Giovanni Ventura: vita e morte di un colpevole innocente
04/08/2010 di Alessandro D'Amato
E’ deceduto oggi a Buenos Aires: insieme a Franco Freda è ritenuto responsabile della bomba di piazza Fontana. Ma per quella strage è anche stato definitivamente assolto
“Neanche ora lo lasciano tranquillo, eppure se n’erano dimenticati tutti. Purtroppo è vero: Giovanni si è spento dopo la malattia che lo aveva minato nel fisico, da quattro anni appena sessantenne, costringendolo in sedia a rotelle”. E’ la sorella Mariangela a confermarne la morte, togliendo così il velo a un giallo che nelle ultime ore ballava soprattutto nei mass media. Dato per deceduto dal Corriere e invece considerato ancora vivo dall’Ansa ieri notte, Giovanni Ventura è una piccola ‘celebrità’ dell’universo eversivo degli Anni Sessanta.
SEPOLTO IN UN CIMITERO CRISTIANO – Mariangela conferma in una intervista al Gazzettino: “Mio fratello è morto lunedì, nella sua amata Buonos Aires, dove sarà anche sepolto nel cimitero cristiano. Chi non ci credesse venga pure all’ospedale dov’era ricoverato e dove ha passato le ultime settimane soffrendo molto”. Venerdì prossimo, come riporta la stampa locale, si svolgerà una messa in suffragio nella chiesa della Pieve di Castelfranco Veneto (Treviso), dove Ventura ha passato gli anni della scuola e dove vive la sorella. Finisce così la sua vita, mentre rimarranno vivi tutti i misteri che si porta dietro dall’inizio degli anni Settanta. Insieme a Franco Freda, Ventura veniva ormai proverbialmente citato in merito alla strage di Piazza Fontana a Milano, quella per cui vennero accusati gli anarchici Valpreda e Pinelli, poi scagionati quando quest’ultimo era già caduto dal balcone della questura di Milano in preda a un misterioso “male attivo” mentre veniva interrogato dagli uomini del commissario Luigi Calabresi. Ventura, laureato in fiolosofia e militante del Movimento Sociale Italiano, entra in Ordine Nuovo nella seconda metà degli anni Sessanta.
CONDANNATO PER ASSOCIAZIONE SOVVERSIVA – All’epoca gli Ordinovisti si stanno specializzando in un’attività alquanto sospetta: l’infiltrazione in gruppi di sinistra e anarchici, teorizzata come una delle tecniche della guerra rivoluzionaria che il movimento deve utilizzare per prendere il potere. Insieme a Mario Merlino, Ventura si infiltra negli ambienti filocinesi di Padova. Il suo dossier al Sid (i servizi segreti dell’epoca) rivela una finta conversione al marxismo finanziata dai conti Pietro e Alvise Loredan. Quando comincia a dispiegarsi la strategia della tensione, l’ordinovista Carlo Digilio dice di aver ricevuto proprio da Ventura alcune confidenze sulla cellula veneta: “Diceva di aver avuto dei finanziamenti per queste attività dai Servizi di Roma. Mi disse che lo stesso ruolo di agente era anche di Delfo Zorzi”. Nel 1973, dopo il suo arresto, Ventura confessa il suo ruolo in 21 attentati del 1969, bombe che scoppiano a Milano e sui treni provocando 12 feriti, attentati per i quali viene condannato per associazione sovversiva.
L’AGENTE Z – Ma Ventura, che inizia a collaborare con i magistrati, agli inquirenti dice qualcosa di importantissimo. Dice di aver partecipato alle attività del gruppo Freda su incarico di un italiano e un rumeno, membri, a suo dire, di un servizio segreto internazionale, che gli garantiscono copertura e gli chiedono di mettere alcune delle bombe che poi scoppiano tra Milano e il Nord-Est. L’italiano, sostiene Ventura, è lo stesso che gli ha consegnato una serie di documenti sul Sid che vengono ritrovati in una cassetta di sicurezza intestata alla madre a Montebelluna in Piemonte. Mentre vengono alla luce le prime ammissioni di Ventura, Guido Giannettini, ufficialmente giornalista, si rende irreperibile. In realtà Giannettini, noto come Agente Z, è un agente del Sid organivamente legato allo Stato maggiore della Difesa. Lo dichiara durante un’intervista Giulio Andreotti, costringendo così Giannettini a una precipitosa fuga in Argentina mentre viene inseguito dai magistrati di mezza Italia. Giannettini, dice l’allora presidente del Consiglio durante un’interrogatorio, non ha però mai fornito informazioni utili per l’attentato di Piazza Fontana. Quando è costretto a costituirsi, ribalta la versione di Ventura: lui ha soltanto cercato di ottenere informazioni sui neofascisti tramite Freda, il quale ha poi utilizzato Ventura.
CONDANNATI ALL’ERGASTOLO – Freda, Ventura e Giannettini vengono condannati in primo grado all’ergastolo per la strage di Piazza Fontana. Ventura è colpevole. Ma l’appello ribalta la sentenza: assolti per insufficienza di prove. Ventura è innocente. Nel giugno 2005, al termine dell’ultimo processo su piazza Fontana, riaperto negli anni Novanta a Milano per trovare i complici di Freda e Ventura, la Corte di Cassazione conferma però la responsabilità di Freda e Ventura in ordine alla strage. Secondo la Corte, l’eccidio del 12 dicembre 1969 fu organizzato da “un gruppo eversivo costituito a Padova nell’alveo di Ordine Nuovo” e “capitanato da Franco Freda e Giovanni Ventura”. Ventura è di nuovo colpevole, ma il giudizio ha valore di sola condanna morale e storica, in quanto i due imputati sono già stati assolti irrevocabilmente dalla corte d’assise d’appello di Bari, che li ha condannati solo per le bombe sui treni (ancora Wikipedia). Nel frattempo lui a Buenos Aires gestisce un ristorante che si chiama Filo, fino alla morte che lo coglie lunedì scorso.