, in Norvegia. Prima di questo evento – ha dichiarato invece l’ingegner Arne Sagen Martin, esperto di codici navali – non lo conoscevo. È stato accusato fortemente un solo individuo quando le responsabilità sono da trovare a più ampio raggio, nei manager e magari nella struttura organizzativa generale». «Dopo l’incidente – ha spiegato – ci sono le reazioni tra la compagnia nautica e le compagnie assicurative. In questo caso qualcuno deve pagare. La legge dice che se un capitano o un membro dello staff fa un errore la compagnia assicurativa dovrà pagare l’indennizzo alla compagnia nautica. In questo caso si è dovuto trovare un capro espiatorio. L’investigazione della sicurezza accusa il capitano per negligenza, ma io mi chiedo se la negligenza sia un crimine. Non credo lo sia, nemmeno in Italia».
Più dettagliato l’intervento dell’ammiraglio Vito Minardo, che ha sottolineato alcuni aspetti tecnici soffermandosi sulla manovra che Schettino avrebbe ordinato e che non sarebbe stata eseguita in tempo. «La manovra del comandante Schettino – ha detto – era perfetta. Avrebbe consentito, se gli ordini fossero stati eseguiti, di aggirare l’ostacolo. Se qualcuno non ci crede, basta prendere una gemella di Costa Concordia, filmarla dall’alto mentre si compiono le stesse evoluzioni alla stessa distanza dallo scoglio: si dimostra che la nave supera l’ostacolo». «Leggendo gli atti viene fuori che il comandante quando è salito sul ponte non era stato informato che la nave non si trovata sul punto di accostata, ed era stato superato». «Dagli atti risultano gli orari, le comunicazioni errate. Il comandante – ci ha poi detto Mainardo a fine presentazione – si è accorto di dover aggiungere alla manovra iniziale una manovra di emergenza, manovra di emergenza per la quale il timoniere non ha rispettato gli ordini al timone». E se il timoniere avesse risposto in tempo? «Come hanno detto i tecnici, avrebbe fatto un danno minimo, non ci sarebbe stato lo squarcio».
Vittoriana Abate ha ripercorso diverse vicende, come quella dell’abbandono nave. Anche lei ha posto interrogativi sulle altre persone presenti nella plancia di comando e sulla loro testimonianza. «Il timoniere indonesiano Rusli Bin – ha detto la giornalista – è misteriosamente scomparso. La Procura ha rilasciato, quando c’era la necessità di sentirlo il seguente comunicato: non riusciamo a trovarlo. Dov’è finito Rusli Bin, testimone oculare di questa vicenda, la persona che materialmente era al comando della Concordia? Perché non è stato possibile ascoltarlo? Rusli Bin vagava per le campagne di Giacarta quando il 9 aprile del 2014 ha ricevuto una notifica per essere sentito. Lo abbiamo sentito? No. Dove sta Silvia Coronica (terzo ufficiale, nda) e perché nel processo si è avvalsa della facoltà di non rispondere? Dove sta il terzo ufficiale che doveva mettere i punti sulla carta e controllare se il timoniere eseguiva gli ordini del comandante? Dove stanno le persone che hanno pattuito pene irrisorie? La scatola nera ci rimanda il silenzio degli ufficiali. Non hanno comunicato al comandante Schettino, che è arrivato alle 21 e 34 su quella plancia, dove si trovavano. La rotta ordinata era a 0,5 miglia dalla costa. Il punto di accostata era stato abbondantemente superato».
(Video e immagine: Giornalettismo)